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17. Contributi: Emergenza e biodiversità della forma: l'estetica dello scambio tra vita reale e artificiale *
di Mauro Annunziato** e Piero Pierucci***Tornate all'indice degli articoli
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Per molti anni un filo rosso ha legato matematici e fisici al contenuto estetico delle loro costruzioni scientifiche. Tale legame è stato per alcuni segreto, per altri timidamente mostrato, per altri ancora sostenuto apertamente. A differenza di artisti, architetti e musicisti che apertamente utilizzavano forme matematiche al cuore della loro arte, la bellezza dei numeri, delle formule, delle forme geometriche è stata per molti scienziati una coltivazione segreta, talvolta inconscia.
L'idea di una estetica accidentale della scienza come eventi casuali in cui incorrevano scienziati intenti nel loro lavoro, cominciò a vacillare quando Mandelbrot iniziò a pubblicare le splendide immagini frattali [17]. Tali immagini sorpresero per la loro complessità, l'infinita emersione di dettagli all'aumentare della risoluzione e per la caratteristica di auto-somiglianza, cioè di forme archetipe che si ritrovano a diverse scale spaziali di osservazione. L'esempio di Mandelbrot ha messo in moto un potenziale di capacità espressive ed artistiche nel mondo scientifico la cui onda è ancora in fase crescente. In questo senso si può dire che sia stato uno degli uomini che più fattivamente hanno contribuito a riavvicinare scienza ed arte su un comune terreno.
Durante e dopo l'esperienza di Mandelbrot, diversi altri percorsi approdarono a tali risultati.
Dagli attrattori strani di Lorenz [13] agli automi cellulari di Wolfram [25], si produssero immagini affascinanti fino agli anni '80 quando la timidezza dello scienziato-artista nel produrre arte è scomparsa dando luogo a correnti artistiche che si riflettono nel metodo matematico alla base della produzione dell'opera. Su questa strada diversi scienziati-artisti si sono trasformati in artistiscienziati.
È stato questo il caso dell'algorism, una corrente artistica in cui artisti quali Helaman Ferguson [10] o Jean Pierre Hebert [11], utilizzano formule matematiche per generare sculture affascinanti (fig. 1) o incise su rocce meteoritiche o tracciate sulla sabbia (fig. 2) od anche il caso della scuola giapponese degli automi cellulari di Kawaguchi [16]. Su queste basi, nuovi movimenti artistici si sono sviluppati esplorando diverse frontiere mediatiche, scientifiche e tecnologiche [Sommerer 24] e nuove analisi sul rapporto tra arte e scienza stanno creando un contesto comune tra artisti e scienziati.
Fig 1, 2: A sinistra Eight Knot di (C) H. Ferguson e, a destra, immagine dall'installazione Ulysses di (C) Jean Pierre HebertMa perché proviamo piacere estetico davanti ad opere in cui segni e forme apparentemente astratte e sintetiche si alternano a esplosioni di complessità e dettagli che sembrano appartenere al dominio della vita ? La motivazione profonda va ricercata in quella spinta spasmodica che spinge la vita verso la vita stessa. Riconoscere forme e movimenti che sono nel nostro corpo, nei nostri pensieri, nel nostro habitat, è come entrare in risonanza con se stessi. Riconoscersi per sentire di esistere, per riaffermarsi vivi, presenti e partecipi nel nostro mondo. Provare una emozione estetica di fronte a segni riconoscibili è in sostanza una sorta di auto-identificazione. Inoltre qualsiasi
animale è stato selezionato dall'evoluzione in funzione della sua capacità di generare altra vita.
Quelli di loro che in un modo o nell'altro non cercavano la loro riproduzione sono stati tagliati fuori dalla storia successiva.
Sulla base di tale posizione o più realisticamente attraverso una inconsapevole attrazione verso questi concetti, abbiamo cercato di sviluppare un percorso espressivo che ci ha portato a riconoscere nelle idee di auto-organizzazione, biodiversità della forma ed evolvibilità digitale, un terreno ideale per esplorare una estetica al confine tra arte e scienza.
Spiegheremo meglio queste idee nei paragrafi che seguono attraverso l'esperienza artistico scientifica del gruppo di arte digitale Plancton, ma vorremmo subito dichiarare il punto di arrivo di tale percorso che rappresenta la struttura centrale delle esperienze finora prodotte. Fondamentalmente, l'arte è arte della vita per la vita. Come tale, la simulazione della vita, ha in sé un potenziale enorme di creatività ed estetica che è ancora profondamente inesplorato. Simulare e creare forme digitali, che in qualche modo evochino la vita, è una ricerca introspettiva dell'uomo, della sua natura e della natura delle sue società.Nagual: fratture o filamenti viventi?
Nel '94, conducevamo alcuni esperimenti in cui attraverso il riscaldamento di strati di cellulosa su cui era stato depositato inchiostro di china, si producevano immagini di fratture che venivano stampate poi con procedimento fotografico (vedi fig. 3). Il motivo di attrazione di queste immagini era la forma globale ben strutturata, che si produceva come risultato compositivo di moltissime microfratture. In particolare era affascinante l'idea che le immagini delle fratture avessero qualcosa in comune con un disegno di scrittura automatica tracciato casualmente durante una discussione (Fig. 4). Sembrava come se nella nostra mente si riproducessero, in una sorta di auto-somiglianza, strutture fisiche naturali.
Fig. 3, 4: A sinistra, fratture ottenute attraverso il riscaldamento di un deposito di inchiostro di china su cellulosa (M. Annunziato, '84). A destra, un esempio di scrittura automatica.Avendo un discreto background nella programmazione dei computer iniziammo lo sviluppo di un programma per ottenere risultati simili. In questo modello, le fratture crescevano in modo autonomo, in relazione ad una serie di parametri caratteristici associati ad ogni frattura. I primi risultati furono lontani dalle fratture reali ma comunque interessanti ([1]). Giocando con i parametri (navigando nell'iperspazio parametrico) gradualmente le fratture cominciavano ad animarsi assomigliando più a filamenti e forme animali. Riguardando sotto la nuova luce il programma, fu chiaro che i parametri associati ai filamenti erano una sorta di codice genetico e l'insieme delle tracce disegnava talvolta forme naturali o antropomorfe, altre volte forme artificiali od infine forme che evocavano sogni ancestrali (fig. 5).
Al programma fu dato il nome di Nagual, un antico mito tolteco ripreso ed ampiamente descritto nelle opere di Carlos Castaneda [8] ed utilizzato per la produzione di una collezione di circa 500 immagini dal nome Artificial Societies. Il Nagual rappresenta la parte sconosciuta ed incontrollabile di noi dove risiedono i nostri poteri creativi e percettivi. Secondo questo mito, la capacità percettiva dell'uomo è il risultato della organizzazione di moltitudini di filamenti luminosi convergenti insieme in un punto di unione. La posizione e la configurazione del punto di unione e dei filamenti determina il potere percettivo del singolo uomo ed il suo grado di consapevolezza.
La scelta di questo riferimento si basò sul fatto che questa visione sembra una delle più antiche anticipazioni del concetto di auto-organizzazione (vedi successivo paragrafo) portato come meccanismo di interpretazione della mente umana. Era in questo taglio che considerammo tali immagini come rappresentazioni di stati mentali. Tale ispirazione fu rafforzata dal fatto che noi stessi provavamo diverse risposte emotive in relazione a diversi patterns. Inoltre le risposte, sempre emotivamente piuttosto marcate, erano diverse da persona a persona cui venivano presentate immagini di pattern diversi.
Fig. 5: Patterns ottenuti variando i parametri del codice genetico dei filamenti nel programma Nagual.Auto-organizzazione e vita
Da un programma in fondo semplice, possono emergere caratteristiche riconducibili a qualità vitali. Queste qualità non sono comuni nelle forme generate a computer. E comunque, benché nelle immagini digitali spesso sono state cercate invarianti dimensionali (dimensione frattale) o dinamiche (grado di caoticità), è molto raro che un ricercatore si cimenti nella ricerca di una invariante riferita al grado di vitalità. La nostra interpretazione è che la qualità che emerge da tali immagini è riconducibile esattamente all'idea di auto-organizzazione, una proprietà che pervade qualsiasi essere vivente.
L'auto-organizzazione è la proprietà manifestata da alcuni sistemi complessi formati da moltitudini di elementi che interagiscono tra loro, di sviluppare strutture ordinate da situazioni caotiche. Questi sistemi sono capaci di creare organizzazione e strutturazione facendo crescere la complessità interna anche quando i singoli elementi del sistema si muovano in modo autonomo ed in base a regole puramente locali. L'idea della auto-organizzazione fu proposta da Ross Ashby [6] e Heinz von Foerster negli anni '60, poi ripresa ed ampliata dal premio Nobel Ilya Prigogine [20] che ne studiò le modalità e le condizioni in cui si sviluppano i comportamenti auto-organizzanti. Infine
negli anni '90 è stata la base per una nuova teoria evolutiva degli ecosistemi di Kauffman [15].
La principale conclusione degli studi di Prigogine fu che l'auto-organizzazione si manifesta in sistemi dissipativi (quindi attraversati da un flusso di energia) lontani dall'equilibrio. La condizione migliore per la comparsa di questi effetti è quella in cui il sistema si trova sul bordo del caos (Edgeof Chaos), cioè in transizioni in cui il sistema passa da stati ordinati verso stati caotici attraverso serie di biforcazioni.
L'auto-organizzazione non è considerata una proprietà esclusiva degli esseri viventi ma è presente anche in molti sistemi fisici e chimici. Oltre che attraverso l'osservazione dei sistemi naturali, tale proprietà è stata sperimentata attraverso programmi che generano immagini e forme: gli automi cellulari [Wolfram, 25].
Tra i sistemi auto-organizzanti, una classe a parte sono quei sistemi che hanno al loro interno meccanismi genetici che mettono in atto un altro principio di adattamento: quella della selezione
naturale. Queste caratteristiche, tipiche dei sistemi formati da individui viventi, conferiscono al sistema una dimensione in più esaltando la strutturazione della complessità interna nella direzione dell'adattamento. Per tali motivi e per il grado elevatissimo di complessità organizzata raggiunta, le forme vitali sono riconosciute come le forme più evolute e macroscopiche di auto-organizzazione.
Un passo ulteriore è stato intrapreso negli anni '90 con lo sviluppo della scienza della vita artificiale [Langton, 12]. In questi anni si è cominciato a guardare ai sistemi sociali, al linguaggio ed ai sistemi culturali come sistemi dotati di proprietà auto-organizzanti che accrescono il loro patrimonio attraverso l'evoluzione [12, 14]. Sotto questa luce, anche l'idea della intelligenza assume un altro aspetto: non più lo stadio cognitivo o la capacità elaborativa che può raggiungere un uomo nella sua vita, bensì una proprietà raggiunta dall'uomo attraverso i milioni di anni e di vite dell'evoluzione, attraverso mutazioni genetiche, selezione ed auto-organizzazione.Sul bordo del caos: l'Art of Emergence
Dal punto di vista storico, l'auto-organizzazione è sempre sfuggita a definizioni misurabili in modo quantitativo, lasciando ancora molta ricerca da compiere agli scienziati futuri. Questa situazione, è stata propizia ad artisti che si sono avvicinati a tali concetti. L'arte ha bisogno di spazio culturale e confini aperti e molto spesso opera degli spostamenti (o meglio sfocamenti) di significato ai termini scientifici. Sembra questo il caso dei termini proprietà emergente o emergenza che nel mondo artistico di fatto traducono il termine auto-organizzazione. Anche se la differenza tra i due concetti è spesso dibattuta, tale attitudine è stata spesso ripresa negli ambiti filosofico scientifici della cibernetica e della intelligenza artificiale.
L'idea di emergenza sembra più estesa, più comunicativa ed associa un connotato emotivo all'auto-organizzazione. Per questo motivo, per identificare questo approccio al processo creativo abbiamo proposto di utilizzare il termine Art of Emergence [3, 4]. L'Art of Emergence rappresenta una particolare posizione creativa in cui l'artista non genera direttamente forme (grafiche, cromatiche, performative o melodiche) ma costruisce un contesto di generazione della forma stessa che può evolvere nel tempo. In questo senso attiva un processo di emergenza della forma. Tale processo costituisce in sé la definizione di una meta-forma. Per come è stata definita, l'Art of Emergence è un sottoinsieme di un contesto più ampio che è quello dell'Arte Generativa. Esempi molto interessanti di questo tipo di approccio [5] sono quelli di C. Sommerer & L. Mignonneau [23], K. Rinaldo [21].
Tali processi generativi possono esaurire in breve la loro dimensione creativa, ripetendosi con poche varianti o estinguersi su stati di equilibrio. La strada da percorrere per ottenere i risultati più significativi dal punto di vista creativo (nel senso più generale del termine) sembra esattamente la via indicata da Ilya Prigogine: portare il sistema sul bordo del caos [20]. È proprio lì che si trova la massima potenzialità della morfogenesi, ossia la fusione della generazione continua e caotica di nuovi stimoli con la capacità del sistema di auto-organizzare gli stimoli in forme strutturate.
Per chiarire tali concetti è necessario fare un esempio su come la dinamica del bordo del caos e dell'auto-organizzazione agisce in un contesto grafico-estetico.
Contamination è una immagine digitale ottenuta con una estensione del programma Nagual verso risoluzioni grafiche spinte al punto estremo (fino a 50.000 x 12.000 pixels) per dare la massima possibilità espressiva allo sviluppo evolutivo ed auto-organizzazione di ampie società di filamenti. L'immagine (vedi fig. 6) è stata ottenuta attraverso la evoluzione di un singolo filamento iniziale che genera filamenti figli con mutazioni genetiche progressive del proprio carattere. Il filamento iniziale, introdotto nella zona alla estrema sinistra della immagine, aveva un carattere iniziale con una tendenza a crescere secondo curve ampie e regolari dando luogo a strutture ordinate e unidirezionali. Durante la evoluzione il carattere della sua progenie si è progressivamente arricchito differenziandosi e creando piccole famiglie omogenee con caratteristiche diverse: curvature più articolate e variabili, maggiore fertilità.
Fig. 6: Contamination, Immagine intera. M. Annunziato, 2000.Nel procedere verso la zona destra della immagine, la società di filamenti ha subito uno spostamento da strutture ordinate verso strutture più complesse e caotiche. La zona di transizione al centro della immagine (fig. 7) è quello che potrebbe essere chiamato appunto edge of caos. Questa zona è quella in cui la sinteticità del segno e l'essenza del carattere strutturato si fondono perfettamente con la creatività e varietà delle strutture caotiche facendo emergere forme grafiche articolate che sembrano più tracciate da una mano umana o dalla natura piuttosto che da un computer.
Fig. 7: Edge of Chaos: particolare centrale della immagine Contamination.Proseguendo l'evoluzione verso la zona destra della immagine si verifica ancora una successiva transizione. Lo spazio per la crescita dei filamenti si riduce progressivamente, la vita del filamento diventa più difficile e la pressione evolutiva seleziona quei gruppi di filamenti che hanno un comportamento (un modello di crescita) a curve ampie e poco fertili in quanto hanno alte probabilità di incontrare un ostacolo ed estinguere la famiglia genetica. Contemporaneamente inizia a svilupparsi una famiglia caratterizzata da curvature molto strette, vita media piccola ed alta fertilità. Anche se il singolo filamento ha vita breve, il gruppo sociale è vincente in termini di capacità di infiltrarsi ovunque sfruttando tutti gli spazi vitali possibili. Questo è un esempio di selezione emergente che, sotto la pressione evolutiva di un ambiente in disequilibrio, premia i gruppi sociali con strategia cooperativa.
Biodiversità della forma
Osservando più attentamente la evoluzione nella parte destra della immagine Contamination e confrontandola con un'altra immagine The Garden (fig. 8), si può notare una caratteristica comune che proviene dal meccanismo con cui l'immagine si auto-costruisce. Anticipando le conclusioni vorremmo evidenziare come il meccanismo di sviluppo della forma abbia molte affinità con i meccanismi evolutivi di sviluppo della complessità. Per spiegarlo meglio adotteremo in parallelo la metafora dello sviluppo culturale, metafora ispirante durante la costruzione di tali immagini.
Fig. 8: The Garden. M. Annunziato.Durante le fasi iniziali ed intermedie della evoluzione lo spazio è essenzialmente libero ed i filamenti dotati di un movimento ampio ed esplorativo tendono a popolare lo spazio vuoto (nella metafora esplorare nuovi spazi culturali). Tali filamenti agiscono come pionieri creando delle forti linee di demarcazione e dividendo lo spazio in sezioni. Tali linee hanno l'effetto di creare zone di contenimento dello sviluppo all'interno delle quali evolvono micro-società con proprie linee evolutive omogenee. Alcuni rari filamenti riescono varcare le linee ed a colonizzare nuove zone creando altre nicchie di sviluppo. L'evoluzione procede così strutturando la società come un insieme di nicchie di sviluppo che lentamente si contaminano e dando luogo a forme estremamente complesse ma molto strutturate e variegate al loro interno.
Tale presenza contemporanea di linee di sviluppo della forma non è altro che quello che nella biologia e nella genetica viene chiamata biodiversità della specie ma che nella società potrebbe essere chiamata biodiversità culturale e nella psicologia biodiversità della mente. Tale caratteristica è ciò che rende l'immagine ricca ed interessante e conferisce spessore alla forma in quanto osservabile sotto molteplici aspetti corrispondenti a diverse scale della vita. In questo caso l'estetica di tali forme è insita nella loro capacità di evocare meccanismi vitali pur rimanendo sfocata nella sua astrattezza. Il motivo risiede nel fatto che il valore estetico è connesso non già al riconoscimento di una precisa forma ma alla percezione di una invariante della vita, ossia del meccanismo che sta alla base della sua costruzione e dinamica: l'auto-organizzazione dei sistemi viventi.Relazioni Emergenti
L'arte dei nuovi media ed in particolare l'arte interattiva permette di esplorare con più enfasi il rapporto che si crea tra osservatore, opera ed artista. Tale aspetto costituisce un elemento centrale quando l'arte interattiva si sposa con un contesto generativo. In un opera generativa, l'opera stessa assume una sorta di autonomia rispetto all'artista che l'ha creata, anzi più correttamente, che l'ha messa in atto. L'osservatore che interagisce con l'opera si trova quindi non soltanto a confrontarsi con l'autore, ma a svolgere un ruolo attivo nel processo generativo. In sostanza è lui stesso che dà vita all'opera e, se l'opera è ben costruita, dà all'osservatore molte possibilità interattive ed infinite combinazioni di forma e qualità estetica. Da questo punto di vista, un opera può essere sorprendente per lo stesso autore. In particolare quando tra i visitatori e l'opera riescono ad emergere relazioni nuove e non previste nella fase di design dell'opera. Benché in questo caso non si possa parlare propriamente di auto-organizzazione, ancora una volta è la potenzialità di emergenza che conferisce ricchezza estetica all'opera. In analogia ai sistemi caotici, tale potenzialità potrebbe essere ben identificata con la dimensionalità dell'opera.
Questi concetti sono alla base della realizzazione di una installazione, Relazioni Emergenti (M. Annunziato, P. Pierucci, 2000) che parte dalla esperienza Nagual ma si espande in un contesto interattivo ed audio-visuale [4]. In questa installazione le immagini vengono prodotte in tempo reale e retroproiettate su un ampio schermo (fig. 9, 10). In questo modo il visitatore dell'opera può osservare lo svolgersi dell'intera evoluzione dell'immagine. Due telecamere riprendono la scena del visitatore che si avvicina allo schermo ed un programma provvede a calcolare in tempo reale la distanza del corpo del visitatore dallo schermo stesso. Tale informazione viene poi tradotta in energia che il visitatore trasmette ai filamenti che stanno popolando la zona dello schermo cui il visitatore si avvicina. Infine quando i filamenti raggiungono abbastanza energia, iniziano a muoversi, a riprodursi e ad emettere suoni in relazione al loro codice genetico creando architetture parallele visuali e melodiche.
In questo contesto l'evoluzione è influenzata dal comportamento dell'osservatore. L'interattività aggiunge una ulteriore dimensione al concetto di emergenza attraverso le relazioni che si stabiliscono tra il visitatore e l'opera ed indirettamente l'autore. Alcune persone hanno un ruolo contemplativo e si limitano a disturbare timidamente il processo, altre tentano un improbabile controllo dell'uscita grafica. Altre invece entrano in completa sinergia con l'opera nella costruzione della forma stabilendo creativamente un rapporto dialettico e comunicativo con ciò che appare una sorta di entità digitale con un proprio carattere.
Fig 9, 10: A sinistra, immagine generata nella installazione Relazioni Emergenti (M. Annunziato, P. Pierucci, 2000). A destra una foto dell'installazione al Siggraph '2000 (New Orleans).E-Sparks e l'ecosistema ibrido: alla ricerca di un linguaggio
Uno dei concetti più interessanti che sta entrando nel dibattito su arte, emergenza e vita artificiale è quello della evolvibilità. Il concetto di evolvibilità è stato approfondito da R. Dawkins ed applicato per studi comparati tra evoluzione biologica ed evoluzione di creature digitali [9]. La
definizione è molto articolata e potrebbe essere sintetizzata ai fini espressivi come il grado di evoluzione potenziale contenuto in una società di organismi artificiali.
Riferendo tale concetto ad un opera di arte generativa è evidente che annettere a tale opera una possibilità di auto-evoluzione nella vita temporale o attraverso contatti e cross-fertilizzazioni umane significa dare una ulteriore dimensione creativa e storica all'opera stessa. Creativa in quanto capace di generare nuove forme diversamente strutturate e storica in quanto caratterizzata da una nascita, una evoluzione ed eventualmente il raggiungimento di un punto di equilibrio (o punto fisso).
Riferendosi al concetto di meta-forma introdotto nei precedenti paragrafi, la evolvibilità di un opera si potrebbe definire come una meta-forma in grado di evolvere nel tempo.
L'idea di innescare o semplicemente inspirarsi ad una possibile vita digitale, connessa all'idea di una evoluzione aperta, è una sfida affascinante per l'uomo che risponde comunque ad un principio basilare: gli esseri viventi si riconoscono nelle forme vitali e le rigenerano continuamente.
Un estetica che poggia su tale attrazione e funzionalità può essere vista come una risonanza che agisce in noi come stimolo riconducibile ad una necessità evolutiva.
Realizzare opere caratterizzate da un elevato grado di evolvibilità è piuttosto difficile e tale concetto va per ora considerato più come orizzonte di tendenza che come risultati significativi.
Comunque ricerche espressive in tal senso si stanno sviluppando utilizzando la rete internet come base per una cross-fertilization tra l'opera ed i molti visitatori della rete.
Su questa strada Plancton sta sviluppando un progetto che ha già prodotto una performance teatrale di danza e vita artificiale ("Aurora di Venere", Teatro del Palais di San Vincent, Marzo 2001) ed una installazione interattiva il (E-Sparks, M. Annunziato, P. Pierucci).
In E-Sparks delle creature digitali tridimensionali si muovono su una superficie di proiezione che rappresenta la parte virtuale di un ecosistema ibrido reale-virtuale. Nello spazio adiacente alla superficie di proiezione (parte reale dell'ecosistema ibrido) i visitatori possono interagire con gesti e
con la propria voce. Sistemi di tracking delle immagini (telecamere e moduli sw di image processing) e della voce (microfoni e moduli sw di analisi della voce) permettono al visitatore di mappare le proprie azione compiute nello spazio reale, all'interno dello spazio virtuale dove vivono le creature digitali (fig. 11). Infine un sistema di sintesi della voce permette di manifestare nello spazio reale i vocalizzi prodotti dalle creature nello spazio virtuale.
Fig. 11: Immagini dall'installazione E-Sparks. M. Annunziato, P. Pierucci, (in progress).Tali creature sono dotate di sensori per ottenere informazioni sull'ambiente circostante (sia reale che virtuale) ed un cervello artificiale che partendo dalle informazioni ricavate dai sensori cerca di utilizzarle per controllare i movimenti nello spazio, elaborare i suoni ascoltati e produrre eventuali vocalizzi. Il cervello, realizzato con reti neurali artificiali, permette alle creature di apprendere gradualmente le parole pronunciate dai visitatori e di essere attratte affettivamente da quei visitatori che emettono parole simili a quelle conosciute. Quando riescono a stabilire una sorta di comunicazione, le creature digitali ottengono quella energia che serve loro per continuare a vivere e rafforzare il proprio comportamento.
Infine le creature possono interagire tra loro in caso di incontro ravvicinato scambiandosi delle parole che hanno tra loro attinenza fonetica. La comunicazione ha lo scopo di innescare tra le creature negoziazioni sulle parole scambiate in relazione alla loro capacità di classificare correttamente il proprio dizionario tramite la rete neurale. L'effetto di tale comunicazione è quello di far cambiare il dizionario e l'assetto della rete neurale per la classificazione delle parole della creatura che ha minori capacità di classificazione spingendola ad emulare parzialmente la creatura che ha maggior energia (partial emulation model [2]). Grazie alla capacità di apprendimento ed alla pressione evolutiva, nel tempo emerge autonomamente una sorta di dizionario di parole condiviso da tutta la società artificiale.
Le parole dei visitatori immesse nell'ecosistema ibrido vengono ascoltate dalle creature che si trovano nei pressi del visitatore. Le interpretano, le utilizzano per far evolvere il proprio dizionario, reagiscono emettendo parole a loro conosciute e manifestando un movimento attrattivo nel caso di
parola già conosciuta o repulsivo nel caso di parola sconosciuta. Infine le parole assunte negli scambi con l'uomo vengono successivamente coinvolte negli scambi tra creature diffondesi nella società ed eventualmente modificandosi foneticamente. Il dizionario emergente deriva quindi da ciò che i visitatori hanno detto nell'installazione e tipicamente sono icone acustiche caratteristiche delle culture di provenienza dei visitatori.
Al livello più elevato le parole apprese dalle creature possono essere usate per cercare di elaborare una strategia di sopravvivenza attraverso la stimolazione di interazioni affettive che si manifestano come il movimento verso i visitatori e l'emissione spontanea di parole verso il visitatore stesso per indurli a ripetere le loro parole e quindi ottenere energia. Tali comportamenti non sono però pre-programmati ma sono semmai il risultato di un lungo apprendimento attraverso scambi con i visitatori.
L'aspetto della evolvibilità in questo caso è contenuto, oltre che nello sviluppo progressivo di strategie di interazione, anche nella idea che la società di creature possa sviluppare autonomamente una sorta di linguaggio primitivo associando in modo condiviso simboli acustici a significati ed inoltre che tali forme culturali primitive evolvano nel tempo in relazione al mix di culture di provenienza dei visitatori.Le reazioni
Come nel caso di Relazioni Emergenti, anche in questo caso i visitatori reagiscono con modalità differenti e spesso totalmente inaspettate. È stato abbastanza sorprendente osservare come la capacità percettiva dell'aspetto vitale di tali opere è risultata molto più immediata nei bambini che non esitano a considerare viventi tali opere e sono sempre entrati immediatamente in sinergia. Per un adulto è certamente più difficile compiere il salto nella metafora della vita digitale.
Alcuni accettano tale provocazione come un immaginario in cui entrare partecipando, altri lo analizzano minuziosamente per definirne la differenza dalla vita reale o si chiedono come potremo convivere con gli esseri digitali che popoleranno la rete o le macchine della nostra casa.
Ovviamente ognuna di queste reazioni è un risultato positivo e questa è ancora una possibile dimensione dell'Art of Emergence: la emergenza di metafore su cui discutere e confrontarsi.Bibliografia
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25. S. Wolfram. Theory and Applications of Cellular Automata, World Scientific Press. 1986.*Articolo pubblicato con l'autorizzazione di Sistemi Intelligenti. Rivista quadrimestrale di scienze cognitive e di intelligenza artificiale, n. 1, aprile 2006, edita da ilMulino. Versione rilevata dal sito Plancton a cura degli autori.
** Mauro Annunziato fonda nel '94 il gruppo di arte digitale Plancton con Piero Pierucci, entrambi ricercatori/artisti impegnati nell'arte generativa e nelle scienze cognitive. Le installazioni interattive di Plancton sono state esposte in contesti e festival internazionali sulle arti emergenti (Siggraph, Imagina, Biennale di Mosca, Alife, Dart, Vida, Generative Art, Virtuality, Opera Totale, Artware) con diversi riconoscimenti (Annunziato è stato selezionato nel 2000 dalla NASA-JPL tra i "top 60 artist-scientist" scelti per dare un contributo culturale al primo villaggio umano su Marte (http://mmp.planetary.org/scien); la rivista d'arte internazionale Leonardo (MIT Press) ha dedicato ad un opera di Annunziato la copertina di giugno 2004. Il lavoro espressivo è intimamente fuso con un'attività di ricerca scientifica. Annunziato, laureato in ingegneria nucleare, autore di più di cento pubblicazioni scientifiche, è stato dal '96 al 2007 direttore di un laboratorio di ricerca in ENEA su Intelligenza e Vita Artificiale, ed ora dirige una unità dell'ENEA sullo sviluppo di tecnologie, metodi e diffusione dello sviluppo sostenibile e della efficienza energetica.
** Piero Pierucci fonda assieme a Mauro Annunziato il gruppo di arte digitale Plancton. Laureato in ingegneria fonde l'attività artistica fortemente con una attività scientifica svolta in compagnie pubbliche e private come Alcatel, IBM, Iris, Nergal nel campo della sintesi della voce, della intelligenza artificiale, della vita artificiale e del suono tridimensionale. Pierucci ha pubblicato due libri: "Le Macchine Parlanti" (Franco Angeli Milano, 1990) e "Architetture Sonore" (Franco Angeli, Milano, 1993).
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