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12. Cronache di politica economica:
I "pronostici" degli economistiTornate all'indice degli articoli
Tornate alla sala saggisticaBenedetto XVI, lo scorso 2 gennaio, affacciatosi alla finestra del suo studio, si è rivolto ai fedeli convenuti per l'Angelus in piazza S. Pietro per ricordare loro, tra l'altro, che il futuro è nelle mani di Dio e che non ci si deve affidare agli "improbabili pronostici" degli oroscopi e degli economisti. Secondo il papa, infatti, è inutile angosciasi con previsioni pessimistiche poiché "il regno di Dio viene certamente, anzi, è già presente nella storia e, grazie alla venuta di Cristo, ha già vinto la forza negativa del maligno".(1) La qual cosa certamente infonderà ottimismo nei cassaintegrati, negli imprenditori senza più impresa, nei precari licenziati, nei terremotati ancora senza casa e così via.
Il singolare accostamento di maghi ed economisti ha già suscitato commenti che oscillano dall'indignazione all'ironia. È peraltro comprensibile che il Vaticano, che ha ritenuto di affidare la gestione delle proprie finanze a personaggi della levatura di Sindona, Calvi e Marcinkus, abbia maturato una certa diffidenza nei confronti di chi si occupa di cose economiche.
Il Ministro Tremonti, nel TG 1 del giorno stesso, si è affrettato a condividere le opinioni del papa; egli, infatti, sin dallo scorso settembre si era scagliato con ira e sarcasmo contro la categoria degli economisti (sugli oroscopi ancora non si è pronunciato) colpevoli di non aver previsto la crisi finanziaria del 2008 e, per tale reato, li aveva condannati a tacere per almeno due anni. Nel merito sedici autorevoli economisti hanno già risposto con una lettera aperta al direttore di Repubblica.(2)
Senza voler entrare nel dettaglio, c'è da dire che in realtà la categoria non è del tutto esente da colpe: fino all'altro ieri non mancavano, specie oltre oceano, gli economisti impegnati a tessere le lodi del libero mercato, che in realtà significava mercato senza regole, convinti delle virtù autoregolatrici dello stesso e dell'efficacia della "mano invisibile". Per contro, ben prima dell'esplosione della crisi finanziaria, era possibile reperire numerose e autorevoli opinioni improntate a lucida preoccupazione.(3)
Le incaute o errate previsioni degli economisti sarebbero in realtà deprecabili se alle stesse si fosse ispirata in modo determinante l'azione di politica economica; ma nel caso del nostro paese non sembra che le cose stiano esattamente così. Lo stesso ministro dell'economia, che ha retto quel dicastero anche negli anni dal 2001 al 2005, ha sempre rivendicato l'autonomia delle proprie scelte, rigettando con sufficienza le opinioni in contrasto con le sue. I massimi esponenti del governo in carica dal 2008 si sono adoperati per diffondere ottimismo a piene mani sostenendo prima che la crisi non c'era, poi che l'Italia ne era toccata in misura minima e che comunque ne sarebbe uscita prima e meglio degli altri paesi.
I dati purtroppo descrivono una realtà ben diversa: più di due milioni di disoccupati in Italia, massimo storico dei senza lavoro dal marzo del 2004. Il tasso di disoccupazione a fine anno ha superato l'8%. Il tasso di disoccupazione giovanile – secondo gli ultimi dati resi noti dall'ISTAT – si avvicina al 27%. Queste cifre, aggiunte al fatto che la crescita nell'anno delle ore di cassa integrazione è stata del 311% rispetto al 2008, dimostrano che la crisi continua a gravare pesantemente sulle attività produttive: lavoratori e imprese; ed è francamente offensivo per chi vive sulla propria pelle i problemi conseguenti sentirsi dire che non c'è di che lamentarsi poiché in altri paesi la situazione è anche peggiore. Nel contempo, si assicurava che i conti pubblici erano stati posti "in sicurezza"; tuttavia il fabbisogno del settore statale a fine 2009 è pari a 85,9 miliardi di euro, con un aumento di 31,6 miliardi rispetto al 2008 (+58,2%); il debito pubblico a fine anno ha raggiunto il 115% del PIL e l'avanzo primario (entrate meno uscite al netto degli interessi) è sostanzialmente azzerato: risultato peggiore degli ultimi 18 anni. Il dato è particolarmente preoccupante se si considera l'esiguità delle spese erogate per interventi anticrisi (0,3% del PIL; i valori più alti in eurolandia sono il 3% della Germania e il 3,5% della Spagna) e i decantati risultati del cosiddetto scudo fiscale, terzo della serie, con buona pace dei contribuenti onesti e grande giubilo degli evasori e riciclatori.
I conti pubblici, però, non sono più "in sicurezza" quando si invocano misure a sostegno delle categorie più svantaggiate.
Per tornare alle "previsioni degli economisti", che hanno turbato, per ragioni peraltro opposte, tanto il Vaticano (diffondono pessimismo) quanto il governo (non hanno saputo prevedere la crisi) sarebbe forse il caso di chiedersi se l'onere di formulare profezie rientri fra i compiti delle discipline economiche. Come ha osservato il Governatore della Banca d'Italia in un suo intervento alla Società Italiana degli Economisti, "così come la bravura di un medico si giudica in ultima analisi sulla sua capacità di curare una malattia, anche quando non sia stato in grado di anticiparne il manifestarsi, così la professione economica deve essere in primo luogo valutata per le risposte che ha saputo finora dare alla crisi".(4)
In effetti, se le conseguenze della crisi – in particolare degli Stati Uniti dove la stessa ha avuto origine - sono state meno devastanti di quanto avrebbero potuto essere lo si deve proprio alle misure di politica economica elaborate sulla scorta delle teorie e delle indicazioni maturate dallo studio di analoghi eventi del passato e dall'analisi critica dello scenario attuale. Le considerazioni negative sopra riportate, ancorché formulate da personalità di tutto rilievo, sorprendono perciò maggiormente e potrebbero ingenerare, nei commentatori maldisposti, il dubbio che il loro obiettivo vada, consapevolmente o meno, al di là del loro contenuto esplicito. Addebitare alle incaute previsioni degli economisti le grame prospettive e i problemi cogenti che molti cittadini si trovano di fronte, può essere un modo per sollevare dalle responsabilità relative la divina provvidenza in un caso e la politica economica del governo nell'altro.
10 gennaio 2010
Note
1 Il Corriere della sera del 3 gennaio 2010
2 La Repubblica del 3 settembre 2009
3 Valga come esempio l'articolo pubblicato nel giugno 2008 dal Laboratoire Européen d'Anticipation Politique
4 Gli economisti e la crisi, Intervento del Governatore della Banca d'Italia Mario DraghiTorna in biblioteca