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Volume 1

Lettera di Erodoto
di Emiliano Ventura

Volume 2

Completamente distrutta è la potenza persiana
Eschilo, I Persiani

Sul tratto che va da Rialto a San Marco lunghe fila di bancarelle e botteghe mostrano il prodotto della recente invenzione della stampa, il libro. Il commercio libraio e gli stampatori si sono riuniti nei quartieri di San Zulian e San Peternian della repubblica di Venezia alla fine del quindicesimo secolo, tra questi Aldo Manuzio amico del Conte Giovanni Pico della Mirandola. Aldo ha da poco stampato Hypnerotomachia poliphili, opera dello sfuggente F. Colonna, è il suo capolavoro con le preziose xilografie che qualcuno già attribuisce al Mantegna. È nella stanza della bottega che Aldo spulcia rotoli di papiri e pergamene provenienti da Costantinopoli, quella città che ormai è caduta nelle mani dei turchi, ma quanta cultura in esilio, quanti sapienti in giro per l'Europa. Una pergamena finisce tra le mani del libraio e dispiega il suo tempo, si apre una finestra su un lontano passato. L'occhio del tipografo tremula nel liquido perché alla fine dello scritto legge la parola Herodotus, il padre della Storia. Sembra un testo breve forse una epistola, ricopiata da qualche monaco chissà quando, ma può anche essere un apocrifo: Aldo non se ne cura granché e comincia a leggere consapevole di avere di fronte qualcosa di unico e di molto antico.

Questa cella fresca accoglie il corpo stanco di questo viaggiatore, giunto così lontano da Alicarnasso che lo conobbe come figlio.
Il mio schiavo mi ha portato una coppa di vino che serve sempre a scaldare il sangue anche se ormai devo diluirlo sempre più con l'acqua, questo corpo è squassato. Ho bisogno di fissare più cose possibili con la parola scritta, il logos che continua a guidare la mia mano vuole vincere la dimenticanza, vuole essere Historia, la memoria degli uomini che hanno camminato con me, e gli déi mi hanno concesso la sorte di seguire il passo di giganti e eroi. Perché se è vero che gli dèi perdonano più degli uomini, gli uomini dimenticano più degli déi, e non c'è sempre un Omero a cantare di queste misere grandi vite. Un'etiope mi ha confidato un loro modo di dire "
quando muore un vecchio, brucia la memoria dell'umanità", ed io ho visto bruciare molte memorie, per questo continuo a scrivere sulla cera, sul papiro egizio, sulle fibre di Pergamo, sugli ostrakon, che le Muse e Mnemosine mi siano compagne. Questo è quanto ho appreso dai sacerdoti egizi che tengono la memoria impressa nella pietra dei loro templi, nei rotoli dei loro papiri.
Prima di seguire con la composizione dell'opera devo scaldare la mano e le dita ossute che tengono questo stiletto, e per farlo non conosco altro modo di lasciar scorrere pensieri e ricordi, alcuni logografi scrivono versi dell'Iliade o dell'Odissea, io preferisco questo gioco perchè non so mai dove le muse mi porteranno, se una possessione improvvisa possa guidare la mano, visto che il volere del dio è sempre oscuro all'uomo.
Quando la mia psichè sarà volata dalla chistra dei denti sarà solo ombra vagante nel Tartaro, e le ombre non scrivono più, ed io sento chiaramente che la sabbia ha quasi finito di scorrere nella clessidra del tempo che mi è stato concesso. Tra breve vedrò negli occhi gli antenati. Mentre aurora gentile allungava le sue dita di luce sulla terra ho sentito il canto della civetta e so che Atena mi è ancora al fianco, come lo era con il suo eroe Odisseo, il volo degli uccelli ha confermato la benevolenza del dio per questo povero uomo, forse per oggi Ade non mi chiamerà ancora al suo regno.
Quanto mondo ha visto questo vecchio stanco.
Quanti piaceri ho gustato, ho gioito per le vittorie olimpiche dei campioni della mia polis, ho festeggiato dionisiache e panatenee, ho conosciuto quelle incredibili culture che l'uomo può far germogliare. Ho visto le gloriose vittorie del popolo elleno contro il barbaro invasore; quel persiano che preme sempre dall'oriente per dominare il sole greco, ma ogni elleno che sia della ionia o della sponda italica, sa di essere libero e di voler morire libero con Apollo e Zeus a dar voce alle sue passioni. Molti secoli sono passati da quando la spedizione achea ha fatto vela verso Troia, quello è stato veramente il tempo degli eroi, solo i nomi di quei campioni fanno impallidire ogni mortale. Non meno di quei tempi così lontani oggi abbiamo vissuto fatti che verranno narrati negli anni a venire.
Mi affido a quell'arte della memoria che coltivo da sempre, cammino per le varie stanze di questo teatro di figure.
Ecco! rivedo il rosso dei mantelli spartani, i cimieri sull'elmo, gli scudi di bronzo lucidati fino a brillare, quel bronzo accecante di cui parla il poeta. Vedo la linea compatta della falange oplita dei greci. Vedo l'esercito di Serse il persiano che pensava di sottomettere l'occidente, un esercito infinito di uomini il cui passo faceva tremare la terra, testimoni raccontano che sia crollato più di un ponte sotto quel loro marciare.
Fiumi interi si sono prosciugati per dissetarli durante la marcia verso il mar egeo. Il re dei re, come ama farsi chiamare, non ha resistito alla tentazione di tornare sulle rive dello Scamandro dove un tempo sorgeva Troia, quella città avamposto dell'oriente che noi greci abbiamo distrutto; il persiano vuole giustificare l'aggressione col vendicare quella distruzione. Ma lui non conosce la bellezza delle donne di Sparta, non sa che il valore dei graci si misura anche nel voler difendere l'onore delle loro donne, Elena era di Sparta e la sua bellezza faceva impallidire gli déi, e tremare la mano vendicatrice di Menelao.
Uomini degli anni a venire che tempi ha vissuto questo mortale: rivedo la piana di Maratona dove gli ateniesi così esigui di numero hanno sbaragliato l'immenso esercito di Serse, ricordo i numeri; solo novantadue morti per i greci ma seimilaquattrocento persiani hanno visto i campi elisi. Il poeta tragico Eschilo preferì essere ricordato come combattente in quella piana che come vincitore di agoni tragici "
il bosco di Maratona potrebbe raccontare il suo glorioso valore, e il Medo dalle lunghe chiome, che lo conosce".
Passati dieci anni il re dei re ha voluto ancora sfidare il greco in battaglia; Sparta ha reso immortale il suo nome fronteggiando il nemico alle Termopili: solo trecento di quegli uomini ha retto per tre giorni la forza del muro persiano, trecento uomini contro due milioni di persiani. La guardia imperiale del re persiano, i diecimila immortali, ha ancora paura di quegli uomini che prima di combattere si pettinano i capelli lunghi e si sistemano il mantello sulle spalle con tranquilla fermezza. Una lastra di marmo con i versi del poeta Simonide ricorda, in quel punto, il gesto eroico di Leonida e dei suoi trecento Uguali.
Alla fine il persiano è riuscito a entarre nel territorio greco, è arrivato fino alla sacra rocca di Atene, qui ha trovato Temistocle che con le sue trovate non è secondo ad Odisseo. Tutta la flotta greca è nascosta dietro l'isola di Salamina e il barbaro non si accorge del pericolo; ho sentito il fragore di quelle navi venire in bocca ai rostri delle triremi greche, il mare si tinge di rosso persiano; per giorni la corrente ha spinto sulle spiagge, dal pireo al falero, i corpi dei persiani uccisi dalla flotta greca e da Poseidone suo alleato. Che impari l'adoratore del profeta Zoroastro, lui che venera un solo dio, Ahura Mazda; non si può combattere un popolo che lotta con i suoi déi al fianco, il volere del dio immortale è sempre imperscrutabile. Che impari il re a rispettare gli oracoli della Grecia che sono la parola del dio Apollo, il grande arciere.
L'estate seguente a Platea una lega di alleati elleni tra cui gli eserciti di Sparta e Atene hanno definitivamente scacciato l'invasore.
Questi uomini hanno ricacciato il barbaro nelle terre da cui veniva, l'occidente e il greco non è ancora sottomesso all'oriente perché come dice il tragico "
Di nessun uomo son detti schiavi né sudditi".
Che il padre Zeus sia misericordioso anche con questo mortale che dimentica la moderazione, la gloria di Nike a volte annebbia la vista, il mito insegna che nessuna vittoria è definitiva così come non lo è nessuna sconfitta. Il destino di Agamennone ci mette sempre in guardia; gioire per una guerra vinta e perdere la vita tornando a casa per mano della sposa, Nemesi è sempre pronta a riscuotere la sua moneta. Ho indugiato con gioia al ricordo di quelle vittorie e forse dovrò espiare con un piccolo sacrificio al dio.
Oggi il greco celebra la sua vittoria, dopo che anche Sesto è stata liberata, ma fino a quando? Morfeo mi manda spesso un sogno: vedo Achille ed Ettore che cavalcano insieme, non combattono più sotto le mura di Troia, ma come fratelli parlano di cavalli e delle spose, del vino e del mare. Che sia questo alla fine il disegno di Zeus tonante? Ho paura che questi occhi non lo potranno vedere.
Ma ora è tempo che torni all'opera, l'Historia deve essere completata, la mano è sciolta e scorre bene con i suoi movimenti.
Che le Muse ed Hermes siano sempre vicini a questo mortale.

HERODOTUS di TURI

Aldo finisce di leggere e il cero vicino ha quasi consumato la sua corsa, fuori le voci della repubblica si sono coperte del manto della sera, chiude la ruvida carta pergamena con la firma Herodotus. Quando sale le scale per la stanza da letto sa già che sognerà di Troia e di Sparta, dei trecento alle Termopili. Il vecchio Patriarca aveva detto il vero quando gli raccontava delle gesta di quei greci così lontani nel tempo, vissuti molti secoli prima di Cristo, millenni prima della caduta di Costantinopoli e dell'Impero Romano d'Oriente. Pensa Aldo che il Turco sia il lontano parente del persiano, Erodoto aveva ragione a temere Nemesi, nessuna vittoria è definitiva come non lo è nessuna sconfitta. Quando soffia sulla candela il buio diviene padrone della stanza e della bottega del libraio che è amico di Pico della Mirandola e di Erasmo da Rotterdam.

Informazioni su Erodoto da Wikipedia
Il testo completo delle Storie di Erodoto da filosofico.net

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