39 Cultura & Società
De senectute
articolo di Giovanna Corchia

Bobbio De senectute e altri scritti autobiografici
Norberto Bobbio
Einaudi
Anno 2006
Pagine 208

Perché non consigliare la lettura di un libro che ci aiuterà a cogliere il valore della vecchiaia, il senso della vita quando si entra in quella fase? È un libro che può aiutarci a vivere bene la vecchiaia, purché si sia capaci della stessa serenità d'animo di Norberto Bobbio nel raccogliere queste sue riflessioni e scritti diversi sulla vecchiaia.

Premessa

La mia prima lettura del libro De senectute e altri scritti autobiografici di Norberto Bobbio ha avuto come motivazione una curiosità intellettuale, il desiderio di conoscere un po' un autore, filosofo della politica e del diritto, di primo piano. A ciò si è aggiunto un ponte ideale tra lo studioso di Dottrine politiche e i miei ormai lontani studi che, anche se messi da parte per un altro mestiere, l'insegnamento del francese e, in particolare, della Letteratura, non sono mai stati dimenticati e hanno anche determinato alcune scelte da proporre alle mie classi, nei lunghi anni del mio insegnamento.
La mia seconda lettura è di questi ultimi giorni, stimolata dal bisogno di cogliere la forza del messaggio di Bobbio al momento in cui si accinge, si è accinto, a fare un bilancio della sua vita, per poi cercare di trasmetterlo al lettore.

Le parole di Bobbio

A chi un giorno mi chiedeva con quale brano di uno dei miei scritti amerei definirmi, indicai la conclusione della prefazione di Italia civile: «Dall'osservazione dell'irriducibilità delle credenze ultime ho tratto la più grande lezione della mia vita. Ho imparato a rispettare le idee altrui, ad arrestarmi davanti al segreto di ogni coscienza, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare. E poiché sono in vena di confessioni, ne faccio ancora una, forse superflua: detesto i fanatici con tutta l'anima».
Se nella vecchiaia si offrono al lettore tali insegnamenti, allora la vecchiaia è bella, ma lo è tanto più quanto più, durante tutto il percorso della vita, si è cercato di seguirli, pur nella consapevolezza, ben evidente in Bobbio, della separazione tra l'essere e il dover essere, tra mondo dei fatti e mondo dei valori, per cui sottolinea spesso le contraddizioni, gli ossimori presenti in lui come in ciascuno di noi: un esempio: Bobbio si dice illuminista e pessimista al tempo stesso...
Nelle parole di grande saggezza di Bobbio dovremmo cogliere l'importanza della MODERAZIONE, il giusto contrario di FANATISMO, la necessità dell'ASCOLTO, la COMPRENSIONE degli altri, il bisogno di CAPIRE prima di discutere, di condannare. Mi permetto una digressione – ne faccio spesso – : suggerisco la rilettura o la lettura delle tre lezioni di Amos Oz nel saggio Contro il fanatismo.

Oz

Contro gli estremismi, gli integralismi, causa di conflitti senza vie di uscita, Amos Oz, come Bobbio, suggerisce il ricorso al compromesso, parola che nel contesto in cui è usata è sinonimo di capacità di ascolto, di non arroccamento sulle proprie idee, di dialogo, di confronto, di mediazione, in una parola che le raggruppa tutte: di moderazione. "Nel mio mondo, scrive Oz, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte."
La vicinanza tra i due pensatori è nel comune elogio alla vita. Come non fare nostro il loro insegnamento?
Bobbio non ricorre mai a parole intolleranti, salvo quando usa il verbo detestare: «detesto i fanatici con tutta l'anima». Possiamo però chiederci: Si può essere tolleranti con gli intolleranti? Si possono giustificare i fanatici? La risposta è difficile, ma a tutti è richiesta una difficile virtù: essere sempre pronti al dialogo, come c'insegna Bobbio con queste parole:
"Non solo ho fatto l'elogio del dialogo, ma l'ho a lungo praticato. Ho anche fatto esperienza del dialogo fra sordi, del dialogo in malafede, del finto dialogo in cui uno dei due interlocutori, se non tutti e due, sa già in anticipo dove vuole arrivare, fermamente convinto sin dall'inizio che non dovrà retrocedere di un passo dalla posizione iniziale, del dialogo inconcludente, ed è il caso più frequente, in cui alla fine ciascuno resta della propria idea, e si conforta concludendo che il dialogo è stato particolarmente utile perché le idee gli sono diventate più chiare (il che non è sempre vero, spesso è falso). Il dialogo l'ho anche praticato, se non altro perché cedere alla tentazione dello scontro, e talvolta, nonostante i buoni proponimenti ho ceduto, è un atto di debolezza."
In questo elogio del dialogo possiamo trovare una risposta alla domanda iniziale: Si può essere tolleranti con gli intolleranti? Sì, è la risposta, se siamo capaci di dialogo, pur con i limiti e le fragilità che non possiamo non riconoscerci.
Bobbio scrive: "Il fatto di essere relativista non esclude di credere nella propria verità, anche se il relativista si inibisce d'imporla per rispetto della verità altrui", e questa è la principale regola democratica.
Nel descriversi lo scrittore non nasconde i propri limiti passati e presenti: in passato, nei momenti avversi, si abbandonava all'autoflagellazione e all'autodistruzione, per poi giungere, quasi a lenire gli eccessi, all'autocommiserazione, che è anche autogiustificazione. Molti, in realtà, cercano di autogiustificarsi, pochi sono invece capaci di autocritica, senza giustificazione alcuna dei propri errori.
Nello scorrere le pagine del libro ho sottolineato delle riflessioni che lo hanno accompagnato sempre, da giovane e da vecchio, e delle altre che abbracciano in particolare la vecchiaia.
Le prime possono così riassumersi:
1. Il difficile apprendimento dell'arte del vivere, aggravato dalla consapevolezza di non averla mai realmente imparata, nonostante il lungo tirocinio.
2. L'importanza del dubbio, invece di certezze assolute che impediscono la relazione e la relazione è ciò che permette l'esistenza di una comunità, la condivisione e, sul piano sociale, la democrazia.
3. L'importanza del dialogo, il cui "scopo non è dimostrare che sei più bravo, ma o raggiungere un accordo o per lo meno chiarirsi reciprocamente le idee": è insegnarci a scegliere la via della conciliazione e non quella dello scontro.
4. La scelta della moderazione, la mitezza del carattere. Confessa che avrebbe voluto scrivere un trattatello dal titolo "Del mio moderatismo"
5. La curiosità di sapere, fondamentale per un educatore che ha dedicato all'insegnamento tanta parte della sua vita.
Le seconde più propriamente legate alla vecchiaia sottolineano il perdurare di principi e valori che hanno segnato la sua vita ma anche i cambiamenti che il raggiungimento della terza e ultima età hanno portato:
1. Un irrigidimento delle proprie idee e, di conseguenza, una maggiore difficoltà di dialogo.
2. L'innamoramento delle proprie idee e quindi la difficoltà ad aprirsi al nuovo
3. La saggezza che è soprattutto una maggiore consapevolezza dei propri limiti, senza saperli sempre accettare serenamente, perché per accettarli bisogna riconoscerli, darsene una ragione.
4. La curiosità di sapere, ma anche la difficoltà di soddisfarla "non solo per l'affievolirsi delle energie intellettuali, ma anche per gli spazi sconfinati che la mente umana ha conquistato e continua a conquistare con rapidità vertiginosa".
5. La tendenza a parlare di sé, un vezzo della tarda età.
6. La tendenza a ripetersi.
7. La vecchiaia come età della riflessione, dei bilanci.
Bobbio non cerca di nascondere le sue fragilità, quelle proprie della vecchiaia, nella sua scrittura si nota sincerità senza reticenze... E questo non è facile, considerata la tendenza diffusa ad autogiustificarsi.
Nelle contraddizioni che lo caratterizzano riprendo il pessimismo, che Bobbio spiega così: essere pessimista è una forma di razionalità di fronte all'impossibilità di trovare risposte alle domande: Dove va il mondo? Come va il mondo?

La vecchiaia e la morte

Innanzitutto riprendo una frase che mi ha fatto riflettere a lungo:
"La morte presa sul serio è la fine della vita, la fine ultima, una fine oltre la quale non c'è un nuovo principio", Bobbio, un non credente, dice di avere solo frammenti di conoscenza di un solo mondo, questo. Non credere in una seconda vita non è per lui un'affermazione perentoria, vuol solo dire che gli sono sembrate più ragionevoli le ragioni del dubbio che non quelle della certezza. Però aggiunge: "Rispetta la vita chi rispetta la morte. Prende sul serio la morte chi prende sul serio la vita, quella vita, la mia vita, l'unica vita che mi è stata concessa, anche se non so da chi e ignoro perché. Prendere sul serio la vita vuol dire accettare fermamente, rigorosamente, il più serenamente possibile, la sua finitezza. Vuol dire sapere con certezza, con certezza assoluta, che devi morire, che questa vita è interamente dentro il tempo, entro il quale tutte le cose che esistono sono destinate a morire, in nessuna delle sue parti, fuori dal tempo."
Ma cosa significa prendere sul serio la vita, imparare l'arte del vivere? Forse, imparare a non sprecarla:
"Ne gaspille pas le temps, c'est l'étoffe dont la vie est faite"
"Non sprecare il tempo, è la stoffa di cui è fatta la vita".
Questa massima di Benjamin Franklin (1706-1790) è ripresa dal Robinson di Michel Tournier, nel Venerdì o il limbo del Pacifico: Robinson la scrive sulla roccia dell'isola su cui ha fatto naufragio perché la sua vita sia degna di essere vissuta, per non abbandonarsi alla disperazione della solitudine.
Anche se siamo nel tempo e il tempo è durata con una fine per tutti e per tutto, dobbiamo anche saperci prendere il tempo, ecco alcuni consigli:

Prends le temps

Prends le temps d'aimer...
C'est le secret de l'éternelle jeunesse!

Prends le temps de rire...
C'est la musique de l'âme !

Prends le temps de pleurer...
C'est le signe d'un grand cœur !

Prends le temps de lire...
C'est la source du savoir !

Prends le temps d'écouter...
C'est la force de l'intelligence !

Prends le temps de penser...
C'est la clef de la réussite !

Prends le temps de jouer...
C'est la fraîcheur de l'enfance !

Prends le temps de rêver...
C'est un souffle de bonheur !

Prends le temps de VIVRE
Car le temps passe VITE
Et ne revient JAMAIS !

BONNE ROUTE
MON AMI/E

Prendi il tempo

Prendi il tempo per amare...
È il segreto dell'eterna giovinezza!

Prendi il tempo per ridere...
È la musica dell'anima!

Prendi il tempo per piangere...
È il segno di un cuore grande!

Prendi il tempo per leggere...
È la sorgente del sapere!

Prendi il tempo per ascoltare...
È la forza dell'intelligenza!

Prendi il tempo per pensare...
È la chiave del successo!

Prendi il tempo per giocare...
È la freschezza dell'infanzia!

Prendi il tempo per sognare...
È un soffio di felicità!

Prendi il tempo per VIVERE
Perché il tempo passa IN FRETTA
E non ritorna MAI!

BUON VIAGGIO
AMICO/A

Dopo questa digressione, riprendo una citazione di Elias Canetti da La coscienza delle parole, perché Bobbio ce la porge come spunto di riflessione: "Quante persone scoprirebbero che vale la pena di vivere una volta che non dovremmo più morire?"
Non è che un'ulteriore sottolineatura di quanto ho già ripreso sopra: "Rispetta la vita chi rispetta la morte. Prende sul serio la morte chi prende sul serio la vita. (A conferma di quanto scrive Bobbio, invecchiando ci si ripete, eccone una prova, la mia...)

A rilento

La lentezza, è una sottolineatura di Bobbio, è propria della vecchiaia e non deve essere mascherata ma accolta con leggerezza, sempre che si sia circondati dall'affetto e dalla comprensione di chi è ancora al di qua di quella soglia. Nella società in cui viviamo, dove sono spesso nascoste le sacche di povertà e di emarginazione, la vecchiaia è negata, e il vecchio che può permetterselo si lascia irretire, novello Faust, dalle promesse di eterna giovinezza che un consumismo senza freni elargisce a piene mani. Nell'inserto Domenica/Il Sole 24 ore del 23 settembre 2007 balza subito agli occhi un grosso titolo, L'immortalità immorale seguito dal sottotitolo L'industria farmaceutica investe somme colossali nella lotta all'invecchiamento. Intanto nei Paesi poveri si continua a morire di malaria. Un dilemma etico con forti implicazioni economiche: fino a che punto lo Stato potrà accollarsi dei rimedi anti-senescenza?, articolo di Luciano Luzzato, la cui tesi è ben chiara nel titolo: L'immortalità immorale contro la tesi opposta espressa nell'articolo da Robert Freitas, un dirigente dell'Institute of Molecolar Manufacturing di Los Angels; eccola: La morte è uno scandalo, ovvero è ora di finirla con la fine della vita. Sulla stessa linea un giovane gerontologo inglese, Aubrey de Grey, direttore scientifico della Metuselah Foundation che dichiara: "L'invecchiamento è una cosa da barbari. Non dovrebbe essere permesso". Quanto servirebbero, a questo proposito, i versi di Leopardi che Bobbio dice sempre di sentire tra le voci interiori : "Perì l'inganno estremo/ ch'eterno io mi credei..."! [A se stesso, Canto XXVIII]
Lo scandalo nello scandalo: le parole dei due esperti che negano la vecchiaia e non tengono in nessun conto l'enorme divario esistente tra paesi ricchi e paesi poveri, dove lo scandalo è l'alto tasso di mortalità infantile e la brevità della speranza di vita. Certo questo non significa che non bisogna investire perché la vecchiaia, che riguarda una grossa percentuale della popolazione nel Nord avanzato del mondo, non sia oggetto di particolari attenzioni al fine di far sentire i vecchi parte integrante della società, aiutati nel corpo e nello spirito.
Bobbio si dice stupito, incredulo di essere ancora vivo (ovviamente al momento della scrittura del libro analizzato); confessa : "Non so spiegare per quale buona sorte, protetto, sorretto, tenuto per mano da chi, sia riuscito a superare tutti gli ostacoli e i pericoli anche mortali, malattie, incidenti, calamità naturali, le infinite disgrazie da cui la vita umana sin dal momento della nascita è insidiata." Riprende poi un pensiero, che ci farà sorridere, di Alberto Campanile, un umorista a lui caro: "Questi vecchi mi hanno sempre meravigliato. Ma come mai sono riusciti a passare in mezzo a tanti pericoli arrivando sani e salvi alla più tarda età? Come hanno fatto a non finire sotto un'automobile, come hanno potuto superare le malattie mortali, come hanno potuto evitare una tegola, un'aggressione, uno scontro in ferrovia, un naufragio, un fulmine, una caduta, un colpo di rivoltella?... Veramente questi vecchi devono essere protetti dal demonio! Alcuni ancora osano traversare la strada lentamente. Ma sono matti?"
Certo, la lentezza è penosa per sé e per gli altri in un mondo di gente che corre corre, ma per andare dove? Non sarebbe meglio, ogni tanto, fermarsi a pensare?
Nella vecchiaia la memoria tende a incepparsi e poi ci si ripete... Pazienza! Se però la testa è ancora agile, si ha la sensazione che il tempo di cui si dispone non basti per portare a termine i propri progetti: questa sensazione è penosa per un intellettuale come Bobbio, che avrebbe certo voluto chiarire ancora meglio a sé e ai suoi lettori i capisaldi della filosofia della politica e del diritto che ha insegnato una vita. Subentra allora una forma di saggezza che porta ad accettare i propri limiti, anche se non è facile, perché, il più delle volte, non si è pronti a riconoscerli.
Il vecchio dispone di una fonte di consolazione, il passato, i ricordi, che come tante piccole madeleines lo aiutano a vivere. Nel tempo ritrovato il vecchio si sente più al sicuro, ricostruisce la sua identità e Bobbio consiglia ai suoi coetanei di continuare a scavare in quel pozzo senza fondo che è il passato perché ogni volta, ogni gesto, ogni parola, ogni più lontano canto, ritrovati, che sembravano perduti per sempre, ti aiutano a sopravvivere.
Consentitemi un ricordo personale: mia madre che ha vissuto una lunga vita fatta di momenti allegri e di tanti tristi, dolorosi, era felice quando sentiva l'inizio di un'aria celebre, Casta diva della Callas, più di tutte, iniziava a cantarla, in modo sorprendente, senza mai dimenticare le parole. Che gioia in quei momenti! Non aveva più tutti i suoi anni.
Bobbio ci insegna anche a non prenderci mai troppo sul serio. Poi, parlando dei suoi maestri, ci dice che la lezione dei classici gli ha trasmesso molto e, a sua volta, ha trasmesso ai giovani gli insegnamenti ricevuti. Confida che certi libri, li ha letti più e più volte. Gli insegnamenti fondamentali che hanno segnato la sua vita sono: "la pace che non deve mai avere come alternativa la guerra, i diritti dell'uomo, la democrazia".
In quanto profondamente laico, invece della speranza, virtù teologale, Bobbio ci ha insegnato altre virtù, quali "il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto delle idee altrui, virtù mondane e civili", come le definisce.

La vecchiaia, una fortuna

Il tempo che ci è dato non è nelle nostre facoltà: "L'età è per natura e le cose per natura sono appunto quelle che non dipendono da noi"; la vecchiaia è perciò una fortuna che ci è data, quello che dobbiamo fare è cercare di far tesoro, quanto è meglio possibile, di questa fortuna: dobbiamo perciò cercare di trascorrere al meglio il tempo che viviamo. Insegnare, scrivere hanno segnato la vita di Bobbio: sono due mestieri difficili per le responsabilità che richiedono ma, per lui, ancora più difficile è imparare il mestiere di vivere, cosa che non crede di aver imparato bene...

Il fascismo

Affronta anche il periodo del fascismo, la difficoltà di vivere allora e, usando il noi, aggiunge: "abbiamo cercato di sopravvivere con qualche inevitabile compromesso con la nostra coscienza e sfruttando anche i più piccoli spazi di libertà che il regime fascista, dittatura più blanda di quella nazista, ci concedeva": E poi c'è stato un dopo in cui "attraverso una guerra civile, a volte spietata, è nata la nostra democrazia".

L'età dei bilanci

La vecchiaia è anche l'età dei bilanci. E i bilanci sono sempre un po' malinconici, intesa la malinconia come la coscienza dell'incompiuto, dell'imperfetto, della sproporzione tra i buoni propositi e le azioni compiute. Sei arrivato al termine della vita e hai l'impressione, per quel che riguarda la conoscenza del bene e del male, di essere rimasto al punto di partenza. Tutti i grandi interrogativi sono rimasti senza risposta. Dopo aver cercato di dare un senso alla vita, ti accorgi che non ha senso porsi il problema del senso, e che la vita deve essere accettata e vissuta nella sua immediatezza come fa la stragrande maggioranza degli uomini. Ma ci voleva tanto per giungere a questa conclusione!

Breve riflessione

Porsi il problema del senso, dare un senso alla vita, ma che senso ha cercare un senso? La conclusione di Bobbio, proprio per non lasciarsi schiacciare dall'insoddisfazione, è quella di accettare la vita nella sua immediatezza, e non è un insegnamento da poco e, poi, Bobbio ha sempre cercato di dare un suo contributo al senso della vita dichiarando, tra l'altro, la sua predilezione per l'affermazione dei diritti dell'uomo, la pace senza la guerra come alternativa, e la democrazia nel mondo. Utopie? Certo, ma non si vive senza sogni e si possono sempre fare piccoli passi...

Gli affetti

Il mondo del vecchio – permettetemi di fare ancora questa confidenza – è quello in cui contano più gli affetti che i concetti.

Breve riflessione

Non dimentichiamo mai che per il vecchio ciò che conta più di tutto sono gli affetti: non siamone avari, cerchiamo di farglieli sentire, sia che siano della famiglia sia di amici, vicini di casa o vecchi al parco come quello della poesia di Nelo Risi. E, se siamo già nel numero dei vecchi, facciamo in modo che la fortuna di cui godiamo sia riscaldata da tanto affetto perché sappiamo come meritarlo... Il vecchio che è circondato dal calore di tanti è consapevole del debito verso quei tanti che lo amano ed è solo dispiaciuto di non avere abbastanza tempo per ringraziare tutti come vorrebbe. Ma basta che sorrida a chi lo circonda perché si sia ampiamente ripagati.

Prima conclusione

Concludo come ho iniziato, con le stesse parole di Bobbio, che sono un elogio della moderazione contro ogni fanatismo, del dialogo invece dello scontro, del rispetto dell'altro, delle sue idee, invece della chiusura.

Seconda conclusione

Riflettendo su me stessa sui miei sessantasei anni, mi lascio a volte prendere dalle paure: la paura di non ricordare, e, da qui, lo sforzo per ricordare, la paura dei limiti che sento nel corpo, la paura delle malattie e del loro ripresentarsi e, proprio per combattere tutte queste paure, anziché riconoscerle, spesso le nego, difendendo un'immagine ideale di me... Proprio per questo, forse, l'età più critica è quella in cui si avvicina la soglia della vecchiaia e, forse, proprio in questa età, si ha più bisogno di un aiuto...

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