42 Cultura & Società
Madre Courage e i suoi figli
articolo di Giovanna Corchia

Brecht   Madre Courage e i suoi figli
Bertolt Brecht
Einaudi
Anno 2007
Pagine 200

Al fine di evitare ogni passionale immedesimazione dello spettatore in quello che succede sulla scena e portarlo soprattutto a riflettere sulla realtà, Bertolt Brecht considera il recupero della ragione, l'intelligenza, lo spirito critico non solo componenti essenziali del prodotto artistico, ma anche strumenti fondamentali per la sua fruizione
Compito del teatro sarà allora mostrare allo spettatore come si è fatta la realtà sociale rappresentata, farlo riflettere di fronte a situazioni che per la loro problematicità possono mettere a nudo le contraddizioni della vita associata.
Così Madre Courage farà meditare sul tragico fallimento di una povera diavola che, facendo la vivandiera durante la guerra dei Trent'anni (1618-1648), s'illude di trarre profitto dalla guerra. Ma è possibile questo per i poveri diavoli?
La vivandiera Anna Fierling, con il suo carro cigolante sotto il peso delle mercanzie, continua ad andare, ad attraversare paesi, anche se perde, uno dopo l'altro, i suoi figli.
Il suo è un disperato, cocciuto tentativo di trarre sostentamento da quella stessa guerra che ad uno ad uno le strappa i figli.
Simbolo della tragica necessità di vivere in un mondo sbagliato: quello che, senza possibilità di scelta, Madre Courage ha avuto in sorte.

Scena I

Siamo nella primavera del 1624 un furiere e un arruolatore cercano di reclutare nuovi soldati. Hanno freddo e fame e la guerra dura già da molti anni. Non è facile formare nuovi drappelli per la campagna di Polonia, anche se i due cercano di attirare dei giovani offrendo loro da bere.
All'arruolatore che considera il suo un mestiere da suicidio, il furiere risponde con una canzone che è elogio della guerra: la guerra è ordine, la pace è roba da rammolliti.
Si precipitano sul carro di Madre Courage che arriva, esponendo in una canzone tutto quello che può vendere: scarpe per continuare la guerra, pagnotte per la stessa ragione...
Le chiedono la licenza, Madre Courage li affronta con spavalderia e presenta i suoi figli dalle storie confuse sui loro rispettivi padri. Il maggiore si chiama Eilif, il minore Schweizerkas, la figlia Kattrin. Le chiedono perché non sia rimasta in Baviera, risponde che non poteva starsene ad aspettare che la guerra vi arrivasse.
L'intenzione dei due è quella di portarle via il figlio maggiore. Madre Courage resiste dicendo che è un bambino che vogliono portare al macello. In realtà come farebbe a tirare il carro?
Per scoraggiare i due legge la sorte al furiere e ovviamente è negativa, ci vede una croce nera; la legge poi anche al figlio Eilif, che si sta lasciando convincere a partire, ma non riesce ad evitare che il figlio parta.
Canzone:

Se sulla guerra vuol campar
Qualche cosa gli dovrà dar

Scena II

Negli anni 1625-26 Madre Courage attraversa la Polonia al seguito degli Svedesi.
Arrivata accanto alla tenda del comandante, Madre Courage si mette a contrattare con il cuoco, al quale vuol vendere un cappone. La contrattazione continua, quando sente arrivare il comandante con un soldato che è vivamente elogiato per l'impresa appena conclusa, un puro atto di eroismo. Il soldato è il figlio maggiore Eilif e l'atto di coraggio dimostrato è aver sottratto a dei poveri contadini con l'inganno i loro buoi...
Il comandante che chiede sia preparato qualcosa di speciale per Eilif deve essere soddisfatto, e così il prezzo del cappone risale di nuovo.
Da ascoltare con attenzione La canzone del soldato e della donna che Eilif si mette a cantare: la canzone dice che il soldato non ascolta mai il consiglio della donna e così muore. Insieme al comandante e a Eilif c'è un cappellano, un personaggio speciale da osservare con attenzione.

Scena III

Madre Courage è prigioniera insieme a una parte di un reggimento finlandese. Il carro si salva, la figlia anche, mentre il figlio minore, l'onesto cassiere dell'esercito, viene messo a morte. Il pericolo è rappresentato dall'arrivo dei cattolici. Ed ecco in scena la prostituta Yvette, che racconta la sua triste storia d'inganni, vittima di un certo Pieter della Pipa...
Il consiglio che le dà Madre Courage è di non cominciare mai nessuna storia con i soldati e aggiunge che, comunque, l'amore è sempre un inganno.
Arrivano il cuoco e il cappellano e vi è uno scambio d'idee sulla guerra:

Cappellano: Morire in guerra, ti pare, non è mica una disgrazia, è una grazia. E perché?Perché è una guerra di religione. Non è una guerra qualunque, è una guerra speciale, dove si combatte per la fede e dunque si è in grazia del Signore.
Cuoco: Giusto. In un certo senso, è una guerra dove si dà fuoco alle case, si sgozza, si ruba, a parte qualche altra violenza da non trascurare, ma che è differente da tutte le altre guerre perché è una guerra di religione. Chiarissimo. Però fa anche venir sete, dovete ammetterlo.

Arriva il figlio Schweizerkas che cerca di mettere in salvo la cassa con le paghe dei soldati, inseguito da due soldati nemici. I cattolici chiedono a Madre Courage se lo conosce, ovviamente deve negarlo, aggiungendo soltanto che si è fermato lì solo per mangiare qualcosa e che ai suoi clienti non chiede la loro religione, se pagano poi, vuol dire che non sono pagani. I soldati portano via il figlio di Madre Courage, vorrebbero sapere dove ha nascosto la famosa cassetta: i soldi suscitano sempre una grande bramosia.
Il cappellano fa un'associazione fra la sorte che toccherà a Schweizerkas, una vittima innocente, e la passione del Cristo raccontata in una vecchia canzone la Canzone delle ore che si mette a cantare.
Per salvare il figlio vi è un tentativo di pagare ai cattolici 200 fiorini, somma che Madre Courage cerca di avere con un raggiro da Yvette, i cui successi amorosi con un vecchio colonnello le permettono d'investire quella cifra. Però il tentativo fallisce, il figlio è fucilato e, cadavere, viene trasportato davanti al carro di Madre Courage perché si tradisca, ma, inutilmente: la madre nega di conoscerlo.

Scena IV

Madre Courage è decisa a fare reclamo al capitano perché i suoi soldati hanno messo a soqquadro il suo carro nel tentativo di scovare la cassa di Schweizerkas; lo scrivano cerca di dissuaderla, non serve a niente: lei può continuare a svolgere il suo mestiere di vivandiera, proprio perché ha la coscienza sporca, e non rifiuta di pagare ogni tanto una multa. Arriva un giovane soldato in preda all'ira, pronto ad affrontare il capitano, perché gli è stata derubata la sua ricompensa per aver salvato il cavallo del colonnello dall'acqua. Anche a lui viene dato lo stesso consiglio. In questo caso è proprio Madre Courage che cerca di fargli capire che è meglio sopportare un'ingiustizia perché la galera che si rischierebbe è molto più brutta. Il giovane soldato ha fame, il pane è fatto di ghiande, il grano non è cresciuto perché i soldati hanno marciato sui campi. In quel mentre arriva il capitano e tutti si mettono a sedere come richiesto e alla domanda se hanno qualcosa da dire tutti tacciono. Chinare la testa lo si impara con l'esperienza, la vita lo insegna, come ben dice la Canzone della Grande Capitolazione che Madre Courage si mette a cantare:

Non fare il passo più lungo della gamba
Tutto si mette in moto,
l'uomo propone, Iddio dispone e basta!

Scena V

Sono passati due anni, la guerra invade sempre nuovi paesi, il piccolo carro attraversa la Polonia, la Moravia, la Baviera, l'Italia. Chi ha vinto, chi ha perso. Ai vincitori è stata concessa un'ora per il saccheggio della città, ma c'è un soldato che si lamenta perché è arrivato troppo tardi. Il cappellano chiede bende per i contadini feriti, Kattrin riesce a salvare dalle fiamme un bambino che si mette a cullare amorevolmente. Madre Courage non fa che pensare ai suoi mancati guadagni.

Scena VI

Si eseguono i funerali del generale degli imperiali Thilly nel 1632. All'interno della tenda della vivandiera molti chiedono da bere, senza pensare ai funerali che si stanno svolgendo. Qualcuno vorrebbe suonare le campane, ma nessuna chiesa resta in piedi, tutto è stato saccheggiato per ordine dello stesso generale.
Ed ecco che si parla della fine della guerra: Madre Courage non sa come affrontare il futuro. Il cappellano le dice che non c'è da temere, la guerra ci sarà sempre, anche se sinora non si è ancora avuto il caso di una guerra perfetta, senza nessuna interruzione. In guerra, sostiene il cappellano, si lavorano i campi lo stesso e si mettono al mondo figli, così sono pronti per le guerre future. Entrato in più grande confidenza con Madre Courage le rivolge un'offerta amorosa, ovviamente respinta da Madre Courage, che non potrà mai essere distolta dai suoi affari. Mandata a far provviste, Kattrin ritorna ferita e piangente. Per consolarla la madre le regala le scarpe rosse d'Yvette a cui sembrava tenere tanto.

Cappellano: Ora seppelliscono il generale. È un momento storico.
Madre Courage: Per me il momento storico è che han ferita la mia figliola. È già mezza rovinata, marito non lo troverà più, e va così matta per i bambini, e se è muta è anche per via della guerra, quand'era bambina un soldato le ficcò qualcosa in bocca. Schweizerkas non lo vedo più. E dove sia Eilif, lo sa Iddio. Maledetta la guerra.

Qui Madre Courage vede qualcosa, sembra capire, poi torna a perdere la capacità di vedere. All'autore importa invece che, a vedere, sia il pubblico.

Scena VII

Al culmine della sua carriera di donna d'affari insieme a Kattrin e al cappellano Madre Courage canta , con la sua catenella di monete d'argento al collo, un inno alla guerra che non è altro che un traffico continuo:

Invece di formaggio, piombo. Distrugge i deboli, ma quelli crepano anche in tempo di pace.

Scena VIII

Giunge la notizia che la guerra è finita in seguito alla morte del re di Svezia, Gustavo Adolfo. Non appena ne è informata Madre Courage si dispera. Cosa farà delle sue mercanzie di cui si è appena rifornita su suggerimento del cappellano? Ecco che le si presenta il cuoco del comandante, quello a cui aveva venduto un cappone a un prezzo profumato perché il comandante esigeva subito qualcosa di speciale per il coraggioso Eilif, che aveva sequestrato tutte le bestie ai contadini, dopo averli fatti fuori con uno stratagemma.
Ormai senza lavoro, il cuoco cerca una soluzione per tirare a campare: chi meglio della vivandiera? In quel mentre arriva, invecchiata, ingrassata e in abiti a lutto, Yvette che si presenta come la colonnella Starhemberg e, posando lo sguardo sul cuoco, riconosce quel tal Pieter che l'aveva ingannata da giovane. Poi però segue Madre Courage al mercato per vendere tutto, prima che non ci siano più acquirenti.
In loro assenza arriva, scortato e ammanettato, il figlio coraggioso, Eilif: è colpevole di aver provocato la morte di una contadina dopo aver cercato di derubare la famiglia della stessa portando via il bestiame: ciò che era stato un grande atto in passato diventa oggi un'ingiustizia e causa di una condanna a morte.
Venuto forse a cercare un aiuto nell'abilità della madre, non trovandola, Eilif è costretto a seguire i soldati, al gruppo si unisce il cappellano, che sembra voler esercitare la sua missione di pastore di anime. Ma in lui, come in tutta la variegata umanità che vediamo avvicendarsi in scena non vi è nulla che possa essere ricondotto al ben che minimo rispetto di principi morali.
In tutti c'è solo il tentativo di trovare soluzioni immediate, e la guerra sembra offrirne a piene mani, poco importa se si muore...
Ritorna di corsa Madre Courage, ha saputo che è riscoppiata la guerra e quindi bisogna al più presto mettersi in cammino al seguito dei soldati. In assenza del cappellano accetta di tenere con sé il cuoco in cambio del lavoro di tirare il carro insieme a Kattrin, la sola figlia che le sia rimasta.
E la scena si chiude con un ulteriore inno alla guerra:

Chi fa la guerra, guerra lo campa
Ma le ci vuole polvere e piombo
.

Scena IX

Già da sedici anni dura ormai la guerra. La Germania ha pagato con la metà dei suoi abitanti. Epidemie e morti dappertutto. Nelle città messe a ferro e fuoco si aggirano lupi.
Nell'autunno del 1634 Madre Courage è nei monti tedeschi del Fichtel. L'inverno che si prepara sarà duro, non resta che mendicare. Il cuoco che ha appena ricevuto una lettera che annuncia la morte della madre e l'eredità di un'osteria a Utrecht, cerca di convincere Anna, la vivandiera, a seguirlo, senza però Kattrin: non c'è abbastanza per sfamare tre bocche e poi l'aspetto della ragazza potrà allontanare i clienti.
Per racimolare qualcosa si mettono a cantare davanti alla casa di un pastore protestante: il contenuto della canzone serve a provare che le più grandi virtù non sono spesso ricompensate: così è stato per Salomone, il saggio, per Cesare grande e valoroso, per Socrate, probo e onesto, per S. Martino, altruista con il prossimo. E loro sono come quei grandi, gente onesta, le cui virtù non sono ricompensate.
L'impegno canoro ha effetto e da qualche parte qualcuno ha depositato una minestra.
Intanto Kattrin, rimasta sola, colpita da quanto il cuoco e la madre si sono appena detti, decide di prendere le sue povere cose e di andare via, dopo aver messo sulle stanghe del carro una gonna della madre e un paio di calzoni del cuoco. La madre torna in tempo e la convince ad allontanarsi in tutta fretta con lei, buttando fuori dal carro tutto ciò che appartiene al cuoco. Mentre vanno aggiunge che non è per lei, Kattrin, che ha preso questa decisione ma perché non avrebbe mai e poi mai rinunciato al suo carro.

Scena X

1635. Madre Courage e Kattrin continuano ad andare mentre nelle loro orecchie risuona una canzone in cui si sottolinea la bellezza di aver piantato una rosa nel frutteto, di aver costruito un tetto contro il freddo invernale.

Scena XI

1636. Gli imperiali minacciano la città protestante di Halle. Kattrin è sola, la madre è scesa in città per affari. Nella casa dei contadini dove staziona il carro, arrivano dei soldati che, con la minaccia di far fuori tutto il bestiame, ottengono dal giovane contadino di far loro da guida sino in città per cogliere, con il resto della truppa, di sorpresa gli abitanti . Quasi a liberarsi del peso di aver ceduto alle minacce rinnegando i loro principi e la loro fede, i contadini si mettono a pregare ed ecco che il silenzio è rotto dal suono insistente di un tamburo: è Kattrin che lo suona con forza e non si lascia convincere a smettere, anzi tira su la scala perché nessuno possa salire sul tetto dove si è rifugiata. La ragazza continua e continua sino all'ultimo rullio quando una pallottola la raggiunge: il suo scopo è stato raggiunto, la città si è svegliata, non sarà colta di sorpresa e dei bambini che vi dormivano tranquillamente potranno ancora continuare a farlo.
Questo personaggio in ombra, che raccoglie un povero riccio ferito, che salva il bimbo dei contadini dalla casa in fiamme, che aspetta la pace per sentire un po' del calore di una famiglia, che si nasconde perché si sa brutta e sfregiata, è il solo personaggio che merita di essere ricordato. A questa scena vorrei dare un titolo: IL SACRIFICIO DI KATTRIN

Scena XII

È forse questo un momento di cedimento di Madre Courage? Si mette a cantare una ninna nanna quasi a cullare la figlia mentre dorme:

C'è fuori un bimbo in stracci,
per te invece c'è la seta
d'una veste d'angelo...

I contadini incitano madre Courage a partire, a seppellire Kattrin ci penseranno loro.
Ecco le ultime parole di Madre Courage:

Madre Courage; (si mette alle stanghe) Spero di farcela da sola, col carro. Andrà, non c'è molta roba dentro. Devo riprendere a trafficare. (Passa un altro reggimento dietro le quinte, con pifferi e tamburi. Movendo il carro.) Vengo con voi!

Dietro le quinte si ode il canto

Con la sua buona sorte, i suoi rischi,
la guerra è tanto tempo che c'è.
Anche durasse cent'anni, la guerra,
la gente come noi non ci guadagna.
Stracci il vestire, schifo il mangiare,
della paga i comandi ne rubano metà...
Ma un miracolo può ancora capitare:
non è finita ancora la campagna!

Note a Madre Courage e i suoi figli

La prima esecuzione di Madre Courage e i suoi figli che ebbe luogo a Zurigo durante la guerra hitleriana consentì alla stampa borghese di parlare di una tragedia di NIOBE e di una impressionante forza vitale dell'animale materno. Avvertito, l'autore apportò alcuni mutamenti per la messa in scena di Berlino

Chi era Niobe: figlia di Tantalo e moglie di Anfione; fiera dei suoi quattordici figli, schernì Latona, madre dei soli Apollo e Artemide, i quali, per vendetta, glieli uccisero tutti. Pietrificata dal dolore, Niobe fu trasportata sul monte Sibilo (Frigia) dove stilla eterno pianto.
Niobe è il simbolo del dolore materno inconsolabile.

Ovviamente si è ben lontani dal valore che Brecht attribuisce al teatro, separandolo da ogni forma d'immedesimazione nel personaggio e puntando, soprattutto, sulla capacità critica dello spettatore perché, nello spettacolo, sappia leggere immagini efficaci della realtà. Madre Courage non è Niobe

Madre Courage riconosce, non diversamente dagli amici ed ospiti suoi, e da quasi ogni altro personaggio, il carattere puramente mercantile della guerra; ed è proprio questo ad attirarla. Crede nella guerra sino alla fine. Non arriva neppure a capire che ci vuole un coltello molto lungo, al tavolo della guerra, per potersi tagliare la propria fetta di torta. Chi contempla le catastrofi si aspetta sempre, a torto, che le vittime imparino qualcosa.
Finché è oggetto della politica, quel che su di essa viene compiuto, la massa non può considerarlo un esperimento, ma solo un destino; la lezione della catastrofe non le insegnerà più di quanto la cavia non impari di biologia. Non è compito dell'autore aprire gli occhi a Madre Courage, alla fine dello spettacolo: essa vede qualcosa, verso la metà del dramma, alla fine della sesta scena; poi torna a perdere la capacità di vedere.
All'autore importa invece che, a vedere, sia il pubblico.

La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell'ultima
c'erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.

Da Poesie e Canzoni di Bertolt Brecht

La guerra dei Trent'anni ha solo un valore simbolico, sta per tutte le guerre che non hanno mai fine.

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