Museo

Questa storia segna l'apoteosi della lotta in corso contro i miei personaggi, anche se lo spunto è del tutto reale. Dal ritorno da Pietroburgo, il mio collega Mirko ha cominciato a parlarci della casa-museo di Aleksandr Pushkin che aveva visitato.
Ecco che per scherzo, butto giù qualche pagina, ma questa volta il protagonista Mirko esiste, e la battaglia con i personaggi che combatto durante le stesure delle mie storie, diventa reale.
A nulla sono valse le mie assicurazioni a Mirko. Nonostante gli abbia spiegato che posso anche ammettere la sua esistenza in questo mondo, ma non certo quella nel mio universo narrativo, lui mi ha martellato di consigli e E-mail in favore del protagonista.
Per quei pochi che fossero realmente interessati all'argomento, ricordo che Pushkin morì nel 1837 nella casa che si trova vicino al fiume Moyka. La morte violenta fu causata da un duello contro il Barone d'Anthes, a causa di alcuni apprezzamenti troppo espliciti che questo fece su Natalia, moglie dello scrittore.
La mia fonte non ufficiale, (Mirko appunto) sostiene che Natalia avesse avuto rapporti con mezza città e che il buon Pushkin lo sapesse benissimo. Strano che lui abbia deciso di sfidare a duello proprio il barone, che con la spada era imbattibile.
Comunque completò il racconto della visita all'appartamento, la scoperta che si devono strusciare i piedi sulle pattine per non rovinare il parquet e la consegna di una cassetta audio, che spiegava in italiano e con voce femminile dall'accento russo, che cosa bisognava guardare e come muoversi tra le stanze.
Se capitate da quelle parti, non mancate di scattare una foto al panciotto che indossava lo scrittore il giorno della morte e alla ciocca dei suoi capelli.
Il delirio diventa completo, quando il personaggio e l'autore si parlano usando le note alla fine della storia.


Tag: #scrivere, #museo

autore nella sua futura casa-museo

da un'ossessione di Mirko Montaldo

 

Conosco persone che scrivono per la fama, altre per denaro. Io scrivo per un motivo più nobile.

«Mirko.»
«Sì?» rispose posando la penna sul quaderno.
Si alzò, ma lo sguardo rimase fisso, doveva ricordarsi di cambiare la penna, era un ottimo strumento di scrittura, ma non l'ideale per il fine ultimo, quello fondamentale.
Meccanicamente si rimise a sedere.

Anche i dettagli sono importanti. Ho rinunciato a scrivere al computer: non andava bene. Figuriamoci, già immagino la guida del museo: «La penna usata dall'autore...»
Devo pianificare tutto con precisione.

«Mirko!»
«Arrivo» sbuffò scocciato.
«Che c'è?»
«Prendimi la pentola in alto. Che stavi facendo? Non ti eri mica messo a scrivere? Possibile che non mi aiuti mai?»
Travolto dalle domande, Mirko si limitò a passarle la pentola, senza parlare.
«Che cosa mangiamo stasera?» chiese sua moglie.
«Uova.»
«E poi?»
«Solo uova. Un pasto spartano è più adatto alla mia biografia.»
«Quale biografia? Ora dove vai? Non tornerai a perdere tempo scrivendo?»

Il tavolo è a posto. Di legno, ben laccato. Quando questa casa diventerà un museo, anzi 'Il museo dello scrittore', il tavolo farà la sua figura. Scriverei meglio se lo spostassi sotto la finestra, ma quando entrerà la folla al seguito della guida, voglio che si disponga in cerchio attorno, così ora troneggia al centro della stanza.

Manca solo una penna adatta.
Mirko frugò tutta Genova. All'inizio si rivolse agli antiquari, ma poi scartò l'idea: non poteva usare una penna che fosse già antica ai suoi tempi.
La trovò per caso, in mezzo ai sigari di un tabaccaio. Una bella stilografica. Costava molto, ma ne valeva la pena.

La commessa si stupì. I clienti, di solito, provavano a scrivere qualche riga prima dell'acquisto. Mirko no. La posò sul bancone, fece due passi indietro e la osservò per un paio di minuti.
«Scrive bene...» azzardò la ragazza.

Lui non rispose subito. Pensò alla penna che aveva usato al liceo. Scriveva benissimo, e proprio per questo aveva deciso di non usarla più, per non sprecarla, ma l'inchiostro si era seccato prima che accadesse qualcosa di importante nella sua vita. L'aveva gettata via con disgusto. Non voleva più oggetti utili: cercava solo quelli belli.

«Ha un quaderno?»
«A righe o a quadretti?»
«A righe. Lo apra e ci appoggi sopra la penna.»
La ragazza eseguì, perplessa.
«Bene! Benissimo. La compro.»
«Il quaderno?»
«No, la penna.»

Ora scrivo male. Sono mancino e spesso sporco il foglio con l'inchiostro della stilografica. Questo non è un problema, posso sempre riscrivere su un altro foglio, ma Valentina s'infuria quando vede i polsini delle camicie macchiati..

Mirko lavorava come redattore di manuali tecnici, la più infima forma di letteratura. Alla prima pausa caffè, confidò il suo progetto a un collega.
Igor lo guardò perplesso. «Quanto farai pagare d'ingresso?»
La domanda era lecita. Mirko non ci aveva pensato.
«Giusto... bisognerà fissare una quota.»
«Anche per coprire le spese di gestione del museo. Almeno all'inizio, le istituzioni non ci metteranno un centesimo.»
«Perché no?»
«Ovvio. In Italia funziona così: il governo interviene solo quando le opere d'arte stanno per essere distrutte dall'incuria. Solo allora stanzia una valanga di fondi per restaurarle.»
«Dici di fissare un prezzo popolare?»
«No. Penserebbero che lo scrittore non fosse importante.»
«Un prezzo alto, allora?»
«Nemmeno. Se il museo andasse a gonfie vele, lo Stato non si accorgerebbe della sua importanza storica e culturale.»
«Dobbiamo pensarci bene.»
«Già. La pianificazione è essenziale.»
Una collega li guardò, sconcertata dai loro discorsi assurdi. – Lei rimarrà solo un banale redattore – pensò Mirko.

Ancora dettagli che avevo ingenuamente trascurato. Devo usare materiali che sfiorino il degrado, ma che possano essere salvati da un restauro.

Con quel paragrafo, era arrivato alla fine del foglio. Usava pagine ampie, formato A3, perché gli piaceva poterle arrotolare e conservarle in un angolo dentro un portaombrelli comprato apposta.
Purtroppo non poteva riporre tutto lì. Doveva trovare un contenitore adeguato.
Tornare dagli antiquari della città era rischioso: ormai lo riconoscevano e lo avrebbero cacciato a male parole. La gente comune intuisce quando qualcuno lavora per un grande ideale, e forse per invidia, lo ostacola.
Non gli restava che la grande distribuzione. Scartò subito i mobili in stile scandinavo. Alcuni gli piacevano, ma non si adattavano al museo di una città mediterranea.
Vagò assorto nella sua idea per centri commerciali e grandi magazzini. Quando ormai stava per desistere, quasi tentato di affrontare di nuovo gli antiquari, la vide.
Una piccola cassapanca, alta circa cinquanta centimetri, di legno, con rinforzi in bambù rossiccio sui bordi. Perfetta.
La comprò senza esitazioni.

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Rilesse ad alta voce l'ultima frase scritta. Sì, suonava proprio bene. Il suono era importante perché la guida avrebbe declinato i versi al pubblico pagante.

S'immaginava i turisti che strusciavano i piedi con le pattine, per non rovinare i pavimenti dell'appartamento-museo, ascoltare la dolce voce femminile della guida:

Adesso che il fumo ha smesso di salire al cielo, possiamo pensare al momento in cui la brace esiste come tale: tra la fiamma e la cenere, un attimo prima di spegnersi.
Lo scrittore forgiò questa splendida frase nel novembre del 2004.»

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«Che aspetto avrà la guida?» Chiese il giorno dopo Igor.
«Non lo so ancora esattamente.»
«Come sarà vestita, con una minigonna?»
«Assolutamente no! L'abbigliamento dovrà essere consono all'ambiente austero. Una lunga gonna di panno, che lambisce delicatamente il pavimento dove il poeta ha camminato.»

Mirko s'impegnò, e terminò presto di arredare la 'Stanza dello scrittore'. Tutto era pronto: luci, cassapanca, sedia, tavolo. Sopra al tavolo, un quadernone con la penna appoggiata sopra. In un angolo, il porta-ombrelli con i fogli A3 arrotolati.
Tutto perfetto già da una settimana, ma che cosa mancava per rendere operativo il progetto?
Perché il museo non era funzionante?

Mirko pensò a lungo, forse lo sapeva, ma ci vollero alcuni giorni prima di ammetterlo.
Non esistono case-museo di scrittori viventi, perché quelli ancora vivi, hanno la tendenza ad abitare nella loro casa.

Il concetto era chiaro, la mattina dopo si confidò con Igor solo perché lui gli aveva chiesto come stesse procedendo il progetto.
«Sono condannato alla pena di Mosè.»
«Che cosa intendi dire?» chiese Igor.
«Mosè si è sbattuto tanto per guidare il suo popolo alla terra promessa, ma lui riuscì solo a vederla da lontano. Il Signore era stato chiaro, finché lui rimaneva in vita, gli ebrei non avrebbero messo piede in Palestina.»
«Quindi devi morire per far diventare un museo la tua casa?»
«Sì, non vedo altra soluzione.»

Igor sospirò, consapevole dell'assurdità della situazione. «Mirko, stai esagerando! Ci deve essere un'altra soluzione.»
«No, preferisco morire.» Mirko incrociò le braccia, ostinato. «è l'unico modo per garantire l'autenticità del museo. La mia vita è un'opera d'arte incompiuta, e solo la mia morte potrà darle il compimento che merita.»

Igor lo osservò, impotente. Sapeva che Mirko era capace di tutto, che la sua ossessione per la perfezione lo avrebbe spinto a compiere l'atto estremo. «E se... e se inscenassimo la tua morte?» propose, con un filo di voce. «Potremmo far credere a tutti che sei morto, ma in realtà saresti ancora vivo, nascosto da qualche parte.»
«Nascosto? Nascosto dove?»
«Dove vuoi, stai via per un po'. Sempre meglio che morire no?»
Mirko si voltò, un lampo di interesse negli occhi. «Inscenare la mia morte...» mormorò, assaporando l'idea. «Sarebbe un'opera d'arte nella sua forma più pura. Un'illusione perfetta, un inganno sublime.»
«Esattamente!» esclamò Igor, sollevato. «Potremmo organizzare un finto funerale, spargere voci sulla tua scomparsa. Sarebbe il colpo di scena perfetto per il tuo museo.»
«Già il museo. Chi si prenderebbe cura del muso?»
«Me ne occupo io. Potrai tornare quando il museo avrà ingranato, anzi, potremo organizzare un rientro in grande stile dello scrittore scomparso.»
Mirko sorrise, un sorriso enigmatico che fece rabbrividire Igor. «Ottimo,» sussurrò, «un'opera d'arte nella morte, e una rinascita nell'anonimato. Il mio capolavoro finale.»
Igor annuì, ma un dubbio gli attraversò la mente. Se, una volta svanito, Mirko non fosse più ritornato? Se il genio avesse deciso di vivere per sempre nella sua stessa illusione? Non poté fare a meno di chiedersi chi guidasse davvero quella messinscena: loro o l'opera stessa?

Fine... o solo un nuovo inizio?

 

 

Nota del personaggio

Il personaggio tende a precisare che la sua mancanza di identità è dovuta più ad eccessiva potenzialità che a effettivo timore di rinunciare a qualsivoglia esperienza umana.
Talora conia brillanti allegorie con l'intento di influenzare la propria immagine agli occhi del biografo. Un esempio che il personaggio amerebbe sapere riprodotto in terza di copertina.

Il vero esploratore è colui che cerca di riconoscere ciò che non ha mai visto.
(Lo scrittore forgiò questa splendida frase nel novembre del 2004.)

 

 

Nota dell'autore

Non sono mai stato un dio nei confronti delle mie storie. Più che altro un demiurgo, che ben lontano dall'onnipotenza, si lascia influenzare da ciò che crea, ma questo racconto è degenerato.
Il personaggio ha preso il sopravvento. La sua ossessione per l'arte e l'immortalità lo ha portato a concepire un piano diabolico, una messa in scena che confonde i confini tra realtà e finzione.
C'è un paradosso: se l'artista scompare, l'arte sopravvive? oppure svanendo, diventa lui stesso la sua più grande creazione?

Mirko mi ha assillato con richieste ed eMail come la 'Nota del personaggio' riportata sopra. Vuole vivere, pretende uno spessore psicologico, non si rassegna ad esistere solo nella mia mente.

Diversi autori si sono dati all'alcool, hanno distrutto la propria vita. Forse lo hanno fatto quando i personaggi si sono ribellati, hanno preteso che l'autore considerasse il loro punto di vista, come sta capitando a me.

Inutili le spiegazioni: «è un racconto. C'è solo spazio per descrivere un fatto. Per accontentarti dovrei scrivere un libro.»
«Allora scrivilo!»
«Forse la trama evolverà in un lungo romanzo, per ora accontentati di questo.»

Forse la vera arte è quella che sfida i limiti della realtà, che ci costringe a mettere in discussione ciò che crediamo di sapere e forse, in questo gioco di specchi tra vita e finzione, il personaggio è riuscito a superare l'autore, a diventare più reale della sua stessa creazione.

Emanuele Cassani

 

 
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