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11. Cronache di politica economica:
Keynes, un fallace profeta?

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Keynes   

Nel 1930 Keynes diede alle stampe il testo di una conferenza tenuta due anni prima agli studenti del Winchester College e poi a Cambridge dal titolo "Possibilità economiche per i nostri nipoti". Quel testo è stato pubblicato nel febbraio 2009 da Adelphi con un commento di Guido Rossi che reca il medesimo titolo, seguito però da un punto interrogativo.(1)

La conferenza di Keynes è dichiaratamente un astratto esercizio di previsione circa il livello di sviluppo economico che sarebbe stato possibile raggiungere nell'arco di un centinaio di anni. Keynes osserva che il tasso di accumulazione del capitale realizzato in età moderna, unitamente ai progressi della scienza e della tecnologia hanno quadruplicato il tenore di vita in Europa e negli Stati Uniti mentre la consistenza del capitale è aumentata in misura enormemente superiore rispetto a qualsiasi altro periodo storico. Estrapolando queste tendenze, Keynes afferma che "in assenza di conflitti drammatici, o di drammatici incrementi della popolazione, fra cento anni il problema economico sarà risolto" (2).

In questa idilliaca situazione, secondo l'autore, sarà possibile godere della acquisita libertà dalle necessità economiche se gli uomini impareranno a vivere "in modo saggio, piacevole e salutare" e sempre che riusciranno ad "assegnare al desiderio di denaro il suo giusto valore. L'amore per il denaro, per il possesso del denaro… sarà, agli occhi di tutti, un'attitudine morbosa e repellente, una di quelle inclinazioni a metà criminali e a metà patologiche da affidare con un brivido agli specialisti di malattie mentali" (3).

Beninteso, il raggiungimento di questo "stato di beatitudine" secondo l'autore è subordinato al verificarsi di quattro condizioni: "la capacità di controllare l'aumento della popolazione, la determinazione nell'evitare guerre e tensioni sociali, la disponibilità ad affidare alla scienza il governo di ciò che propriamente le compete e il tasso di accumulazione fissato nel margine fra produzione e consumo" (4)

Come osserva Guido Rossi nella sua nota di commento, le notazioni di Keynes vanno considerate alla stregua di una proiezione utopistica, il cui verificarsi era comunque subordinato alla contemporanea attuazione di tutte le citate condizioni esterne; condizioni che, negli anni successivi, sono state ben lungi dal realizzarsi. Inoltre, Rossi formula altre due importanti considerazioni. Rileva anzitutto che, nel suo esercizio, Keynes ha sottovalutato il problema della distribuzione, cosa che gli ha impedito di prevedere l'attuale, iniqua situazione per cui metà dell'umanità vive oggi con meno di due dollari al giorno. L'altro aspetto trascurato è costituito dal ruolo assunto dalla finanza, che ha trasformato la moneta da mezzo a fine dell'attività economica.

Osservazioni giuste e pertinenti che sembrano inficiare il nocciolo stesso dell'esercizio keynesiano. Tuttavia, prima di accantonare con un rammaricato sorriso il testo in questione, varrebbe forse la pena di compiere un'ulteriore riflessione capovolgendo, in un certo senso, la prospettiva: il discorso, cioè, potrebbe e dovrebbe concentrarsi su quei fattori che, pur in presenza di condizioni oggettive teoricamente favorevoli, hanno impedito il realizzarsi di una situazione di progresso e di prosperità. E allora sarebbe necessario riflettere sul disordinato e disomogeneo sviluppo demografico nelle diverse aree del globo; sul succedersi di disastrosi conflitti non solo nella forma di vere e proprie guerre, calde o fredde, mondiali o locali; sulle diverse forme del terrorismo; sul più o meno latente razzismo, integralismo, nazionalismo; sulla diffusione e sul radicamento di atteggiamenti irrazionali, ideologici o fanatici, spesso veicolati dai media strumentalmente orientati, che certo non hanno favorito l'attribuzione alla scienza e, in generale, alla razionalità "il governo di ciò che propriamente le compete"; sull'utilizzo del risparmio che anziché essere totalmente investito in capitale produttivo, in beni, in infrastrutture ha alimentato l'abnorme sviluppo della finanza. Sull'espansione dei consumi i quali, nelle "economie evolute", lungi dal commisurarsi all'incremento del reddito disponibile, sono stati incoraggiati dall'indebitamento che ha fruttato utili per le banche ma che ha poi determinato la "bolla" all'origine alla più recente crisi.

E quindi, dalla lettura del testo in parola si giunge all'amara conclusione secondo cui, anziché adoperarsi in favore di positive possibilità economiche per le future generazioni, la politica e l'economia hanno predisposto una ben misera eredità per i nostri nipoti, i quali si troveranno a dover affrontare problemi forse ancor più gravi di quelli che si sono posti sin qui.

Lo stesso Keynes – che non era certo uno sprovveduto sognatore - riferendosi questa volta alla situazione in atto, in un articolo pubblicato nel 1933 su The new statesman and the nation – citato da Guido Rossi nel ripetuto testo – osservava che "il decadente capitalismo internazionale, eppure individualistico, nelle cui mani siamo finiti, non è un successo. Non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non fornisce nessun bene".

Roma, 30 dicembre 2009

Note
(1) John Maynard Keynes: Possibilità economiche per i nostri nipoti, seguito da Guido Rossi: Possibilità economiche per i nostri nipoti?, Milano, Adelphi, 2009.
(2) Cit. pag. 21.
(3) Cit. pag. 25.
(4) Cit. pagg. 29 e 30.

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