15 Cultura & Società
Il padre
articolo di Giovanna Corchia

Strindberg    August Strindberg
Il padre
Editore Adelphi
Anno 1978
156 pagine

"Non ho il pensiero più acuto, ma il fuoco e il mio fuoco è il più bruciante di tutta la Svezia".
Parole del giovane Strindberg, uno spirito tra i più esagitati e tumultuanti che abbia suscitato l'Europa: angoscia, crisi morali, travaglio interiore che lo sospinge verso la rivolta alle categorie tradizionali, ma anche sintomo acuto di decadenza, di esaurimento non privi di una volontà accesa di superamento della crisi.
Figlio indesiderato, nato da una sorta di mésalliance, una relazione tra un piccolo commerciante e la sua serva, è sottoposto a coercizioni, ristrettezze, ingiustizie. Si spiega così il titolo provocatorio, costituito da un'iperbole, dato alla propria autobiografia: Il figlio della serva (1886), documento di primo piano per avvicinarsi a Strindberg.
Compì studi universitari interrotti per ristrettezze economiche. Provò diversi mestieri: insegnante in una scuola privata, precettore presso diverse famiglie, solitario telegrafista su un'isola...
Nel 1874 ottenne un impiego presso la Biblioteca Reale di Stoccolma, occasione per avvicinarsi ai circoli intellettuali, descritti con piglio naturalistico, secondo la sua nuova ispirazione letteraria, nel romanzo La camera rossa (1879), una satira incondizionata della società svedese. Quello che descrive è un mondo senza scopo, dai gesti e dai movimenti gratuiti .
In lui si mescolano un orgoglio smisurato e un'acuta misoginia. Il suo primo dramma ha per titolo Il libero pensatore (1867), scritto a 20 anni.
Vita matrimoniale fallimentare che spiega l'insofferenza manifesta per il mondo femminile e lo spazio che la lotta dei sessi ha nelle sue opere. La sua misoginia irrompe violenta nei racconti Sposi I e Sposi II e ancora nella vicenda inquietante dell'autobiografico Apologia di un pazzo, in cui la figura femminile principale viene descritta come un mostro, un vampiro, in grado di annichilire la volontà maschile. È questo anche il caso delle maggiori opere teatrali : Il padre (1887), Camerati (1888), La signorina Giulia (1888), Il creditore (1889).
A proposito del dramma Il padre così scrive in una lettera agli editori: "Questa commedia realizza il dramma moderno, e in tale sua qualità ha qualcosa di molto originale perché la lotta si dibatte tra le anime, nasce la lotta dei cervelli, non più la tenzone a colpi di pugnale o l'avvelenamento...I francesi di oggi cercano ancora la formula, ma io l'ho trovata".
Nel teatro di Strindberg è forte il legame con il pubblico: lo spettatore è costretto a rivivere il processo dialettico che si agita sulla scena, ne è disturbato, scosso, spinto a porsi domande.

Il padre (1887)

Il dramma risente dell'ossessione di Strindberg per la sospetta infedeltà della moglie.
Temi: lotta spietata dei sessi, ma lotta di cervelli, donna come vampiro. L'opera è considerata un capolavoro del teatro naturalistico, naturalismo alla Zola; ma, in realtà, il naturalismo di Strindberg ha ben poco da spartire con quello di Zola, affonda infatti, dolorosamente, i suoi artigli nella psiche dello scrittore per cercare le cause profonde, oscure della sua infelicità, le tare, le nevrosi che lo tormentano.
Zola, al quale lo scrittore ha inviato il testo, scrive un giudizio positivo sull'audace filosofia che ispira il dramma: Laura, il personaggio femminile, è la donna presentata in tutto il suo orgoglio, incoscienza, mistero delle sue qualità e difetti. Zola trova però un limite nella presenza di alcuni personaggi non ben definiti, che hanno soltanto una spiegazione razionale, senza contribuire a sottolineare la realtà ...

Personaggi
IL CAPITANO
LAURA, sua moglie
BERTA, loro figlia
IL DOTTOR ÖSTERMARK
IL PASTORE
LA BALIA
NÖJD
L'ATTENDENTE

ATTO PRIMO

Stanza di soggiorno in casa del capitano
Il capitano desidera che il cognato, nella sua veste di pastore, convinca il soldato Nöjd a sposare la serva Emma che ha messo incinta. Chiamato al loro cospetto il soldato rifiuta il matrimonio riparatore, sostenendo che la paternità non è mai certa – Nöjd è forse uno dei personaggi che Zola considerava non scavati in profondità.
Il capitano passa poi a parlare di un problema oggetto di duro scontro con Laura, la moglie: l'educazione di Berta, la figlia. Impossibile far valere la sua volontà in una casa in cui troppe donne comandano, come in una gabbia di tigri.
Laura vorrebbe fare di Berta un'artista, mentre lui pensa che sia opportuno che compia studi per un diploma di maestra: potrebbe mantenersi da sé o, in caso di matrimonio, i suoi studi sarebbero molto utili per l'educazione dei figli.
Si è in attesa del nuovo dottore; il capitano pensa di potersene fare un alleato.
Nella prima scena in cui il capitano e la moglie si fronteggiano si assiste a uno scontro astioso con rimproveri reciproci: non è che la conseguenza della forte diffidenza dell'uno per l'altra, di una divergenza su tutto, impossibile da colmare.
Riprendo alcuni passaggi illuminanti sul matrimonio, è il capitano che parla: nel momento in cui una donna si è sposata "ha venduto il suo diritto di primogenitura con transazione legale ed ha rinunciato a tutti i diritti, in cambio dei quali il marito si impegna a mantenere lei e i figli" e ancora "quando si è venduta una merce, non la si può riavere trattenendosi il denaro".
A ricevere il nuovo dottore è Laura che vuole subito raggiungere lo scopo architettato: dichiarare il marito malato di mente. Il medico l'ascolta incredulo, suggerendole inoltre prudenza per non suscitare sospetti nel malato.
Solo con il capitano, il dottore non coglie alcun segno di fragilità mentale. Vi è solo un momento di forte irritazione del capitano per le esitazioni del medico nella scelta della migliore sistemazione in quella casa.
Arriva la vecchia balia, la sola donna della casa in cui il capitano ripone piena fiducia; però al solo tentativo di suscitare una maggiore comprensione del capitano nei confronti della moglie si assiste ad un'esplosione di collera repressa. Al giudizio della balia sull'impossibilità che il padrone cambi, in assenza di fede, vi è un crescendo di violenza verbale: "Con quale orgoglio parli, umile cuore! So bene che la sapienza non serve a nulla con animali come voi!"
Nella casa è presente anche la nonna paterna che crede negli spiriti ed ha una strana influenza sulla nipote, provocandole ansia, timore...
In una scena in cui la famiglia è al completo, Laura vorrebbe che il marito chiedesse il parere della figlia sulle scelte future, ottenendone un rifiuto categorico, perché un'adolescente non è in grado di scegliere bene. Inoltre donne e bambini non hanno nessun potere per usurpare i diritti di un padre.
Allontanatasi Berta, su ordine del padre, Laura insiste perché anche a lei, la madre, sia lasciata la scelta sul futuro della figlia e, poi, riprendendo un'affermazione del marito a proposito della paternità del soldato Nöjd, così si esprime: "Nella legge non c'è scritto chi sia il padre del bambino...C'è gente assennata che dice che una simile cosa non si può mai accertare", poi aggiunge: "Tu non sai se sei il padre di Berta! "
Questa terribile affermazione è, al momento, respinta ma sarà una ferita che apparirà in tutta la sua gravità nella continuazione del dramma.

ATTO SECONDO

Laura mette al corrente il dottore della strana idea che tormenta il marito; aggiunge che non è la prima volta che nutre un rovello simile, ma, in un momento di lucidità, le aveva scritto una lettera in cui allontanava simili sospetti e si preoccupava del suo stesso stato di salute mentale. (Si tratta di pure invenzioni di Laura per poter dare forza al suo progetto: convincere il dottore della malattia del marito, farsene così un alleato).
Il capitano che si era allontanato in preda all'angoscia sulla sua paternità, rientra e, alla vecchia balia che lo aspetta, chiede se è proprio sicura della paternità di suo figlio e poi aggiunge se non è così manifesta la somiglianza tra lui e Berta. Ma, la somiglianza non può essere una prova certa della paternità. Il dottore sottolinea la morbosità delle affermazioni del capitano che ritiene le donne dotate di "disonestà naturale, anche se a volte inconscia". Si assiste a un nuovo scontro tra Laura e il marito, ad una vera e propria lotta di cervelli.
È un momento centrale del dramma; di lucida follia in cui ogni parola, ogni pausa merita di essere scavata.
Il capitano e Laura sono soli. Le accuse reciproche sono impietose. Il capitano sa ora che la moglie ha trattenuto la sua corrispondenza impedendogli così di portare a termine i suoi studi. Anche il capitano, però, ha fatto altrettanto delle lettere della moglie, lettere agli amici in cui lei sottolineava la sua follia. In questo suo disegno è riuscita ad ottenere ascolto. Si arriva ben presto al punto cruciale: chi è il padre di Berta? Se Laura non confessa, il capitano minaccia di togliersi la vita e ciò non la favorirà nei suoi piani. Deve sapere chi è veramente il padre di Berta, saperlo lo libererebbe dal lasciarsi andare in un abisso di follia. Il dilemma di Laura è senza via di uscita: se confermasse che è il marito il padre, non sarebbe creduta, impossibile avere la certezza di una simile affermazione, ora che si è insinuato il sospetto; se dicesse il contrario, il marito considererebbe questa la verità, perché è quello che vuole sentirsi dire: il contrario sarebbe pura menzogna. Quello che si agita in entrambi è difficilmente leggibile: per un padre riconoscersi nella figlia è come credere in una continuazione della vita, in una sconfitta della morte, al di là di qualsiasi credenza religiosa di cui si sente libero. Per quanto Laura possa confermargli che è proprio lui il padre, anche sotto giuramento, non sarebbe creduta anche perché ha appena detto che una madre "può e deve commettere qualsiasi delitto" per il bene della propria creatura. La tensione è così alta che il capitano piange, suscitando la compassione di Laura, non più moglie ma madre preoccupata per la fragilità del figlio. La situazione le ricorda che è stato questo il sentimento provato inizialmente per il marito, un uomo dall'aspetto sano e forte, ma, in realtà, così debole. Quando da bambino si trasformava in amante questo scatenava in lei, dopo un momento di attrazione, una sensazione di rifiuto, di orrore. Laura aggiunge che l'amore tra i sessi è pura lotta. Da parte sua il capitano sottolinea il lungo periodo di sottomissione alle arti femminili di seduzione; ora, invece, si è improvvisamente svegliato nella consapevolezza del disonore subito. Un pensiero espresso sulle donne: quando hanno superato il periodo della seduzione finiscono con il prendere in mano la situazione come se fossero loro a portare la barba, mentre l'uomo, persa la virilità, si trova senza alcun potere, tra le rovine. Laura ricorrerà alla richiesta di interdizione e ciò spinge il capitano a scagliarle contro il lume.

ATTO TERZO

Al capitano sono state tolte le chiavi e tutte le sue armi sono state scaricate. Al fratello pastore, che è appena arrivato, Laura dice di essere sconvolta dalla violenza del marito, suscitando una certa ironia nel fratello, perché l'aspetto smentisce le sue parole, anzi per lui Laura è stata molto abile nel tessere la sua tela, preparando "un piccolo innocente assassinio che la legge non può punire, un delitto inconsapevole".
Il dottore, il pastore e Laura discutono sulle decisioni da prendere: denunciarlo per la violenza contro la moglie per arrivare ad una condanna o dichiararlo malato di mente per farlo internare. Segue la discussione su chi dovrà mettergli la camicia di forza e si decide che sarà la balia, la sola che possa farlo senza destare sospetti sulle sue intenzioni. Irrompe nella sala il capitano, sfondando le barricate che dovevano impedirgli l'ingresso. Inizia a citare esempi presi dalle sue letture, tutti tesi a confermare i suoi sospetti sulla paternità, sulla fedeltà delle donne, sui raggiri di cui sono capaci. I due esempi più famosi sono quello di Telemaco che non crede alla madre Penelope che afferma che Odisseo è suo padre, il secondo è quello del poeta russo Alessandro Puschkin, morto soprattutto per la sofferenza causatagli dall'infedeltà della moglie oltre che per le ferite riportate in duello. Insinua inoltre dubbi nel pastore e nel dottore, sulla fedeltà delle rispettive consorti. La conclusione a cui arriva il capitano è che sia meglio avere figli adottivi per non essere rosi dai sospetti. Solo con Berta, si mostra indifferente alle domande della figlia sulla consapevolezza del gesto violento conto la madre, ciò colpisce profondamente la ragazza che si allontana gridandogli "Tu non sei mio padre, se parli così". È una scena drammatica, il capitano non riesce più a controllare le sue emozioni, impugna persino una delle sue pistole, in un crescendo di follia, Berta fugge via chiedendo aiuto. Solo la vecchia balia riesce a calmarlo e, senza che se ne renda conto, a fargli indossare la camicia di forza. La follia diventa sempre più violenta, accompagnata da un rifiuto della vita: in realtà si viene al mondo ignorando cosa ci sarà dato; ecco le sue parole: Oh!, se ne avessimo avuto conoscenza fin dal principio!
Invettive continue contro le donne, tutte novelle Onfale pronte a servirsi della forza, dopo aver ridotto i loro Ercole a delle vittime sottomesse alla loro volontà. Tutte le donne sono sue nemiche, in particolare la moglie rimasta attaccata a lui sino al momento in cui non l'ha visto cadere. Laura non può del tutto contraddire il marito, riconosce che può essere stata mossa da un oscuro desiderio di sbarazzarsi di lui; ma, sentendosi a lungo schiacciata, si dice incolpevole di fronte alla sua coscienza. Segue una riflessione del capitano sul profondo cambiamento intervenuto nel matrimonio: Un tempo ci si sposava con una moglie, ora invece si entra in società con una donna d'affari e si va a convivere con un'amica. E poi si imbroglia il socio e si disonora l'amico! Forse non crede neanche lui nella fondatezza dei suoi sospetti, ma preferirebbe che lo fossero, così si sentirebbe più giustificato nel suo profondo malessere. La moglie lo copre perché ha freddo, ma respinge lo scialle: non vuole che una vera armatura per potersi difendere meglio.
Laura gli chiede se vuole vedere la figlia e le sue ultime parole sono: Mia figlia? Un uomo non ha figli; solo le donne possono averne, loro è l'avvenire perché noi uomini moriamo senza figli.
Il dottore tasta il polso del capitano senza però confermare la morte, dice che potrà risvegliarsi ma non può dire come. Entra Berta e si getta nelle braccia della madre che esclama: Figlia mia! Figlia solo mia!.
Il dramma ha termine con un amen pronunciato dal pastore.

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