Cartesio numero due

Era un ragazzino piccolo e magro, con una grande voglia di comunicare in tutti i modi possibili, una grande curiosità e una ingenua buona disposizione di fondo verso il prossimo.
Scuola non ne aveva avuta molta: era andato a potare olivi fino dai dieci anni. Olivi d'inverno e pecore d'estate. Ma aveva sempre cercato di leggere tutto quello che gli capitava a tiro: giornali vecchi, istruzioni allegate ai motori delle motoseghe, e controindicazioni sulle scatole delle aspirine.
Parlava in maniera un po' buffa, con frasi dal suono vagamente surreale:
- Occorre espletare la spesa, perché in caso contrario l'apparato digerente va in carenza di carburante.
Poi, come una mazzata, verso i vent'anni lo colpì l'amore.
Fece cose folli per farsi notare dall'eletta del suo cuore. Fu in quel periodo che partorì una lirica degna di Cartesio:

"Dubbi abbiamo
Quindi siamo
Stupidi.
Se non ne avessimo
Forse vivessimo

Meglio."

E a chi gli faceva notare che i verbi zoppicavano un poco, rispondeva con sufficienza: - È una licenza poetica.

Nonostante che venisse regolarmente inondata di bigliettini e di fiori e di quarti d'agnello, l'eletta non sembrava pienamente convinta: - È strano... - diceva diffidente - non mi sembra giusto di cervello.
Fu una piccola eredità che la decise: era morta una lontana cugina del suo spasimante, e aveva lasciato al ragazzo un campicello e una casetta semidiroccata.
- Metto su un gregge per conto mio - le aveva spiegato lui orgoglioso - e potremmo, senza effetti secondari e/o incompatibilità di sorta, convolare a giuste nozze e coronare il nostro sogno d'amore. - Dopo di che la supplicò di concedergli un bacio sul cavo orale, e questo mandò quasi a monte la cosa: - Sono una ragazza per bene, io! - aveva esclamato lei indignata. Poi, ripensando all'eredità, aveva aggiunto con modestia, abbassando gli occhi: - Tutt'al più, se vuoi, posso darti un bacetto sulla bocca.

Il matrimonio fu una sorpresa per entrambi: lei scoprì che quel marito strano era pieno di tenerezze e di ardore, e lui si perdeva nel cristallino e nel cavo orale della giovane moglie, riversando nel condotto auditivo della medesima tutta la solitudine accumulata nei suoi vent'anni affamati.

Eppure, quando si è uomini con un sogno, neanche le condizioni più avverse riescono a spengerne l'esigenza, così, il primo figlio (chiamato sempre e solamente "l'erede"), la necessità di guadagnare, la scarsa e ibrida istruzione, non costituivano che irrilevanti incidenti di percorso, per l'insaziabile voglia di esprimere qualcosa, che lo divorava.
- Signora - diceva alla committente del momento - io, con rispetto, le poto gli olivi, acciocchè la produzione, con le precauzioni e le controindicazioni del caso, possa coronare il suo sogno, ma se lei avesse da disfarsi di una sopraproduzione letteraria, gettando via qualche giornale o qualche libro, io lo raccoglierei e lo considererei una facilitazione al pagamento.
In questo modo si procurò una eterogenea e vasta biblioteca-emeroteca, che spaziava da "Intimità" ad "Harmony", da "Gente" all'inserto del "Corriere della

sera", dalla grammatica latina ad uso della terza media, a "Estate gialla".
La seconda folgorazione della sua vita (la prima era stata sua moglie), la ebbe quando "Un marziano a New York" entrò a far parte della sua collezione di libri. Lo lesse avidamente, alla luce della candela perché la lampadina elettrica teneva sveglio il resto della famiglia, e poi lo rilesse una seconda e una terza volta. E infine, l'abbagliante possibilità di altri soli, lo convinse a COSTRUIRSI UN'ASTRONAVE: i sogni sono fatti di un materiale molto particolare, che si vestano di parole, o di colori, o di note, o di un involucro di ferro, dipende solo dalle circostanze.
Nessuno gli aveva spiegato l'impossibilità pratica di un progetto del genere. La sua cultura era un collage di proverbi e di sforzi sovrumani.Una considerevole fetta di quello che le signore avevano da buttare via, era costituito da libri di lettura per le elementari, e a forza di leggere cose edificanti, lui era convinto che VOLERE È POTERE, che LA BUONA VOLONTA' VIENE SEMPRE PREMIATA, e che, prima o poi LA FORTUNA AIUTA GLI AUDACI.
Mise a parte sua moglie del progetto, e, mentre potava gli olivi e accudiva le pecore, pensava con intensità a

quale principio usare per far volare la sua astronave.
La sera poi, sempre alla luce della candela, scriveva faticosi appunti sulle idee che gli erano venute, e saldava insieme l'ossatura del suo veicolo spaziale.
- Studia un'astronave - diceva sua moglie con signorile noncuranza, quando le domandavano dove fosse rintanato.

In estate, nella villa padronale che sorgeva a un paio di chilometri dalla casetta ereditata dalla cugina, arrivava tutti gli anni un mucchio di allegri e sfaccendati ragazzi, serenamente inconsapevole di pesanti doveri: per loro la parola "problema" significava solo decidere il modo più piacevole di passare la serata.
Press'a poco la stessa età del pensatore di astronavi, ma distanti anni luce dalla sua vita.
I parametri in cui siamo immersi, sono di tipo spaziale, temporale e culturale.
Condividendo lo stesso spazio fisico e lo stesso tempo, era fatale che prima o poi lui e gli altri si incontrassero: - Ehi, guardate che bel mucchio di rami! Senti, tu, ne possiamo prendere un po'? Così stasera accendiamo il camino e arrostiamo le salsicce!
- Prego, signori, si accomodino a prelevare ciò che può

concorrere a produrre energia calorica.
Per un lungo momento la realtà parve fermarsi. Il gruppo dei vacanzieri e l'onesto lavoratore rimasero cortesemente a fissarsi, e poi, irrefrenabile, scoppiò la risata. I ragazzi si allontanarono ululando, e lui li guardò allontanarsi vagamente mortificato, il cuore stretto dalla solita voglia di comunicare e la lingua ingarbugliata da parole che gli altri non capivano mai.

E poi la banda capitò a casa sua a chiedere uova.
- Vado da mio marito che studia astronavi, e gli domando se possiamo privarci del prodotto delle galline - disse la giovane sposa che ormai da sei anni frequentava assiduamente la sintassi maritale, e ci teneva ad essere all'altezza.
- Che diavolo ha detto, che il marito studia astronavi?!
- Eccomi a disposizione di lor Signori, con rispetto parlando, pronto a vendere tuorlo e albume: nulla osta a che Loro usufruiscano delle proteine prodotte da me medesimo, nella persona delle mie galline.
- Introdotte nel cavo orale, sono buonissime - interloquì fiera la signora.

Che strano modo di procedere, a volte, ha la vita: fa

incontrare persone a caso, producendo miscele assolutamente esplosive, e poi assiste con noncuranza alla deflagrazione, e se è distruttiva non ha importanza, tanto il materiale umano è sovrabbondante e spesso intercambiabile.

In questo caso la miscela devastò parecchie vite. Ed ecco come andò: i ragazzi decisero di fare uno scherzo a quel loro coetaneo così buffo, e passarono un certo tempo a familiarizzare con lui, al solo scopo di estorcergli informazioni sull'astronave, e perfezionare la burla.
- Gli rivendiamo quel cavolo di motorino che sembrava un jet al decollo, e gli facciamo credere che con la miscela adatta, può sollevare nello spazio quella specie di Nautilus che si è costruito.

Ma il coetaneo buffo non era così facile da imbrogliare: era solo accecato dal suo sogno, non era uno stupido. E la faccenda risultò un poco più complicata del previsto.

Lavorarono tutta l'estate, chiusi dentro il capannone delle pecore.

- Quasi mi dispiace che non voli davvero... - la frase sfuggì a uno dei ragazzi, una volta, al termine di una giornata particolarmente ricca di spensierate risate e di lavoro in comune: anche il coetaneo buffo si era prodotto in uno smemorato, felice sorriso, contemplando la sua creatura in crescita.
- Volerà - aveva risposto - ho una formula segreta che, senza controindicazioni e/o effetti secondari di sorta, coronerà il nostro sogno in modo totalmente efficace. - e poi, fiducioso, aveva declamato agli amici la sua prima lirica, quella dei dubbi, che aveva scritto a vent疎nni.
- Ti chiameremo Cartesio - avevano decretato loro solennemente, cercando di non ridere. E lui, dignitoso come sempre, aveva ringraziato con voce commossa. In un angolo, col ditino in bocca, l薦rede sgranava gli occhi e fissava la ferraglia che andava sottraendo spazio al gregge.
Lo scherzo procedeva spedito verso il suo compimento, sempre più crudele mano a mano che "Cartesio" ci impegnava cuore, tempo, fantasia e denaro. E finalmente, verso la fine di quella bizzarra estate, giunse il momento del collaudo.
Cartesio aveva potato olivi tutto il giorno, ed era stanco morto, ma lo sorreggeva il suo sogno.

I ragazzi avevano preparato una miscela esplosiva che, nelle loro intenzioni, avrebbe dovuto completare l'illusione del decollo, e avevano imbracato l'"astronave" con funi da roccia, per trascinarla una volta che Cartesio si fosse imbarcato.

Con ogni probabilità, era una gigantesca e stupida illusione, quella che occupava il capanno delle pecore, e questo non la differenziava dalla maggior parte delle produzioni umane; e naturalmente, come la maggior parte delle produzioni umane, stava per esplodere.

- Sarei lieto se tu e l'Erede fosse presenti al momento più alto della mia vita - sussurrò teneramente Cartesio alla moglie.
Il piccolino aveva sonno, solo per questo rimase nel suo lettino. La moglie invece si avviò cautamente verso il capanno delle pecore, e arrivò giusto in tempo per ricevere sulla spalla un pezzo di lamiera squarciata.
Qualcosa, nella formula segreta di Cartesio, aveva funzionato davvero, ma la miscela esplosiva preparata dai ragazzi aveva interagito con quel qualcosa, e aveva ucciso Cartesio, distruggendo la sua astronave.

La banda rimase sotto choc per tutto il mese dell'inchiesta e del processo, e lei custodì nella memoria per sempre, con disperato amore, le ultime, smozzicate parole di Cartesio, che chiedevano con una specie di sorriso storto e vittorioso, un bacio sul cavo orale.

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Titolo: Cartesio numero due
Autore: Daniela Piegai
Inviate il vostro commentoInvio: 14/10/2008
Copyright: © Daniela Piegai