4 Altrove e dintorni
L'arte di correre
articolo di Emanuela D'Alessio

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Murakami L'arte di correre
Murakami Haruki
Anno 2009
Pagine 156

L'arte di correre non è una biografia né un saggio, come ci spiega lo stesso autore, il giapponese Haruki Murakami, ma semplicemente un libro di memorie. Si tratta, infatti, di brani di vita vissuta, scritti tra l'estate 2005 e l'autunno 2006, attraverso i quali ci si affaccia, saltellando, addirittura correndo, sulla variegata personalità di questo scrittore cinquantenne con due grandi passioni: la corsa e la scrittura.
Può sorgere il dubbio che tra maratoneta e scrittore non possano esistere particolari affinità. Ma Murakami, nato a Tokio nel 1949, ci dimostra con la sua testimonianza diretta come, al contrario, queste due attività apparentemente incompatibili presentino, invece, sostanziali similitudini.
Correre per la strada ogni mattina – ci dice Haruki – mi ha insegnato molto riguardo alla scrittura.
Nella corsa, come nella scrittura, non c'è vittoria né sconfitta. Scrivere un libro è un po' come correre una maratona, la motivazione è della stessa natura, esiste uno stimolo interiore silenzioso che non cerca conferma in un giudizio esterno.
E di maratone Murakami ne ha corse molte (così come ha scritto numerosi libri), quasi una ogni anno a partire dal 1983, quando, dopo aver deciso di dedicarsi esclusivamente alla scrittura, chiuse il pub che gestiva a Tokio e si trasferì in campagna a Narashino, nella prefettura di Chiba. Nello stesso periodo decise anche di diventare un maratoneta.
Sono lunghe e dettagliate le descrizioni dei suoi allenamenti, delle sensazioni meramente fisiche, ma anche esistenziali, provate di volta in volta, di come il suo corpo abbia subito lenti ma inesorabili mutamenti, assumendo le caratteristiche muscolari e acquisendo la vigoria tipica di un maratoneta.
Allora, ci verrebbe da dire, siamo di fronte soltanto ad un testo sulla corsa a piedi. Ma sarebbe riduttivo definirlo tale, perché in realtà è un testo colmo di riflessioni, senz'altro personali ma che si rivelano intuizioni estetiche sul significato dell'esistenza e anche dello scrivere.
L'allenamento muscolare cui Murakami si è sottoposto per 25 anni, con ostinata determinazione, è molto simile, ci assicura, a quello necessario per la scrittura.
Per diventare uno scrittore professionista, sono indispensabili il talento (che però viene fuori quando gli va); quindi la capacità di concentrazione, cioè la facoltà intellettuale di riversare tutto il talento, intensificandolo, su un solo obiettivo; infine la perseveranza, concentrarsi giorno dopo giorno, per sei mesi, uno o due anni di fila. Questo percorso è simile all'allenamento muscolare, bisogna inviare di continuo il messaggio che ci è necessario scrivere senza interruzioni, giorno dopo giorno. Soltanto così si può ambire ad un prodotto di qualità, così come a completare una maratona con dignità.
Nelle pagine che scorrono fluide, sebbene al di fuori di una successione temporale e spaziale, costellate anche da sfumature poetiche di straordinaria intensità, si colgono molti altri aspetti della personalità dello scrittore, uomo che predilige la solitudine e il silenzio, pur apprendendo e apprezzando i benefici della socialità. Un uomo individualista, testardo, poco cooperativo, a volte arbitrario e capriccioso, eppure capace di dubitare di sé e sempre pronto a trovare un elemento comico anche nella propria sofferenza,
La sua vita si è dipanata, fino ad oggi, in un costante movimento, dal Giappone all'America, all'Europa, per motivi di lavoro (ha tenuto corsi a Harvard, a Cambridge, è vissuto anche in Italia) sia per partecipare alle innumerevoli maratone. E dal silenzio nel quale si avvolge ogni volta che scende in strada emerge un'insospettabile passione per la musica. Mentre corre ascolta quasi sempre musica rock, il ritmo che più si addice alla corsa. Il vecchio rock dei Red Hot Chili Peppers, dei Beck, dei Creedence Clearwater Revival, dei Beach Boys, di Eric Clapton. Possiede una quantità infinita di LP e CD e continua ad acquistarne, al punto da potersi definire un "fanatico".
Intanto trascorrono le stagioni e ogni anno che passa scrive un nuovo libro. Affronta i compiti che ha davanti e li porta a compimento fino all'esaurimento delle forze, concentra la sua attenzione su ogni singolo passo ma al tempo stesso cerca di avere una visione globale. Ciò che conta per il corridore che è in lui, è tagliare un traguardo dopo l'altro con le sue gambe, usare tutte le forze che ha, sopportare tutto ciò che deve e, alla fine, essere contento di sé.
E, a ben vedere, non dovrebbe essere questa l'aspirazione di ciascuno per offrire un senso alla propria esistenza?

Gennaio 2010

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