Che farò senza Euridice?
di Gianni Gandini
Questo racconto è stato stampato in un libretto e ha vinto 250 Euro
in buono acquisto, utilizzabile presso Expert Tigullio di Chiavari
del nostro concorso letterario a partecipazione gratuita: Il dono, una virtù concretaAssociazione culturale Lupo della Steppa
Nanna ni, ninna na corre il fiume e se ne va...
Non c'è linea di confine più intrigante di un pentagramma musicale. E quando una melodia si concentra all'interno di quel limite, nello spazio ben definito di un rigo musicale, c'è in quel semplice succedersi di note qualcosa che risulta magico, misterioso.
L'inizio di tutto è una frase musicale, poche nitide note che Davide mi regala durante la nostra ultima seduta di musicoterapia.È l'ultima nota che mi incuriosisce particolarmente: un fa diesis che pare non c'entrare nulla con il resto del canto.
Davide si ferma lì, tenendo quel fa diesis a corona, aspettando una mia risposta.
Mi chiedo come possa aver memorizzato una melodia simile: una ninna nanna della mamma, un frammento di una canzone ascoltata alla radio? E perché poi quello spigoloso fa diesis sospeso nel vuoto?
Forse non lo saprò mai. Ma so che quella semplice linea melodica ha cambiato il corso delle cose.... passa l'acqua sotto il ponte e lontana è la sua fonte.
Come funziona una seduta di musicoterapia? Che cosa si fa?
Nell'ultima seduta di musicoterapia non ho fatto nulla, ed è forse stata quella più riuscita...
È l'ultimo di una serie di incontri con Davide, un ragazzino fortemente compromesso da un punto di vista motorio ma con alcune capacità relazionali che, purtroppo, non mette in pista nelle sedute di musicoterapia.
È sabato ed ho una fastidiosa sindrome influenzale che mi guasta umore e vigore. Sto girando intorno ad un incrocio da quasi un quarto d'ora, visto il traffico prefestivo e se arrivo ancora in ritardo il direttore mi licenzia.
In vista del Centro la questione parcheggio mi frena ulteriormente e quando arrivo nella stanza di musicoterapia vedo la madre di Davide che si agita con il direttore. Quando mi vede si agita anche con me.
Non riesco nemmeno a cogliere quello che ha da dirmi perché dopo quella corsa, il mio respiro sembra cortissimo e il battito cardiaco si muove a tempo di salsa.
Davide, con la madre, sembra un'altra persona. Ascoltando la voce cantilenata della mamma sembra attivare tutti i canali sensoriali.
Quando la genitrice finisce di inondarmi di parole e se lo prende in braccio, il piccolo si rianima e si attiva ulteriormente roteando buffamente l'unico arto in grado di rispondere ai confusi ordini centrali.
La mamma emette vocalizzi personali all'indirizzo del piccino con il chiaro intento di rassicurarlo del proprio imminente allontanamento. Anche il cucciolo risponde con note in libertà, cosa che succede raramente nella seduta con me.
Non sopporto la mamma di Davide.
In realtà non sopporto nemmeno Davide, il suo assoluto mutismo durante il trattamento e lo scarso entusiasmo con il quale partecipa alle sedute di musicoterapia.
Per Davide, visti gli scarsi risultati, ho parlato diverse volte in equipe per interrompere il trattamento ma tutti hanno sempre spinto perché continuassi fino alla fine delle sedute stabilite.
Anche se si tratta dell'ultima seduta, l'idea di trovarmi tra quelle quattro mura, con tutte le difficoltà di relazione con lui, mi fanno vivere questo ultimo trattamento come un'indigesta fatica.
Finalmente la mamma di Davide si invola verso l'uscita lasciando però il proprio figliuolo con una mimica facciale ed una postura che rivelano la profonda delusione di questa, seppur momentanea, defezione.
Mentre penso sul da farsi e a come riempire dignitosamente questa ora irriempibile, il giovane si rifugia nella solita stereotipia motoria.
Mi siedo svogliatamente al pianoforte e riprendo il ritmo del suo dondolare ma dopo dieci minuti la litania che produco ha il solo effetto di aumentare la mia temperatura corporea.
Mi ingurgito un antipiretico e con l'umore di un fusillo scotto mi alzo e comincio a passeggiare nervosamente da una parte all'altra della stanza.
Dopo qualche minuto mi risiedo sullo sgabello e guardo il piccolo oscillante riempiendomi inevitabilmente di ondeggiante sconforto.
A quel punto, senza il benché minimo senso di colpa, mi giro sulla tastiera e comincio ad improvvisare sul pianoforte, continuando così fino a pochi minuti prima della scadenza dell'orario concordato.
Riguardo l'ometto fluttuante che pare non aver risentito di questo cambio di programma e mi preparo per un uscita immediata sincronizzata con l'arrivo dell' amorevole ciacolatrice.
Mentre mi imbottisco di capi caldi per affrontare l'esterno gelido avverto alle mie spalle un rantolio sonoro, alcune confuse note che rompono il silenzio della stanza.
Temendo per la precaria salute di Davide mi assale l'ansia ma capisco che il piccolo, stranamente posteggiato senza nessun ciondolamento, mi vuole dire qualcosa.
Mi inginocchio al suo cospetto ed attendo il segnale seguente ma passano alcuni minuti e non succede niente. Quando sto per alzarmi pensando ad un falso allarme, Davide mi regala alcune note, nitidamente...La cosa mi blocca dallo stupore e per alcuni istanti non sono in grado di pensare ad una possibile risposta.
Faccio appena in tempo a riprodurle sul pianoforte, per non dimenticarle, che Davide riprende a cantare quelle poche note che richiamano una nenia, una filastrocca.
È l'ultima nota che mi incuriosisce particolarmente: un fa diesis che pare non c'entrare nulla con tutto il resto del canto.
Davide si ferma lì, tenendo questo fa diesis a corona ed aspettando che riproponga la sequenza.
Ma qualcuno bussa alla nostra porta e capisco che la madre ci ha, con la solita precisione oraria, avvisato del proprio arrivo.
In macchina ripenso a quella breve melodia che il piccolo ha tirato fuori dal cilindro. Dove l'avrà presa? Una ninna nanna della mamma, un frammento di una canzone ascoltata alla radio? E perché poi quel fa diesis finale sospeso nel vuoto?Nanna ni, ninna na una canzone vola e va...
Perché questa linea melodica è in grado di turbare i miei sonni?
Questa melodia ha il potere di ricordarmi fisicamente qualcosa o qualcuno del paesaggio della mia infanzia.
Quelle note sembrano sintonizzate con i miei pensieri più segreti e richiamano una percezione originaria, il timbro di una voce, una preghiera a me cara, il calore di un contatto, il profumo di qualcuno che canta.
È vero che il senso della musica è corrispondente ad altri sensi, come un profumo, un colore, un sapore: qualcosa di assolutamente privato che innesca pensieri ed emozioni.
E non c'è ragione di svelarne la struttura, aprire il telo del teatrino e vedere dietro, riportando sul pianoforte quelle poche note di quella canzone.
Suonare la linea melodica di quel canto non mi aiuterebbe certo a capirla.
Ho solo queste poche note dalle quali partire e devo girovagare intorno a questa ninna nanna insensata, a questa cantilena senza apparente significato per cercarne il senso...
Per capire la fine devo partire dall'inizio, devo partire da una ninna nanna....ha il colore delle neve col profumo lieve lieve...
Euridice, morta per il morso di un serpente, viene lasciata andare, a condizione che Orfeo cammini davanti a lei e non si volti a guardarla. Quando però Orfeo non sente più alcun passo si volta per guardare se l'amata lo sta seguendo verso l'esterno, vede l'anima di Euridice sprofondare nell'Ade, questa volta per sempre. Come Orfeo anche il neonato non può portare con lui la persona che ama per sempre, non può portare la madre con sé.
Persa Euridice, nel corso della propria vita il suono permetterà ad ognuno di noi di recuperare il significato che sta al posto dell'unità originaria: il suono, la musica... le perdute braccia materne.
È con il suono, con la musica che tentiamo di recuperare il livello di significato, quello che nella realtà non si può recuperare, il paradiso perduto di quei nove mesi passati nel pancione di nostra madre.
La musica è qualcosa che ci appartiene prima della nostra stessa nascita e, nello stesso tempo, è il contatto con le nostre cose più segrete.
Crea pensiero, ci muove e ci commuove per vie che non hanno nulla a che fare con il linguaggio quotidiano e per ciascuno di noi rappresenta qualcosa di particolare, difficilmente comprensibile.
Noi utilizziamo i suoni al posto delle parole o meglio, utilizziamo i suoni come parole, li rendiamo significanti all'interno di una relazione.
Ma il suono non è traducibile nel linguaggio delle parole. Non lo è, fortunatamente...
La musica non significa nulla in senso linguistico, nella musica non ci sono parole, non si può tradurne il significato in un'altra lingua e più ne parliamo più ci allontaniamo dal senso.
Siamo noi che diamo un senso alle note che ascoltiamo e siamo noi che carichiamo di significato quelle note.
E non c'è musica bella o meno bella, c'è solo musica che diventa un simbolo carico di significati, note e melodie che significano molto per noi, solo per noi.... va lontana nell'azzurro non è un volo ma è un sussurro.
Quella semplice melodia è in grado di riaprire canali di comunicazione in apparenza preclusi ed oggi ho superato un'altra linea di frontiera.
Sono andato a casa di Davide.
Non è mai buona cosa quando un terapista porta fuori dalla stanza la relazione con il paziente, ma io dovevo vedere Davide.
Quando suono il campanello e la madre, aprendo la porta, mi guarda come se fossi un esattore delle tasse, mi prende, per un momento, il desiderio di fare marcia indietro.
Entro in quella modesta casa e quando mi avvicino a quel bambino, seduto goffamente sul divano, mi sento tremendamente in colpa per tutto quello che non sono riuscito a fare prima.
Saluto Davide che si ciondola come al solito ma non ricevo risposta.
Allora mi siedo vicino a lui e gli prendo le mani, non sapendo ancora cosa fare.
Ed è in quel momento che comincio ad intonare quel frammento, la ninna nanna... una, due volte.Il suono della mia voce rimbalza sui muri della loro casa e la melodia che prima si interrompeva dopo qualche nota, continua fino alla fine della sua naturale corsa. C'erano altre note dopo la prima parte della melodia...
Non riesco a fermare quel canto e, a mano a mano che continuo a cantare, il brano si ricompone nella sua totalità.
Io l'avevo già dentro questa musica, era sistemata da qualche parte nel mio magazzino mentale ed in mezzo a tutta la confusione che era la mia vita, l'ho ritrovata.
Era da qualche parte, dimenticata, e Davide me l'ha riportata a galla.
Il bambino che mi ritrovo di fronte si ferma, ascolta attentamente questo canto e alla fine, mi regala un inaspettato sorriso, come per ringraziarmi del regalo ricevuto.
Il canto sembra sfiorare il grande mistero della vita, penso, mentre accarezzo la sua testolina, ringrazio la mamma e ritorno in strada con una sensazione di leggerezza mai provata. Non potrò mai sapere se la musica che ho cantato poteva essere la stessa che voleva cantare lui quel giorno e se una semplice ninna nanna lo abbia aiutato in qualche modo.
Non so nemmeno se quelle note conclusive abbiano avuto significato per lui quanto lo hanno avuto per me.
Perché per me, quel giorno, qualcosa è cambiato.
© Gianni Gandini
Data invio: 13/12/2007Inviate il vostro commento
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