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3. Scienza e Arte. Diversità e convergenze:
Cervello e anticipazione percettiva

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Maga
EXPLORING FUTURE WITHOUT UNCERTAINTY

 

Il nostro cervello anticipa continuamente il corso futuro degli eventi; tale naturale possibilità serve e garantire una continuità temporale tra passato presente e futuro. Certamente il cervello non è un apparato veggente, cioè  proiettato solo verso il futuro, ma comunque possiede in parte anche queste possibilità. Vediamone scientificamente il perchè! Il bambino appena nato non vede nulla, dato che non ha alcuna possibilità di riconoscimento. Infatti, deve ancora costruire la propria memoria percettiva, ricevendo l’informazione sull’ambiente mediante i sensi che forniscono con continuità le differenze spaziali e le differenze temporali tra stati successivi degli eventi, permettendo la memorizzazione della traccia mnemonica necessaria per attuare il riconoscimento significativo della percezione visiva.
Il riconoscimento mnemonico permette, infatti, di attuare una distinzione tra i singoli eventi percepiti e il flusso continuo di ciò che è percepito attraverso i sensi, permettendo di focalizzare e stabilizzare la percezione delle informazione ricevute dai sensi.
La memoria serve pertanto a dare un senso riconoscibile a un’informazione che di per se stessa non ne ha alcuna, essendo composta solo da una collezione di passate differenze informative recepite per via sensoriale. Tale ragionamento serve a capire che il cervello, utilizzando differenti modalità di integrazione delle aree che memorizzano a breve e lungo termine, compie una duplice funzione attribuibile alla parallela attività dei due emisferi cerebrali.
Infatti, mentre da un lato il cervello tende a compiere  una categorizzazione seriale degli stimoli sensoriali, suddividendoli nella memoria a lungo termine in categorie riconoscibili come sensazioni, dall’altro tende a dare un significato anticipativo all’informazione elaborando (con modalità sinergiche più proprie della memoria a breve termine)  un  pronostico necessario per interpretare la dinamica degli eventi, evitando in tale modo una scissione della coscienza tra passato presente e futuro.
Possiamo avvalorare tale interpretazione della percezione ricordando, ad esempio, il fatto che quando (noi occidentali) andiamo in Cina gli asiatici ci appaiono tutti simili, cosi come per loro sembriamo a prima vista sostanzialmente tutti uguali quando vengono da noi.
Ciò accade perché il cervello nella sua categorizzazione mnemonica tende a costruire un modello dei tratti caratteristici del volto, mediando le informazioni tra tutte le facce note, in modo da poter riconoscere più facilmente le minime differenze tra un volto e un altro.
L’europeo, quindi, costruisce i volti sulla base di un modello, ma se il modello del volto dei cinesi è fortemente diverso, il cervello deve rielaborare una nuova categoria partendo dal mediare i connotati disponibili delle facce visibili nel nuovo ambiente, così da poterne nuovamente apprezzare le minime differenze rispetto al nuovo modello cognitivo e distinguere nuovamente ciascun volto. L’uomo, evidentemente, è più sensibile ai volti umani a partire da quello della mamma, ma un tale andamento del riconoscimento percettivo avviene anche per tutte le altre cose osservabili. Certamente, senza una  contemporanea funzionalità di ricostruzione anticipativa della dinamica degli eventi ci ritroveremmo a vivere in un gap temporale, che viene invece compensato proprio dalla innata capacità intuitiva e immaginativa che si ritiene già sviluppata nella vita intra-uterina e che inoltre, durante la vita, ci disponiamo ad allenare frequentemente sognando.
La storia della scienza è una dimostrazione di come il cervello sappia elaborare l’immaginario percettivo generando logiche interpretative con cui vengono affrontate le problematiche osservate per dimensionare un pronostico  anticipativo degli eventi e, pertanto, per esplorare il futuro Oggi, le neuroscienze cognitive hanno iniziato a comprendere le basi neurologiche per mezzo delle quali il cervello acquisisce una percezione significativa del mondo, generando una percezione visiva che altro non è che lo scenario delle nostre interazioni possibili con l’ambiente in cui viviamo.
In conclusione, oggi ci troviamo a dover  rivedere le concezioni che in passato hanno fatto ritenere che il  vedere con gli occhi avvenisse creando un’immagine impressa direttamente sulla retina, così come fa una macchina fotografica, per poi essere trasmessa memorizzata dal cervello, similmente a quanto avviene nello sviluppo di una pellicola fotografica.
In vero, tale interpretazione è evidentemente ormai obsoleta anche perchè non prende nella benché minima considerazione il fatto che, comunque, alla fine siamo noi a vedere la fotografia. Pertanto, dobbiamo considerare che tale interpretazione delle nostre modalità di vedere è stata basata su un modello meccanico della percezione che è stato concepito con troppa semplicità, proprio in quanto, in realtà, nell'occhio non si rileva alcuna immagine già descritta né come forme e neppure come colori.
La retina è invece un ricettore di un flusso di informazione che viene canalizzato da sistemi a duplice polarizzazione per attuare una doppia analisi significativa nei due emisferi cerebrali del cervello, che nella loro sintesi costruiscono interattivamente il mondo che vediamo, come previsione delle nostre possibili interazioni con l’ambiente.

Sui diversi temi affrontati in questo articolo si può fare riferimento alle seguenti indicazioni sitografiche    libri
  1. Cervello - Informazione –Apprendimento
  2. Il cervello, la percezione, il colore
  3. Immaginario e percezione visiva
  4. Relazioni tra Pensiero e Memorie

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