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12. Bioculture:
Osservando BertaTornate all'indice degli articoli
Tornate alla sala saggisticaQuando Berta è giunta al Parco, si è subito capito che non sarebbe stato facile unirla alle altre bertucce. Non ha destato apprensione la sua giovane età, quasi due anni, e neanche il fatto che non potesse disporre di un adeguato linguaggio espressivo: i frequenti sorrisi (silent bared teeth) rivolti agli altri membri del gruppo hanno indicato la sua capacità di esprimere assoggettamento e volontà conciliative, doti fondamentali per una novizia appena entrata a fare parte di una nuova famiglia in cui, abitualmente, i rapporti tra i vari membri sono improntati a prefissati livelli di rango. Il problema nasce, ancora oggi, dal fatto che Berta non riesce a dialogare con i suoi simili, soprattutto se maschi adulti, perché le espressioni di sottomissione sia facciali sia ottenute con la postura del corpo contrastano ogni volta con una improvvisa, incontrollabile, sensazione di panico che l'attanaglia, rendendo vani i messaggi conciliativi che vorrebbe fare giungere ai suoi consimili.
Ma da dove trae origine tale contraddittorietà di atteggiamenti? Il bagaglio dei rigidi comportamenti affiliativi di cui dispone Berta è frutto di complessi adattamenti ereditati dai genitori, tipici della sua specie e frutto di un lungo processo selettivo che ha teso ad ottimizzarli in funzione della sopravvivenza e della riproduzione. La complessità delle interazioni che avvengono all'interno delle comunità biologiche rende tuttavia dinamicamente eterogeneo l'ambiente in cui gli organismi esercitano le loro attività, favorendo, soprattutto nelle specie animali a più complessa organizzazione sociale, l'affermazione di comportamenti di tipo proteiforme, in grado cioè di essere modulati in funzione delle diverse contingenze. Abitualmente si cerca di raggiungere il posto di lavoro percorrendo la via che fa impiegare meno tempo, ed in genere è quella più breve; ma in alcuni giorni della settimana si preferisce percorrere una strada più lunga però meno trafficata, perché è la soluzione più vantaggiosa se si vuole guadagnare tempo. In altri casi, si rende necessaria l'adozione di comportamenti funzionali a scelte dettate dalla semplice casualità in quanto esse sono maggiormente adattative. È quanto si osserva tra predatori e prede; una lepre o un'antilope nel fuggire un cane o una leonessa tendono a modificare all'improvviso il senso di marcia senza una regola o una direzione precisa perché così creano disorientamento nell'inseguitore ed acquistano maggiore possibilità di salvezza.
Ogni individuo nasce dunque con un bagaglio di risposte comportamentali che sono proprie della sua specie e della sua popolazione; le espressioni facciali e le altre posture osservate in Berta rientrano in questa sfera. La selezione naturale, nell'ottimizzare tali comportamenti, pesca nella variabilità genetica che viene ad ogni generazione riproposta in nuove combinazioni, frutto del patrimonio genetico portato dalla madre e dal padre. Ma attraverso quali percorsi il messaggio genetico inizialmente codificato nel DNA della cellula uovo fecondata riesce ad indirizzare lo sviluppo del nascente organismo, in modo da assicurare l'affermazione di specifiche funzioni che, come molti aspetti connessi al comportamento, si caratterizzano per presentare una vastissima gamma di possibili risposte? Lo studio del funzionamento del sistema immunitario fornisce utili suggerimenti.
Fino a qualche tempo fa si riteneva che particolari cellule, i linfociti presenti nel sangue, venissero istruite dal contatto con sostanze percepite come estranee, gli antigeni, ad elaborare specifiche proteine, gli anticorpi, in grado di bloccarle. Più recentemente si è affermata una spiegazione che non rimanda ad un concetto di istruzione del linfocito ma ad una sua selezione, e successiva moltiplicazione, all'interno di una popolazione di altre cellule simili (linfociti B), ciascuna caratterizzata dalla presenza di specifiche immunoglobuline; tali proteine sono costituite da due sottounità, una lunga ed una corta, che si caratterizzano per la presenza di una zona costante per tutti i linfociti B e di una variabile. In presenza di una molecola estranea soltanto una particolare cellula B, tra le migliaia presenti, risulta in grado di neutralizzarla possedendo quella particolare immunoglobulina idonea a ciò; all'occorrenza essa viene selezionata differenziandosi in plasmacellula e, attraverso un processo di ripetute divisioni cellulari, dà vita ad una linea cellulare capace di produrre in maniera più consistente gli anticorpi necessari. Un simile meccanismo presupporrebbe l'esistenza nel patrimonio genetico di ogni individuo di tantissimi geni connessi al sistema immunitario, ciascuno in grado di elaborare, come nel caso dei mammiferi, uno dei circa dieci milioni di specifici anticorpi. È stato in realtà osservato che i geni per le immunoglobuline sono molto pochi ma costituiti da tanti segmenti (circa cinquecento) che vanno incontro, durante la traduzione del loro messaggio ad opera dell'RNA, ad arrangiamenti che permettono di produrre un enorme numero di combinazioni caratterizzanti la parte variabile di ogni immunoglobulina. È come se avessimo una certa quantità di piccole perle, ciascuna con una forma leggermente diversa, e le combinassimo insieme casualmente, avendo così la possibilità di ottenere una grandissima varietà di collane.
Si è pensato che la proprietà di ottenere tanti RNA differenti partendo da poche porzioni di DNA potesse essere un requisito esclusivo delle cellule del sistema immunitario ma più recenti indagini ne hanno mostrato la valenza più ampia. Il genoma umano possiede circa trentamila geni, un numero non molto grande se si tiene conto che esso è simile a quello trovato nel nematode Coenorbabditis elegans, nonostante i nostri corpi siano costituiti da circa cento miliardi di cellule contro il migliaio presente in tale verme. Il dato emergente è che i prodotti genici, cioè le proteine, possono essere svariate volte più numerose dei geni che li codificano, per cui ogni gene può possedere l'informazione per più proteine differenti. Oggi si sa che ogni gene è costituito da porzioni codificanti dette esoni (circa il 10%) e da parti silenti, dette introni, che si interpongono alle prime. L'assemblaggio delle porzioni di DNA codificante per dare luogo a molecole di RNA, idonee a sintetizzare proteine, avviene seguendo ordini differenti di ricucitura. È come se dovessimo costituire un treno partendo da vari vagoni posteggiati al deposito: carrozze letto, vagoni per il ristoro o per le merci, vetture di lusso o turistiche; i possibili ordini con cui si possono collegare le varie carrozze, e lo stesso loro numero, sono diversi: tutti però daranno vita a dei treni funzionali ma strutturati in maniera differente. Geni regolatori controllano le modalità e l'ordine con cui le varie porzioni geniche codificanti vengono sintetizzate, ma non mancano situazioni in cui il loro assemblaggio è frutto di casualità e di processi selettivi, come succede per il sistema immunitario.
Uno dei dati più stimolanti della recente indagine neurobiologica indica che anche la formazione della corteccia cerebrale può realizzarsi mediante una selezione tra differenti popolazioni di neuroni e non solo seguendo istruzioni predeterminate; è stato infatti osservato che durante la formazione del cervello sono presenti popolazioni di cellule nervose degenerate, intendendo con tale termine il fatto che esse sono funzionalmente simili ma con una spiccata variazione della loro morfologia e configurazione. Una tale variabilità, di tipo epigenetico, che si realizza nel corso della formazione dell'embrione, permette che alcune reti neurali vengano selezionate a scapito di altre sulla base della loro maggiore adattabilità (selezione somatica darwiniana).
Il meccanismo, alquanto complesso, si basa sulla modulazione dell'espressione di particolari proteine presenti sulla superficie delle cellule neurali (proteine CAM e SAM) e sull'attività differenziata di geni che controllano lo sviluppo morfologico (geni omeotici del tipo hox). Vengono così indotte reti neurali che si caratterizzano per una loro variabilità specifica, legata alle proteine di superficie prodotte da differenti eventi di ricucitura dell'RNA, sul modello descritto per le cellule del sistema immunitario.
In relazione alla funzione e alla struttura delle diverse popolazioni di neuroni, già in questa fase dello sviluppo, si selezionano migliaia di reti neurali che presentano specifiche connessioni (sinapsi prodotte da arborizzazioni di assoni e dendriti).
Dal momento che in tale fase lo sviluppo del cervello si realizza all'interno del corpo materno o del guscio dell'uovo, la maggiore costanza delle condizioni ambientali assicura che si dispieghi, nel corso dell'embriogenesi, un programma genetico, anche connesso ai comportamenti, che è frutto di processi evolutivi disciplinati dall'appartenenza ad una determinata linea di discendenza (filogenesi).
Dopo la nascita un secondo processo, anche esso di tipo darwiniano, seleziona in ciascun individuo quelle popolazioni di gruppi neurali (repertori primari) che permettono l'espletarsi di comportamenti meglio adattabili ai nuovi stimoli provenienti dall'ambiente esterno, sulla base cioè dell'esperienza. Tale processo comporta una selezione delle originarie forze di connessione sinaptica tra neuroni e il loro rafforzamento differenziale (selezione sinaptiche con formazione di repertori secondari). Per tale strada ogni individuo adatta, fin dalla nascita, la propria mente al mondo appena percepito che viene vissuto come quello a cui occorre subito adeguare i comportamenti futuri.
Mappe neurali, numerosissime nella corteccia cerebrale e continuamente sottoposte ad arrangiamenti che rispecchiano la plasticità delle connessioni sinaptiche, sono coordinate da flussi continui di segnali bidirezionali (rientro) che adattano i comportamenti agli stimoli dell'ambiente, ponendo la percezione degli eventi in una specifica dimensione spaziale e temporale (categorizzazione).
Il processo non si esaurisce con le prime fasi della vita ma prosegue, anche se in misura meno netta, per tutto l'arco dell'esistenza, continuando a selezionare, tra le strutture neurali già presenti, quelle che meglio rispondono, adattandosi, alle nuove esperienze. Molte informazioni, legate allo sviluppo del cervello, sono state ottenute attraverso lo studio di casi clinici, riguardanti anche persone con specifiche patologie, sottoposte a determinate terapie curative. Purtroppo c'è da registrare che in numerosi casi si è fatto uso di soggetti, soprattutto macachi e scimmie scoiattolo, ma anche cani, gatti e altri mammiferi, sottoponendoli, da vivi, ad operazioni di pura macelleria. Occorrerà tornare più ampiamente sugli aspetti etici connessi a tali pratiche che le nuove sensibilità, maturate tra molte persone, non si sentono in maniera assoluta e imprescindibile di potere condividere.
Berta, la giovane bertuccia giunta al Parco con crisi di panico, ha ereditato dalle reti neurali, che si sono selezionate durante il suo sviluppo nel grembo della madre, una serie di espressioni facciali che, permettendole di manifestare subordinazione, dovrebbero garantirle accesso al gruppo. Tuttavia durante la seconda fase dello sviluppo del sistema nervoso, iniziata subito dopo la nascita, un ambiente fortemente stressante potrebbe avere favorito nel cervello di Berta la rapida selezione di quelle configurazioni di gruppi neuronali che meglio le avrebbero garantito la sopravvivenza: sarebbero così state incentivate le risposte di fuga o la rinuncia alle interazioni prolungate con i propri simili, con una riduzione del senso di sicurezza e di fiducia in sé stessa.
Avendo potuto acquisire delle informazioni sull'infanzia di Berta, si è scoperto che la madre è la femmina di rango più basso all'interno del suo gruppo e che ha allevato la piccola tra continue angherie, subite dagli altri membri del gruppo. Un tale ambiente è stato determinante nel pilotare, a partire dalla nascita, lo sviluppo della corteccia neurale di Berta, rendendola più soggetta a strutturarsi in funzione di ambienti stressanti.
Oggi la giovane Berta è stata collocata in uno spazio separato abbastanza ampio, da cui comunque può continuare a ritrovare visivamente le altre bertucce, ed è in compagnia di una coppia di Macaca fascicularis, più giovani di lei e di dimensioni più piccole delle sue. Abbiamo notato che comincia ad interagire con crescente frequenza con loro, spesso partecipando alle attività di pulitura reciproca del pelo. Cosa succederà delle sue ansie e delle sue paure? Dal momento che il processo di selezione delle sinapsi neurali non si arresta con l'infanzia ma prosegue, anche se con intensità differente, per tutta la vita, c'è da sperare che col tempo il cervello di Berta si adatterà alle nuove condizioni ambientali e nuovi gruppi neurali saranno lentamente selezionati a scapito di altri, garantendole un certo grado di sicurezza e di fiducia in sé stessa tale da permettere un reinserimento tra gli individui delle sua specie.
Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni bibliografiche
- Il testo di riferimento sugli aspetti connessi alla teoria dello sviluppo della mente attraverso un processo di selezione somatica darwiniana, è quello di Gerald M. Edelman, Darwinismo neurale: la teoria della selezione dei gruppi neuronali, Torino, Einaudi 1995, pp. 492.
- Sul tema della nascita e dello sviluppo delle menti vi è una letteratura molto ampia. Interessante è la lettura del testo di Eysenck e Kamin, Intelligenti si nasce o si diventa? Roma-Bari, Laterza, 1993, pp.288;
- e del testo di Daniel C. Dennett, La mente e le menti, Firenze, Sansoni, 1997, pp. 199.
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