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Un altro Borges, l'etronimo |
In Africa quando muore un vecchio
muore una biblioteca
Mi commuovono le minute sapienze/
Che in ogni morte si perdono
Jorge L. Borges
Grande il debito che si contrae con alcuni scrittori, a Borges non saprei come ripagare gli spunti forniti, le riflessioni, la volontà di approfondire.
Andando a vedere nella vita dell'autore, con il riserbo e il rispetto per il privato, nessuna passione, nessun amore ha mosso lo scrittore se non l'amore per i libri; anche il tardivo matrimonio con Marìa Kodama (In realtà era già stato sposato, nel 1967 sposa Elsa Melena Astete Millan, vedova di un militare e madre di un ragazzo), sua assistente, ha il sapore dell'affetto e della stima ma non certo della passione vista l'età del poeta malato e prossimo alla morte - Pensavo che amare me fosse come compiere un'ingiustizia. Non mi pareva di meritare molto amore (Op. cit. p.130). Il poeta argentino ha vissuto sempre con la madre, dona Leonor, che lui chiamerà sempre "madre", che gli ha fatto anche da segretaria e da assistente. Durante un'intervista a dona Leonor per una televisione francese le sfugge un lapsus, disse che un tempo aveva assistito il marito cieco, adesso faceva lo stesso per il figlio. Voleva dire "Sono stata la mano di mio marito, adesso sono la mano di mio figlio", ma aprendo troppo il dittongo di la main pronunciò l'amant (Albert Manguel Con Borges, Adelphi, 2004, Milano, p. 23.). Il figlio la descrive cosi "È sempre stata per me una compagna e un'amica comprensiva e indulgente... Ed è stata lei, anche se un tempo non me ne rendevo conto, che nel suo modo silenzioso ed efficiente ha favorito la mia carriera letteraria" (Op.cit. p.129). Il rapporto con la madre è sicuramente complesso e chi scrive non ha titoli nè intenti di andare a chiarirne le dinamiche. Il tutto serve per rintracciare i motivi di un'espressione poetico-letteraria essenzialmente cerebrale. Un racconto di Borges è una Wunderkammern (camera delle meraviglie) settecentesca, dove trovi ogni preziosa rarità, l'oggetto, o in questo caso la citazione, che ti spalanca un mondo.
Leggendo Storia dell'eternità ho conosciuto il Timeo di Platone con la sua cosmogonia. Seguendo la teoria del tempo circolare che vi era esposta sono approdato a quell'abisso di erudizione che è Il mulino di Amleto di De Santillana, dove ho incontrato uranografie dimenticate. |
Jorge Borges comincia a scrivere saggi e a compilare antologie sulla letteratura e sulla poesia argentina ma non si cimenta ancora in prima persona con la narrativa. Sarà lui stesso a raccontare della timidezza che lo frenava negli anni giovanili.
È noto l'espediente usato per la pubblicazione del primo racconto Accostamento ad Almotasim; finge di essere l'autore della recensione di un testo già scritto. Molti cadranno nell'originale gioco credendo vero l'autore indiano immaginato dall'argentino.
L'universo di Borges è pieno di simboli, temi ricorrenti come le tigri e gli specchi, citazioni che si intrecciano e si biforcano nella sua produzione dalla poesia ai racconti fino ai saggi. La particolarità e la sua forza si trova nella concisione, non a caso farà del racconto breve (ficcion come li chiama lui) un'arma tagliente come i coltelli che amava collezionare.
Ci sono dei testi che nella sua produzione vengono citati poco rispetto ad altri che godono di universale favore.
La nascita di questo eteronomo ci viene raccontata dallo scrittore in Abbozzo di autobiografia.
"Avevo architettato ciò che ci pareva un'ottima trama per un romanzo poliziesco. Una mattina piovosa lui (Casares) mi disse che avremmo dovuto provare a scriverlo. Con una certa riluttanza acconsentii e più tardi, nella stessa mattinata, la cosa accadde. Un terzo uomo, Honoris Bustos Domecq, emerse dal nulla e prese in mano la faccenda.
Finì per dominarci con un pugno di ferro e, prima divertiti poi sgomenti, lo vedemmo completamente diverso da noi, coi suoi capricci, i suoi giochi di parole, e un suo stile molto elaborato. Domecq era il nome di un bisnonno di Bioy e Bustos quello di un mio bisnonno di Còrdoba. Il primo libro di B.D. fu "Sei problemi per Don Isirdo Parodi" (1942) e durante la stesura del libro egli non ci abbandonò un istante. Max Carrados aveva creato un detective cieco, Bioy ed io andammo ancora oltre e confinammo il nostro detective nella cella di una prigione".
Per quanto fedele possa essere la traduzione non ci è possibile apprezzare pienamente il libro nella lingua italiana. Ormai i sei racconti non sono del tutto cristallini neanche agli occhi di un argentino contemporaneo.
Il libro è allo stesso tempo una parodia del romanzo poliziesco e una satira sugli argentini e sulla società degli anni quaranta.
Buenos Aires era un crogiuolo d'etnie che variavano dal meticcio sudamericano all'europeo e all'asiatico. Questo collage culturale traspare dalla ricchezza del testo. Il gustoso pastiche letterario è colmo di coloriture linguistiche che variano dai modi di dire al gergo italianeggiante, alle sporcature gergali gauchesche e alle debolezze linguistiche scadenti nel cattivo gusto, fino al cicaleccio borghese e l'ampolloso accademico.
L'intento dei due autori era quello di parodiare (Parodi ricorda fin dal nome la parodia) Chesterton e il suo Padre Brawn che a sua volta era una parodia del poliziesco da Poe in avanti. Isidro Parodi è un barbiere condannato a venti anni di reclusione, possiede un concentrato di intelligenza deduttiva o di scienza dell'immaginazione come i più famosi Holmes e Dupen.
Parodi riceve i suoi clienti nella cella numero 273 e dopo averli ascoltati gli dice di tornare dopo qualche giorno. Senza uscire dalla cella risolve il caso svelando l'enigma
I temi e le regole che appartengono al romanzo poliziesco sono tutti presenti nei racconti con tanto di indizi rivelati dalle narrazioni dei personaggi (Borges e Casares non tengono conto dell'evoluzione che il genere poliziesco aveva avuto negli States con Hammet e Chandler, la cosiddetta Hard Boiled school). La nascita di questo eteronimo ha una funzione essenzialmente ludica nei due "genitori". I racconti di Parodi somigliano ad una scatola cinese, un gioco che ha per base la moltiplicazione dello stesso oggetto. Borges e Casares hanno inventato un autore con tanto di biografia completa di studi superiori e bibliografia completa dell'opera omnia. Bustos Domecq viene presentato dalla sua educatrice (altra invenzione, altra maschera) la signorina Adelma Badoglio. Il socratico "brutto muso", affettuoso nomignolo che gli amici affidano a Bustos, viene introdotto da Gervasio Montenegro attore e membro dell'Accademia Argentina di Letteratura nonché protagonista o semplice comparsa nei racconti che compongono il libro. In questo "anteproposito" Montenegro elogia l'amico definendolo la risposta criolla al racconto poliziesco inglese di Conan Doyle, Ottolenghi e Poe. Lo stesso gergo letterario pedante e ciarliero del saccente e poliedrico Gervaso si ritrova nell'altra opera di H. Bustos Domecq Le cronache di Bustos Domecq. Il gioco dei due argentini riprende alcuni decenni dopo, siamo nel 1967. Con immutata ironia si presenta una carrellata di personaggi svagati e folli, eccentrici fuori posto o degradati.
"Dopo una lunga eclissi, Bustos riprese in mano la penna nel 67 dette alle stampe le sue cronache. Sono articoli su moderni e stravaganti artisti immaginari-architetti, scultori, pittori, grandi cuochi, poeti, romanzieri, creatori di moda scritti da un critico fanaticamente moderno. Ma tanto l'autore che i suoi personaggi sono dei pazzi, ed è difficile dire chi di loro sia in buona fede".
Se da un lato Montenegro elogia l'arte letteraria di Domecq, non esita a criticare l'amico che risponde risentito con delle note a margine, questo cicaleccio procede nel testo quasi a far passare in secondo piano gli articoli. Ecco di nuovo il gioco di specchi e delle scatole cinesi che caratterizza anche le cronache, qui come succede spesso nelle opere di Borges ogni cosa s'intreccia e si biforca. Anche gli eteronomi di Domecq e Montenegro appaiono nelle vesti di autori di protagonisti. Sfogliando le pagine assistiamo alla sfilata di poeti, scrittori, scienziati nei quali riconosciamo un Mallarmè di provincia, un folle Lambkin intento a creare una mappa della divina commedia, citazioni improbabili come un dottor Zivago farmacista, e ancora Voltaire e Newton. Tra tutte le citazioni possibili H.B.D. non esita a citare se stesso o le sue opere. Lavorando a questi testi i due scrittori argentini ricordano più due alchimisti rinascimentali intenti a manipolare la materia (la parola), o due cabalisti pronti a creare un Homunculus che non assomigli a nessuno ma che li comprenda entrambi. I due hanno scritto anche un altro libro in collaborazione, un romanzo poliziesco Un modello per la morte, venne pubblicato ma non messo in vendita. Chiamarono l'autore del libro B. Suarez Lynch, B. significava tanto Bioy che Borges. Il gusto dell'eteronimo in Borges ha il sapore della burla e dell'ironia ma non è esclusa la funzione di maschera dove rovesciare quel lato meno erudito, più spassoso che Borges ritrovava nelle serate con Bioy che lo faceva partecipe delle cose che udiva tra "il popolo dalle labbra impure".
"Lavoravo con Bioy Casares a quella specie di racconti polizieschi e ci divertivamo, ci piaceva. Silvina Ocampo ci sentiva ridere e veniva a vedere che succedeva, noi le mostravamo il racconto e allora se ne andava tristemente" (J.L.B. Io, poeta di Buenos Aires, datanews, 2006 Roma, p. 29). Casares era quello che il cerebrale e timido Jorge Luis non riusciva ad essere - cominciai molto presto a vergognarmi d'essere un topo di biblioteca e non un uomo d'azione (Op.cit. p. 130). Bioy era atletico, sportivo e affascinante, non si lasciava sfuggire avventure con le donne. Forse con la collaborazione dell'amico Borges ha tirato fuori un aspetto sopito, un'ombra... un altro.