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Tornate alla sala saggisticaCapita ancora di ritrovare in qualche negozio di giocattoli delle vecchie scatole contenenti un certo numero di cubi di legno su cui sono rappresentate figure di animali che possono essere ricomposte secondo la fantasia dei bimbi. Alla testa della giraffa si può accostare il tronco del cavallo e gli arti della zebra, le zampe palmate dell'anatra possono essere messe a sorreggere il corpo della quaglia e la testa del pappagallo; nel gioco di montaggio personaggi immaginari si susseguono con ricostruzioni sempre più ardite e fantasiose che gareggiano a buon merito con quelle che ci offre la mitologia. Centauri dalla testa umana e dal corpo equino, sirene dall'esuberante seno di donna e dal corpo affusolato di pesce, angeli dalla figura sinuosamente slanciata, demoni dalla lunga coda che fende l'aria a guisa di minacciosa frusta continuano a essere ospitati dalle nostre menti che traggono motivo di curiosità o talora di timore da tali raffigurazioni.
Nella Naturalis historia Plinio fa cenno ai pegasi, cavalli alati e armati di corna e alla manticora, che possiedono un triplice ordine di denti, faccia e orecchie umane, corpo di leone e coda pungente a guisa di scorpione. Accenna anche all'unicorno, simile nel corpo al cavallo, dalla testa di cervo, zampe di elefante, coda di cinghiale e con un unico corno nero che sporge dalla metà della fronte per due cubiti. C'è poi il basilisco che non avanza strisciando come tutti i serpenti ma stando diritto sulla metà del corpo: egli è in grado di seccare gli arbusti e le erbe col solo suo soffio.
Tali animali, che Plinio cataloga con scrupolo ma senza fare molta attenzione alla veridicità delle fonti, erano frutto di ricostruzioni immaginifiche che oggi possono apparirci ingenue come certamente lo è la notizia, sempre riportata da Plinio, secondo cui l'orsa partorisce masse informi di carne bianca, senza occhi né peli, e a poco a poco, leccandole, le plasma in orsacchiotti.
Se queste osservazioni ci sbalordiscono per la loro ingenuità, non devono tuttavia stupirci oltre misura in quanto solo in seguito all'enunciazione della teoria della selezione naturale da parte di Darwin e Wallace, si è reso per tutti noi disponibile uno strumento senza eguali di comprensione degli esseri biologici, capace di dare conto dell'espletarsi, nel tempo, della loro complessità e plasticità adattativa.
Noi oggi conosciamo gran parte delle specie che popolano la Terra, ma moltissime, soprattutto tra gli insetti, ci sono ancora ignote. Sappiamo che in un lontano passato la Terra è stata popolata da organismi che in molti casi erano sensibilmente differenti da quelli attuali: i grandi rettili del mesozoico, vissuti tra i 210 e i 60 milioni di anni fa, o la straordinaria fauna di Ediacara del Precambriano, presente circa 600 milioni di anni addietro, ne sono testimonianza. Nonostante tutto questo rimandi ad una grande diversità di forme che, fin dal passato, ha plasmato lo svolgersi della vita, per questa ultima esiste comunque un elemento caratterizzante, basato sull'esistenza, in ogni entità biologica, di uno stesso codice di lettura del materiale genetico, a testimonianza della comune origine da antichi progenitori. La condivisione di gran parte del DNA, la molecola depositaria dell'informazione genetica, arriva al 98,5% tra uomo e scimpanzé, risultando comunque superiore al 50% quella tra l'uomo e, ad esempio, il moscerino dell'aceto.
Se questa elevata condivisione di codici genetici rimanda a comuni percorsi evolutivi, c'è spesso la tendenza di spiegare tutto il processo come se fosse dettato da una costante spinta a muoversi, nell'arco dei tempi, dalle forme biologiche semplici a quelle più complesse, dal vetusto batterio alla mente dell'uomo. In realtà qualsiasi organismo oggi esistente, sia esso un lombrico, un mammifero o un insetto, è il frutto di una storia evolutiva, regolata dalla selezione naturale, che lo ha visto vincitore nei confronti di tutte le altre forme biologiche ormai estinte; sopravvivere per riprodursi è stata da sempre la regola, attuata attraverso molteplici strategie manipolative volte a condizionare alle proprie esigenze il mondo circostante, nelle sue componenti sia abiotiche sia biotiche. Le meduse come le scimmie, pur essendo presenti sulla Terra da tempi differenti, lontanissimi per le prime e molto più ravvicinati per le seconde, continuano la loro battaglia verificando, di generazioni in generazione, le loro strategie per assicurasi fette di futuro.
Indubbiamente in un ambito evoluzionistico le forme biologiche più complesse rimandano a forme più semplici; d'altronde sappiamo che la vita si è originata casualmente, all'incirca quattro miliardi di anni fa, da un gruppo di molecole in grado di veicolare energia biologica ed informazione, come l'ATP (adenosintrifosfato) e i suoi analoghi GTP (guanosintrifosfato), CTP (citosintrifosfato) e UTP (uraciltrifosfato). Tali sostanze, attraverso un processo di selezione molecolare nei confronti dei differenti possibili loro assemblaggi, hanno dato luogo alle prime molecole di RNA (acido ribonucleico), caratterizzate da specifiche sequenze di basi puriniche (guanina ed adenina) e pirimidiniche (citosina ed uracile), e dotate della capacità di replicazione ed amplificazione. La stessa selezione ha favorito l'affermazione di quelle molecole di RNA in grado di legarsi con alcuni amminoacidi, componenti costitutivi delle proteine, avviando primitivi processi di sintesi proteica. Successivamente molecole di RNA con i loro prodotti proteici, sono state isolate, assieme a tutto ciò che era necessario per la loro replicazione, in complessi delimitati da membrane, costituendo così delle protocellule e aprendo la strada al meccanismo darwiniano delle selezione cellulare.
I primi geni ad RNA erano probabilmente molto corti, comprendendo una settantina di basi; è probabile che dalla combinazione di interi segmenti di RNA si sia originato l'allungamento dei geni secondo un processo combinatorio che ha portato, in un tempo relativamente breve, all'esplorazione di tutti gli spazi di sequenze allora possibili, ridotte a qualche centinaio dalla selezione naturale. Con una divisione delle funzioni, ad un certo punto della storia della vita, l'informazione è passata dall'RNA al DNA (in cui la base pirimidinica detta timina ha sostituito l'uracile), che ha così acquisito la prerogativa di depositario e replicatore dell'informazione genetica, rendendo possibile l'espressione selettiva di singoli geni attraverso un meccanismo di trascrizione controllato da specifiche proteine.
Con la comparsa delle protocellule dotate di membrana cellulare e di una qualche proprietà riproduttiva, un nuovo capitolo della storia della vita ha preso l'avvio, portando prima ai batteri adattati ad un ambiente privo di ossigeno e successivamente ad organismi simili agli attuali batteri fotosintetici, denominati cianobatteri o alghe blu-verdi, che hanno reso irriconoscibile il mondo irrorandolo di ossigeno e favorendo per tale strada l'affermazione di sistemi metabolici capaci di accoppiare il consumo di ossigeno alla sintesi di molecole di ATP, premessa per la costituzione dei sistemi ossidativi degli organismi comparsi successivamente.
A partire da questo livello di complessità, ogni passaggio ad una forma biologica diversa, e in alcuni casi più complessa, non ha comportato automaticamente la scomparsa della forma precedente, tanto è che i batteri continuano a prosperare in una grande varietà di ambienti grazie alla loro enorme capacità di adattamento.
Le ricorrenti mutazioni a livello di singole basi del DNA, i riarrangiamenti dei cromosomi, su cui sono localizzati i geni, la formazione di zone di DNA altamente ripetute hanno permesso di attivare, attraverso un processo di selezione naturale graduale e continuo, nuove funzioni, e hanno favorito lo sviluppo di vari apparati anatomici come il sistema circolatorio, quello escretore o quello nervoso, mantenendo comunque quelli già operanti e promuovendo per tale via la diversità e la complessità biologica.
Una continua trasformazione adattativa ha dunque permesso alle popolazioni naturali di rimodellare alcuni loro aspetti strutturali e funzionali ma tutto ciò è avvenuto all'interno dei vincoli imposti dai piani di sviluppo embrionale di ciascuna specie; i fenomeni di mimetismo, le radiazioni o le convergenze evolutive con l'affermazione delle specializzazioni e dei picchi adattativi possono rientrare in tale contesto.
La contingenza è la condizione usuale del succedersi di questo tipo di eventi evolutivi in cui la direzione dei passaggi è fissata volta per volta, potendo dare luogo anche a processi di tipo regressivo: gli struzzi sono uccelli le cui ali non possiedono più la capacità di sorreggerli in volo, le talpe hanno ridotto gli occhi ad una condizione meno complessa di quella originaria, le balene hanno riassorbito gli arti per adattamento alla vita acquatica. In ogni caso la ricetta codificata nel DNA, ed i vincoli connessi allo sviluppo embrionale da essa diretti, continuano a condizionare le possibili scelte adattative. Questo è soprattutto vero in riferimento alla possibilità di riconfigurazione, nel tempo evolutivo, dei modelli morfogenetici, cioè del modo in cui sono assemblati i vari organi nei corpi, per lo svolgimento di funzioni legate al muoversi, al mangiare, al respirare, al riprodursi. La loro disposizione segue determinati piani strutturali all'interno dei quali si hanno fenomeni di canalizzazione evolutiva: una volta, ad esempio, che i progenitori degli elefanti, come della maggior parte dei mammiferi, hanno adottato una strategia di sopravvivenza che nel caso specifico trova un elemento di forza nella prestanza e nella grande mole, hanno di fatto reso impossibile l'affermazione di una differente strategia indirizzata alla possibilità di sollevarsi in volo, non avendo sviluppato ali e ossa cave in grado di sorreggerli. L'elefantino Dumbo rimane simpaticamente presente nel mondo della fantasia e i suoi grandi padiglioni auricolari non saranno in grado di sostenerlo in volo contro la forza di gravità presente sul nostro pianeta.
Secondo alcuni autori la storia della vita sulla Terra ha conosciuto in maniera punteggiata momenti di diffuse estinzioni e fasi di esuberante ricchezza biologica: in questo ambito viene distinta la diversità dalla disparità, facendo riferimento la prima al numero di specie esistenti in un determinato tempo, mentre la seconda si richiama al grado di differenziazione morfologica, fisiologica e comportamentale tra le specie. Mentre la diversità ha conosciuto un notevole incremento nel corso dei tempi, la disparità sarebbe diminuita a partire dal Cambriano. A tale periodo corrisponderebbe la massima presenza di phila, cioè di maniere distintive con cui sono strutturate varie linee di discendenza di organismi biologici; rispetto al centinaio di essi allora presumibilmente presenti, oggi se ne registrano poco più di venti, tra cui si possono ricordare i coralli, le meduse, i vermi piatti, gli artropodi, i molluschi, gli echinodermi, i vertebrati.
Ciascun phila in un certo qual modo possiede differenti capacità di evolvere in quanto la stessa organizzazione di base dell'animale delimita lo spazio entro cui si realizza il cambiamento. La segmentazione corporea, presente negli artropodi, ha permesso alla selezione naturale di sperimentare all'interno di tale gruppo moltissime soluzioni adattative, diversificando i vari segmenti corporei in nuovi ruoli: ecco allora che tra gli insetti abbiamo appendici trasformate in chele, ali, bilancieri, zampe, occhi. Negli echinodermi, che comprendono i ricci di mare, la simmetria radiale ha permesso loro di disporre di appendici poste circolarmente in corpi segmentati in cinque parti; nei cordati, e quindi nei vertebrati, una struttura articolata con simmetria bilaterale, costituita dalla colonna vertebrale, gli ha consentito di sorreggere delle teste che sono contenitori ossei di cervelli.
La possibilità di superare il limite superiore della complessità biologica, così come è avvenuto passando dal livello più basso dei procarioti, come i batteri, agli eucarioti unicellulari, come le amebe, e da questi ultimi ai vari organismi pluricellulari, si è realizzata riducendo di volta in volta l'ampiezza dello spostamento verso il nuovo livello di complessità.
Questo fatto si può spiegare in quanto è più facile introdurre in un modello semplice una nuova innovazione, mentre se l'organismo è complesso una sua ristrutturazione è più vincolata. Immaginiamo di volere costruire una casa, senza avere un progetto ma soltanto delle regole costruttive; inizialmente è possibile impiegare differenti tipologie di materiali, dal legno al ferro, dal vetro al cemento, e si possono apportare modifiche anche consistenti al piano di edificazione. Una volta avviata la costruzione sulla base delle contingenze, quali la disponibilità di determinati materiali sul posto, i loro costi o l'ubicazione della costruzione, si sarà optato per una casa in legno o in muratura o in vetro. Procedendo la costruzione il materiale da reperire sarà funzionale alla scelta fatta: se la casa viene costruita in cemento armato, l'eventuale utilizzo del legno, e conseguentemente di tutti gli utensili che servono per plasmarlo, risulterà marginale e non essenziale alla struttura. C'è tuttavia un aspetto che non deve essere trascurato: il nostro senso estetico e, ad esempio, il gusto per il legno potrebbero rendere soprabbondante il suo utilizzo e strutturale il suo ruolo. Quel che si vuole sottolineare è che i vincoli imposti alla complessità dai modelli di sviluppo possono essere superati da meccanismi selettivi legati alla scelta del partner o anche alle convergenze evolutiva che si hanno tra predatori e prede o, per il mimetismo, tra mimi e imitatori; in tutti questi casi la risposta adattativa di un soggetto, sia essa fisiologica o comportamentale, si confronta con altri soggetti attivi in grado di contromosse e di strategie ugualmente complesse. Tutto ciò, per così dire, può mettere le ali ai processi di trasformazione, ampliando lo spazio delle possibilità evolutive aperte alle linee di discendenza.
È evidente che anche sotto la spinta di queste forze difficilmente potremo prevedere che in un futuro pure lontano potrà generarsi da un cavallo un centauro o da un ippopotamo un drago volante, perché i costi della ristrutturazione degli attuali modelli di sviluppo sarebbero troppo alti; inoltre l'eventuale informazione genetica in grado di permettere la costruzione di tali chimere è andata perduta; forse in un futuro sarà invece possibile ricostruire il libro delle opportunità avute, operando attraverso una indagine molecolare di quella grande parte del DNA che è oggi presente, allo stato silente, negli organismi viventi.
Rimane comunque sbalorditivo che nell'arco di qualche milione di anni alcune scimmie si sono dotate di un cervello così complesso da essere in grado di veicolare, oltre a quella di tipo chimico trasmessa con i geni, un'informazione di tipo culturale: in accordo con alcuni autori si può ipotizzare che alcuni meccanismi selettivi che hanno a che fare con la selezione sessuale e con la scelta del partner possano dare conto di questo affascinante processo.
Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni bibliografiche
- Christian de Duve, Come evolve la vita.
Dalle molecole alla mente simbolica, Milano, Raffaello Cortina, 2003, pp. 454- Stephen Jay Gould, Gli alberi non crescono fino in cielo
Varietà ed eccellenza nella storia della vita, Milano, Oscar Mondadori, 1997, pp. 298- Stephen Jay Gould, Quando i cavalli avevano le dita
Misteri e stranezze della natura, Milano, Universale Economica Feltrinelli, 1989, pp. 416- Niles Eldredge, Le trame dell'evoluzione,
Milano, Raffaello Cortina, 2002 pp. 288- Kim Sterelny, La sopravvivenza del più adatto
Dawkins contro Gould, Milano, Raffaello Cortina, 2004, pp. 137Torna in biblioteca