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Raduno sul tetto del Bill Gates Building, ottocento metri di vetrocemento che penetrano la morbida e calda notte d'estate. Tra le verdi squame sintetiche di otto divise luccicano le luci della città. La squadra è al completo. La squadra è pronta alla caccia. Per John'ichi c'è anche un'altra caccia in corso, ben più importante. Il suo sguardo è sui capelli di Mariako, escono dal suo casco verde e ondeggiano al vento d'alta quota.
«Vengo da te, dopo la caccia?», le aveva mandato un messaggio privato, qualche ora prima.
«Diciamo di sì...», era stata la risposta, «Se riesci a dare tu il primo colpo alla preda!»
Era da un mese che John'ichi stava incollato a Mariako. Si incontravano spesso. Ma nulla di più. Nella squadra non lo sapeva nessuno. Tutti quanti ci avevano provato con lei, primo o poi. Senza successo. Però John'ichi non voleva solo portarsela a letto. Voleva qualcosa di più.
Quella notte il primo colpo sarebbe stato il suo.

«Lasciatela perdere», aveva detto Wen Kim, il caposquadra, «Quella non vuole nessuno di noi. Sarà già a posto, avrà già qualcuno, o qualcuna.»
Ma chi sapeva come infrangere certe banche dati poteva assicurare al cento per cento che Mariako non era mai stata con nessuno, né adesso né prima.
«L'avranno violentata da piccola, e si sarà tenuta il trauma», c'era chi ipotizzava ridendo.
«Ecco perché è nella nostra squadra! Si vuole vendicare!»
E il discorso si chiudeva qui.

«Sintonizzatevi!», ordina Wen Kim. Tutti chiudono gli occhi. Non serve più girare la levetta alla base del collo, come vent'anni fa. Ora è tutto impiantato direttamente nel cervello. John'ichi chiude gli occhi, visualizza il codice d'accesso, le otto menti della squadra si connettono a livello superficiale, quanto basta per comunicare senza violare le rispettive individualità. Tutti per uno, ognuno per sé.
Wen Kim diffonde all'istante i dati ricevuti dall'archivio della Sicurezza... la posizione della preda, capacità di attacco e difesa, e via dicendo. Tutto balzano sugli aeroscooter, accensione e via alla massima velocità.
Duecento chilometri orari, la città scivola rapida sotto di loro. Quell'imbecille di Tetsurohn, ancora un ragazzino, quasi in testa alla squadra, si diverte a fare zig zag tra i grattacieli, vuol mostrare quanto è bravo.
«Corri e schiàntati!», pensa tra sé John'ichi. «Corri, che tanto il primo colpo, questa sera, è mio...»
Il potente faro dell'areoscooter di John'ichi illumina in pieno il didietro di quello di Mariako, un cento metri proprio davanti lui.

Già da un mese che John'ichi e Mariako si incontravano fuori dal lavoro, almeno ogni due giorni, su qualche rete, o dal vivo. Avevano condiviso parecchi dati personali, e dopo due settimane, anche alcuni ricordi importanti. Lei gli aveva inviato la sua esperienza su Marte, con una borsa di studio, quando era all'università. Lui la sua visita alla moschea cattolico-ortodossa di New Baghdad.
«Ma sei religioso?», gli aveva chiesto lei.
«Una volta ci credevo. Anche adesso, ma meno. La religione... è sognare ordine e giustizia. Ma è solo un sogno. Io volevo anche realizzarli. È per questo che sono nella squadra. E tu invece?»
«Ho i miei motivi.»
John'ichi pensava a quel che si diceva nella squadra, su quei motivi.

La preda è cinquanta chilometri a Sud: volo radente ad alta velocità sulle baracche della periferia. Deve sapere già di avere una squadra alle costole, tenta di scappare verso il confine di stato.
«Oltre il confine non è ancora ricercato», comunica a tutti Wen Kim, «Non andiamoci per il sottile. La sicurezza ha detto: vivo o morto. Appena lo raggiungiamo, diamoci sotto. Occhio, perché sicuramente lo sa anche lui, e si difenderà come può. Non sottovalutiamolo.»
Comunicazioni di servizio, niente di nuovo. Tutte le loro prede si difendevano come disperati, quando erano braccate. L'ordine era sempre vivo o morto, per la loro squadra. Ed era anche un piacere abbatterli. Loro non erano una semplice squadra antidelinquenza, lo sapevano. Erano dei vendicatori. Vendicavano le vittime innocenti, e salvavano quelle future.

«Lo sai cosa dicono, gli altri della squadra?», aveva chiesto John'ichi a Mariako. Un po' per conoscerla meglio, un po' per provocarla su certi argomenti.
«Su cosa?»
«Su perché sei nella nostra squadra.»
«Lo so, lo so... me l'ha detto Tetsurohn, tre mesi fa, quando ci provava con me. Be', se ti interessa, sono con voi primo perché so fare quasi solo questo lavoro, secondo perché penso che qualcuno lo deve fare, per il bene di tutti. Fine.»
«È per questo che sei in una squadra antipedofili?»
«Ti par poco? Non sono una fanatica, questo è l'importante.»
I fanatici, erano le squadre semillegali. Infrangevano le banche dati della Sicurezza, prendevano i dati dei delinquenti, li cacciavano, li catturavano, li ammazzavano con le peggiori torture possibili, e poi ne rivendevano organi e impianti cibernetici al mercato nero. Il Governo li dichiarava inaccettabili, ma non faceva molto per fermarli. Tra le squadre regolari alcuni li odiavano, altri pensavano fossero come loro, soltanto un po' esagerati. Anche le squadre regolari a volte avevano i loro piccoli traffici nascosti.
«Mio fratello dice che nelle squadre sono tutti fanatici, legali o no «, le disse John'ichi.
«Hai un fratello? E non me ne hai mai parlato!»
«Non ci sentiamo da un bel po'. È un tipo a modo suo... ha certe sue idee sulla libertà, finivamo sempre per litigare. Lui è un artista... crea esperienze sintetiche, è in gamba... ha avuto anche una proposta dalla Disney, che ha rifiutato... vuol stare per conto suo. Ma è a posto, sai? Non è mica un democratico. «
«Io avevo un cugino di New Vatican, su Venere, che si è fatto lavare il cervello dai movimenti democratici», disse Mariako
«E com'è finita?»
«L'hanno beccato. È in riprogrammazione forzata. Tra qualche anno dovrebbe avere di nuovo il cervello a posto. Spero.»

Eccolo là, il bastardo. Un puntino luminoso, sempre più vicino. Wen Kim invia alla squadra i dati di attacco e difesa della preda. Pericolosità concreta due, pericolosità informatica quattro, su una scala da uno a cinque. John'ichi ha un brutto presentimento, bruttissimo. Ecco la conferma, gli ordini di Wen Kim:
«Ok, ragazzi! Questo appena siamo nel suo campo d'emissione, ci lancia un attacco informatico, e credo ci andrà pesante. John'ichi, unisciti a Laurasia, Tetsurohn e Prabhayashi per fare barriera. Kim Berly e Sakurashvili contrattaccano con una scarica di virus. Io e Mariako ci isoliamo dalla rete e gli andiamo sotto coi laser, lo buttiamo giù fisicamente.»
John'ichi non fa in tempo a vedere Mariako e Wen Kim che schizzano verso la preda, che già la sua mente si fonde più in profondità a quella degli altri, due o tre livelli più giù del normale. Il mondo esterno sbiadisce, con Mariako che se ne va a pigliarselo lei, il primo colpo alla preda, diventa uno sfondo lontano. In primissimo piano nella mente di John'ichi c'è lo spazio virtuale, e l'attacco mentale della preda contro di loro, un turbine distruttivo di dati ipercomplessi lanciati a velocità folle. Troppo potente. Quanto basta per mandare in sovraccarico il cervello, un bell'arrosto di materia grigia e molecole sintetiche. Ai fianchi del turbine, volavano contro la preda le catene di virus lanciate dai due compagni della squadra. Se non lo raggiungono prima che il suo attacco raggiunga noi, siamo tutti fottuti, pensa John'ichi. L'attacco è troppo potente. Ed ecco che all'improvviso svanisce, si disgrega in una nuvola di dati informi e inoffensivi.
John'ichi esce all'istante dalla connessione profonda con la squadra, torna al livello superficiale. Qualche secondo per sintonizzarsi di nuovo col mondo esterno. Ma non gli serve vedere con gli occhi, ha già capito cos'è successo. La preda è una palla in fiamme che precipita verso il suolo. Cade, e tra le baracche sottostanti si alza subito un incendio, alla luce delle fiamme si vedono i disperati della periferia uscire, gridare. La Sicurezza ha già inviato un elicottero antincendio, e qualche plotone antisommossa.
Non erano stati i virus a bloccare l'attacco della preda. Mariako, ancora del tutto scollegata dal gruppo, vola verso di loro, agita un braccio in segno di vittoria. L'ha buttato giù lei, con un colpo di laser, mentre loro lottavano nello spazio virtuale. Mariako si riconnette con gli altri, tutti a farle i complimenti. In sottofondo, un messaggio privato per John'ichi. Un «mi dispiace» con un retrogusto misto di orgoglio, dispetto e sincerità. E non solo: «Però, se vuoi, puoi passare lo stesso la notte con me.»

Quella notte John'ichi e Mariako fecero l'amore. E anche quella dopo. Una settimana più tardi anche fondendo i livelli mentali più profondi.
Allora John'ichi seppe che le voci su Mariako non erano del tutto campate per aria.
«Sì», gli aveva confermato, «Mi hanno molestata, ero ancora una bambina... solo molestie, però, non mi hanno violentata sul serio. Ma è stata dura. Ne sono uscita da sola, un passo alla volta. Ma non è per questo che sono nella squadra, sai? Ci sarei entrata lo stesso.»
«Ma non potevi farti operare? Ormai, l'operazione neurotecnica per cancellare i traumi e riprogrammare i ricordi non costa niente, non ha quasi effetti collaterali...»
«Volevo farcela da sola. E poi a quel tempo l'operazione aveva i suoi grossi rischi...»
«Ma... quanti anni avevi?», le chiese John'ichi con delicatezza.
«Venticinque anni... ne avevo solo venticinque...»
«Santo Buddha!», imprecò John'ichi.

Il loro rapporto andò avanti al meglio. John'ichi pensava di chiedere a Mariako di provare a fare l'amore anche con una fusione mentale totale. Sarebbe stata la prima volta, per tutti e due. Mariako, invece, pensava di proporgli un contratto di convivenza.
Fecero entrambe le cose. Firmarono un contratto per cinque anni di convivenza, rinnovabile al termine.
A volte si connettevano con i genitori di Mariako, da quasi cent'anni in semiibernazione, in una capsula su Venere. «Ormai hai quasi settant'anni!», diceva la madre. «Potreste anche chiedere al Governo il permesso per fare il figlio.»
«Oh, mamma», rispondeva Mariako, «guarda che non siamo più ai tuoi tempi! La vita si allunga, adesso si aspettano anche i cent'anni, per fare il figlio».
John'ichi ascoltava paziente. Anche i suoi erano in semiibernazione, ma da più di duecento anni. Non comunicavano quasi più, e quando lo facevano parlavano solo del loro passato. John'ichi cercava di immaginare il passato, quando si arrivava a vivere duecento anni, o anche meno.
«Almeno quando non riuscivi più a stare in piedi morivi e finita lì. Non finivi per secoli in una capsula, immobile e perennemente connesso alla rete», gli faceva notare Mariako.
«Già i bei tempi andati», ironizzava John'ichi, «Quando facevano sposare ragazzini di trent'anni!»
«Non scherzare su queste cose!!», gridava allora Mariako.


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