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Anche quest'anno, in cinque paragrafi più un'introduzione e un brano conclusivo (diciotto pagine in tutto), il Governatore Draghi fornisce una panoramica esauriente e argomentata dei problemi interni e internazionali e delle linee di intervento praticabili; queste ultime sono di particolare interesse e su di esse ci consentiremo qualche commento. (1)
Sono delineate anzitutto le origini e l'evoluzione della crisi finanziaria esplosa nell'autunno del 2008: questa ha compromesso la stabilità dei maggiori intermediari finanziari mondiali, rischiando di innescare un crisi di sistema, superata la quale, la speculazione ha ora preso di mira i "titoli di Stati che hanno ampi deficit di bilancio o alti livelli di debito pubblico; soprattutto, quelli di paesi dove queste due caratteristiche si combinano con una bassa crescita economica". Il solo modo di far fronte a questa emergenza è quello di intervenire con "concrete strategie di riequilibrio e di sostegno alla crescita". Due obiettivi che non è facile conciliare, specie in periodi di moderata crescita economica.
La crisi finanziaria, secondo il Governatore, ha anche radici "in carenze regolamentari e di vigilanza nelle piazze finanziarie più importanti". Per evitare che eventi analoghi si ripetano occorre definire e porre in essere un quadro normativo che disciplini efficacemente la finanza internazionale. Il Financial Stability Board – di cui lo stesso Draghi è presidente – ha il compito di progettare tali norme (progetto del quale in questa sede il dr. Draghi ha elencato solo i principi) ma la loro attuazione compete ai singoli Stati: la questione è perciò demandata ai prossimi summit del G20. In quelle sedi si potrà verificare se esiste la volontà politica di porre in atto un'efficace intelaiatura normativa. Frattanto i singoli paesi (Stati Uniti, Germania) emanano norme valide però solo al loro interno. I molteplici e spesso contrastanti interessi delle diverse piazze finanziarie non lasciano ben sperare. Il fatto poi che la crisi finanziaria sia stata fronteggiata adeguatamente, specie mediante il salvataggio degli intermediari che la hanno innescata, ha attenuato l'urgenza e lo stimolo a varare radicali e stringenti interventi correttivi. Per non parlare delle pressioni esercitate dalle lobby della finanza internazionale.
Passando ad esaminare più particolarmente i problemi che interessano l'area dell'euro, il Governatore osserva che la politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE) "ha assicurato condizioni ordinate nel sistema del credito, ha fornito sostegno alla ripresa dell'economia in presenza di aspettative di inflazione moderate e saldamente ancorate alla stabilità dei prezzi". Tuttavia, l'esplodere della crisi greca ha posto in evidenza "la difficoltà in Europa di trovare un accordo su un piano di salvataggio, ma anche l'indisponibilità di un processo che permetta una gestione ordinata delle crisi debitorie degli Stati sovrani". Di qui le misure adottate (con ritardo) a sostegno della Grecia e quelle predisposte per fornire assistenza finanziaria agli Stati dell'area che dovessero incorrere in una crisi di liquidità. Di qui gli interventi straordinari della BCE che "dovranno rientrare al più presto, non appena i mercati torneranno a scambiare in maniera autonoma i titoli dei paesi interessati".
Il Governatore ha poi osservato che "gli eventi recenti ripropongono con maggior forza l'antico problema di un governo economico dell'Europa". Pur avendo presente che la ripresa è il presupposto essenziale per riconquistare la stabilità e la coesione dell'eurozona, ha sottolineato la necessità di rafforzare il patto di stabilità e di crescita "introducendo sanzioni, anche politiche, in caso di inadempienze".
Anche in questo caso è necessario un forte e concorde impegno di tutti gli Stati partecipanti, i quali, necessariamente, dovrebbero rinunciare a margini di autonomia nello svolgimento delle rispettive politiche di bilancio. Così non è stato negli ultimi tempi: si "segnalano inadeguatezze e incoerenze nelle politiche nazionali" per effetto di divergenze nei tassi di crescita con conseguenti "squilibri negli scambi di merci e servizi intra-area".
Si è accentuato, in effetti, il divario fra le economie più dinamiche (Francia e Germania) e le altre più esposte al contagio della crisi; mentre le prime si contendono la facoltà di determinare le scelte politiche dell'intera Unione - come si è visto allorché si è dovuto decidere come (e se) intervenire in soccorso della Grecia - le altre si affannano a predisporre misure di austerità che possano scongiurare possibili assalti speculativi. L'Inghilterra, dal canto suo, non manca di manifestare in ogni occasione il proprio euroscetticismo, che si accentuerà ancor di più con il governo di recente insediato.
Il quadro tracciato per l'economia italiana è tutt'altro che confortante: "Nel biennio 2008-09 il PIL è sceso in Italia di 6 punti e mezzo, quasi metà di tutta la crescita che si era avuta nei dieci anni precedenti. Il reddito reale delle famiglie si è ridotto del 3,4 per cento, i loro consumi del 2,5. Le esportazioni sono cadute del 22 per cento". Analoghi dati negativi sono riportati per quanto attiene agli investimenti, al ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, all'occupazione, ai fallimenti. Le previsioni di una modesta crescita formulate all'inizio dell'anno dovranno essere riviste: "l'esplodere della crisi greca potrebbe cambiare il quadro di riferimento. Alcuni governi europei hanno preso misure dirette al rientro del disavanzo".
Quanto alla manovra di recente varata dal Governo, "nelle nuove condizioni di mercato era inevitabile agire, anche se le restrizioni di bilancio incidono sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana": da noi, come nel resto dell'eurozona, le manovre correttive sono indifferibili. In dettaglio, il Governatore osserva che "la manovra mira a portare la crescita della spesa primaria corrente al di sotto dell'1 per cento annuo nel biennio 2011-12". Sul conseguimento dei risultati attesi, il Governatore si esprime con diplomatica prudenza, considerato che "negli ultimi dieci anni la spesa è cresciuta in media del 4,6 per cento l'anno, aumentando di quasi 6 punti in rapporto al PIL. Quindi è necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi".
A questo punto, nelle "considerazioni", si apre un paragrafo intitolato "Competitività e crescita" i cui contenuti sono di particolare interesse sebbene inusuali per un organo tecnico della politica monetaria. Premesso che la manovra correttiva incide sulle prospettive di ripresa a breve dell'economia italiana, il Governatore si sofferma sugli ostacoli che è necessario rimuovere per il rilancio della crescita. Si tratta del tema delle riforme strutturali; tema abusato, ma purtroppo non ancora adeguatamente affrontato. Oltre al problema della scarsa produttività che da anni ci affligge, in questa occasione il Governatore ha voluto affrontare con particolare enfasi i guasti che nel nostro sistema producono fenomeni quali le "relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche, in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata" e l'evasione fiscale, definita a braccio, questa sì, "macelleria sociale" e quantificata, solo per l'IVA, in 30 miliardi l'anno di gettito tra il 2005 e il 2008.
Sull'argomento merita di essere riportato il commento rilasciato a caldo dal professor Vaciago al termine dell'assemblea: "c'è un lungo filo rosso che collega l'immoralità, la corruzione, l'evasione fiscale, la mafia ... in un paese civile i delinquenti non occupano le sedie più alte, ma le più basse".(2)
Quanto alla Pubblica Amministrazione, il Governatore sottolinea la necessità di "ripensare il perimetro e l'articolazione delle amministrazioni, per razionalizzare l'allocazione delle risorse, riducendo sprechi e duplicazioni tra enti e livelli di governo" e, nel contesto dell'istituendo federalismo fiscale, di individuare norme e strumenti che servano ad "aumentare l'efficienza nell'uso delle risorse"; inoltre "proseguendo lungo le linee tracciate per le regioni con disavanzi sanitari, è opportuno rafforzare il sistema di vincoli e disincentivi per gli enti che non rispettano le regole".
Ampio spazio è dedicato al fatto che "La crisi ha acuito il disagio dei giovani nel mercato del lavoro". I giovani sono particolarmente penalizzati sotto l'aspetto del livello di occupazione, della tipologia di contratti, dei salari di ingresso e, in generale, delle prospettive per il futuro. Viene sottolineata la necessità di urgenti e incisivi interventi, dato che "i giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia". Il Governatore riafferma la propria opinione circa la necessità di prolungare la vita lavorativa, la qual cosa non ostacolerebbe l'accesso dei giovani al mercato del lavoro in quanto "i paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile".
La situazione del sistema bancario nazionale presenta un contesto sostanzialmente sano, ma esso è interessato da una debole domanda di finanziamenti, dal peggioramento della qualità dei prestiti, da problemi di liquidità connessi con l'insorgere della crisi. Il Governatore sollecita il rafforzamento dei patrimoni, illustra l'attività svolta dalla Vigilanza, sia amministrativa che ispettiva, e raccomanda alle Fondazioni di tutelare il valore economico delle aziende e l'indipendenza del management. La tutela della clientela sarebbe efficacemente assicurata dall'Arbitro Bancario Finanziario, operativo dallo scorso ottobre.
Le "Considerazioni" si concludono ribadendo quella che, a nostro avviso, è l'esortazione sottesa a tutte le indicazioni propositive dell'intero documento: "l'importanza dell'azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici"; esortazione che vale a livello internazionale, per le regole della finanza; a livello europeo per rafforzare la coesione dell'Unione, dato che "l'euro vive con tutti i suoi membri, grandi e piccoli, forti e deboli"; a livello nazionale, infine, poiché per affrontare le sfide del momento è necessario fare appello "agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato".
Come di consueto, la relazione ha riscosso l'apprezzamento delle istanze più diverse: dalla Confindustria ai sindacati, dal Governo all'opposizione, dai banchieri agli economisti. Particolarmente compiaciuta è stata la valutazione del Capo del Governo, secondo il quale il testo conterrebbe ampi apprezzamenti della manovra che si sta faticosamente varando. La qual cosa non sembra corrispondere alla lettera del documento che, come si è visto, manifesta qualche riserva sull'effettiva capacità, tra l'altro, di invertire così bruscamente il trend della spesa corrente. Sembra piuttosto che l'asserito apprezzamento sia dettato dall'esigenza di ottenere un autorevole avallo alle misure malvolentieri varate da chi, fino all'altro ieri, asseriva che tutto era sotto controllo e che la crisi era alle spalle.
L'esperienza insegna che i moniti del Governatore vengono apprezzati e lodati sul momento per essere poi rapidamente archiviati. Anche in questo caso si teme che l'appello all'impegno comune, specie per quanto riguarda il nostro Paese, sia destinato a perdersi nel clima politico che attualmente ci caratterizza: è di quotidiana esperienza che la saldezza di una parte politica raramente si fonda sulla condivisione di obiettivi, politiche e sacrifici, ma piuttosto che la coesione si ottiene di volta in volta configurando pericolose fazioni nemiche che minacciano ora i privati patrimoni (le tasche degli italiani), ora la privacy, ora la libertà e sicurezza personale e, via via, il libero mercato, l'amministrazione della giustizia o la stessa democrazia.
Ci si consenta una breve considerazione conclusiva: i vecchi manuali di economia keynesiana suggerivano, per superare le fasi di depressione, di dare corso a investimenti pubblici in grado di promuovere occupazione e consumi interni, anche a costo di bilanci in deficit e crescita del debito pubblico. Nell'attuale situazione la ricetta non è applicabile perché i deficit e i debiti pubblici sono stati gonfiati oltre ogni limite per il salvataggio degli operatori troppo grandi per fallire (es. Stati Uniti) o per i pluriennali sprechi della pubblica amministrazione (es. Grecia, Italia). Non resta quindi che ridurre la spesa facendo tirare la cinghia alle categorie sulle quali è più facile intervenire (pubblici dipendenti, pensionati) i quali non sembra che abbiano grosse responsabilità circa il manifestarsi della crisi planetaria. I maghi della finanza, dal canto loro, con i soldi ricevuti anziché fornire risorse all'economia reale, scommettono contro gli strumenti con i quali sono stati finanziati.
3 giugno 2010
(1) Relazione 2010 del Governatore della Banca d'Italia
(2) Corriere della Sera del 1º giugno 2010, pag. 10.
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