Era li, davanti a me, con l'aria di chi volesse interrogarmi. Erano passati diversi minuti, durante i quali mi sentii scrutata , esaminata, spogliata.
Quella ragazzina aveva smesso di giocare, e mi si era piazzata davanti, fissandomi. Aveva occhietti piccoli e profondi. Erano strani perché in essi brillava una luce misteriosa. La pelle del viso era piuttosto chiara, non sembrava essere di questo mondo, e a renderla ancora più cupa e irreale erano i capelli, corti e di un nero corvino, cosi intensamente neri da sembrare quasi tinti.
Mi chiedevo che cosa volesse da me, visto che quello sguardo piuttosto che essere incuriosito , era interrogatorio.
Voleva forse qualcosa da me?
Mi stava quasi infastidendo quell'insistenza dei suoi occhi, e quella poi non era la giornata adatta. Come d'altronde non lo erano stati, gli ultimi giorni di questo freddo inverno. Era come se fosse dentro di me, la fredda stagione.
E tutto per causa sua, quel ragazzo. Tutto di lui era per me fonte di amore, passione desiderio tristezza malinconia. Per qualche mese lo avevo, provando per lui la più completa indifferenza ma poi, nel mio cuore aveva iniziato a farsi strada un sentimento, cosi forte, che all'inizio non lo presi sul serio.
Non mi sentivo in grado di provare tanto. Purtroppo però da parte sua c erano stato solo piccoli accenni di interesse, piccoli segni che raccolsi e conservai dentro me, come pietre preziose , e ai quali risposi freddamente.
E così questo silenzioso amore mi portava a riflettere, come non avevo mai fatto, e avevo scelto quel parco spesso così isolato nel quale rifugiarmi, e sognarlo silenziosamente. Ma quei piccoli occhi sembravano proprio non volermi lasciare, anzi forse avevano pure letto dai miei, la profonda angoscia che ci nascondevo.
Non mi preoccupavo di celare le mie emozioni, quando mi trovato li. In quel parco, tanto isolato e tanto prezioso per me.
Mi sedevo sulla mia panchina dalla quale potevo spiare il mondo senza essere vista e rifugiarmi in dolci chimere d'amore. Ma quella strana creatura era già strano che si trovasse li, all'avvicinarsi del crepuscolo, nel momento in cui la notte si riempiva di oscuri presagi. Mi metteva quasi suggestione e se ne stava andando.
Finalmente se ne stava andando. Ma allora perché nonostante la felicità e la tranquillità che provai nel vederla allontanare, la seguii? Perché?
Evidentemente mi aveva molto colpita, altrimenti non la seguii oltre il leggero boschetto che si trovava dietro il parco ed oltre, fino alla prossimità di un recinto piuttosto malandato, che nella sua triste depressione cercava di riparare una vecchia casa. Quel che dirò ora, potrà il lettore non credermi, ma sicuramente ma sicuramente non passerà facilmente nella sua mente, tale racconto, Non scorsi bene i lineamenti della casa, tanto la notte aveva oscurato la mia vista, e la luna doveva ancora apparire. Vidi solo che era un casolare vecchio, con le finestre rotte e cadenti, i muri scrostati La bambina aprì il cancelletto e come sapendo che la stavo seguendo, lo lasciò aperto. Poi entrò per la porta, che cigolò, un cigolio sommesso. Procedetti anch'io ed entrai, ma la persi di vista.
Dove si era rifugiata li sola in quella grande casa?
Visto che c ero decisi di perlustrala da sola. Evitai il piano terra e mi diressi invece, come seguendo un istinto, su per le grandi scale. Alla fine di esse si trovava un lungo corridoio, che continuai a seguire, quasi più senza pensare, era solo il mio corpo che si muoveva, Mi trovai davanti ad una maestosa porta, ero indecisa nell'aprirla, ma appena vidi un leggero filo di luci, scivolare lungo il pavimento, lentamente la feci scorrere.
Per mia fortuna non fece rumore e infiali la testa dentro.
La stanza era invasa da tante piccole lucine rosse ed ogni luce apparteneva ad una persona. Non potrei definire il numero, tante erano che si fondevano l'una con l'altra.
Lentamente sentii sorgere uno strano mormorio come una preghiera, di cui non riuscii subito a definire le parole ma essa saliva, saliva, e quell'urlare riempiva la casa e faceva entrare un terrore dentro le mie orecchie che mi invadeva il cervello.
Pur non capendo le parole sentivo che erano vere e vicine a me e cosi forti e grandi da avvolgermi tutta e le assaporai con tremante ardore.
Vidi entrare da una porta un alto personaggio. Dico personaggio perché non saprei definirne l'origine, era incappucciato di nero, avrebbe potuto essere una cosa soprannaturale. Intanto la preghiera stava lentamente calando fino a diventare un sussurro e poi scomparire.
Non avevo percepito nessuna parola di essa ma sentivo che in qualche modo era entrata a far parte di me, aveva invaso il mio IO. Quell'essere si piazzò in mezzo alla stanza e gli altri lo circondarono, posando ai suoi piedi i numerosi lumini, così che furono ben illuminati almeno i volti delle persone in prima fila.
Fra di essi vidi con stupore la bambina e, l'espressione fredda e misteriosa dei suoi occhi era presente anche negli sguardi degli altri.
La creatura aprì un libro, simile ad una bibbia, ed iniziò a leggerne alcune righe, coinvolgendo i presenti. La voce era cupa e profonda, sicuramente creata apposta per intimidire ed attirare la gente, per fare atmosfera. Ero in presenza di una setta, ora dovevo scoprire cosa si predicava perché mi accorsi che ciò che stava leggendo era della stessa lingua delle preghiere, a me sconosciuta.
Quando la voce smise fu il turno della ragazzina. Ella si alzò in piedi, allargò le braccia, e dalle sue labbra uscì una voce, tanto dolce quanto oscura, come quella dell'essere. Emise una canzone che partì allo stesso ritmo della preghiera, prima fioca e timida quasi, salendo sempre più fino a trasformarsi in urli. Tutti gli altri erano immersi in tali riti e sembravano cogliere da essi la linfa della loro stessa esistenza tanto erano coinvolti. Quando finì il canto la bambina disse qualcosa all'orecchio dell'essere. Anch'egli allargò le braccia, ma con la tunica nera sembrava ancora più maestoso e potente, con le luci che dal basso creavano su di lui, mille ombre struscianti. Disse ancora un ultima frase, poi tutte le teste si voltarono nella mia direzione.
Al momento non mi accorsi di essere diventata l'oggetto della loro attenzione, ma poi la porta, che fino a quel momento, era stata lo scudo principale fra me e quello strano mondo, si aprì, scoprendomi, lasciandomi indifesa. L'essere incappucciato mi fece segno con la mano di avvicinarmi e gli altri, scostandosi, mi permisero di raggiungere il centro della stanza.
«Ti stavamo aspettando,» disse questi, non senza lasciami stupefatta. Che cosa potevano volere da me. E tutta questa storia era partita a causa di quella ragazzina.
«Perché reprimi le tue passioni in quel parco solitario?» mi chiese la bambina. E tutti iniziarono così ad urlare in coro passione, passione, liberazione, liberazione.
Mi sentii un nodo alla gola, e mi assalì una gran voglia di piangere. Era forse la mia angoscia repressa che esplodeva e stava uscendo?
«Ogni giorno redimiamo un'anima che ha bisogno di far uscire i suoi sentimenti. Qui si predica la religione dei sensi.» l'essere disse quest'ultima frase urlando e alzando le mani al cielo come se lì, in cielo, ci fosse il dio della Passione e dei sensi. I presenti iniziarono una nuova preghiera, questa volta usando subito un tono alto e costante. Essa si prolungò per alcuni minuti durante i quali mi sembrò di entrare in un profondo stato di torpore L'essere incappucciato iniziò lentamente a spogliarmi mentre la preghiera mi intontiva e
intorpidiva il cervello.
Senza accorgermene ero rimasta con gli indumenti intimi, mi ero lasciata spogliare, il lettore cerchi di capirmi, avevo la testa pesante non un muscolo funzionava al mio volere, persino il ritmo del cuore sembrava seguire l'andatura della preghiera.
Sentii delle mani toccarmi, partire dalle caviglie e con fare lento, armoni, salire lungo le gambe, accarezzarmi i fianchi.
Sentii una voce sussurrarmi all'orecchio «Lasciati andare. Fai uscire la tua passione, l'ardore che ti brucia dentro, dai a me quel sentimento. Recita la preghiera.»
E involontariamente, sempre con gli occhi chiusi, mi trovai a predicare quella strana religione a cui tutte queste persone avevano dato forse l'anima, forse il cuore.
E intanto la mano continuava ad accarezzarmi il ventre, lo stomaco salire salire. E con essa salì , dalle viscere del mio cuore quello passione che supplicavo con l'orazione, che invocavo con tutta me stessa, che sentivo affiorare, raggiungere i cinque sensi.
La sentivo infuocarmi gli occhi, accarezzarmi la pelle, sussurrami negli orecchi, baciarmi le labbra.
Sì, ora qualcuno mi stava baciando ed assaporai con trasporto quel bacio o dovrei dire tocco divino.
Sentivo che veniva prima succhiata l'anima, per poi restituirmela nuova, rinvigorita con quella foga misteriosa e forte.
Quando quelle celestiali labbra mi lasciarono, i sentii caricata e stordita, ma ebbi ugualmente la forza di aprire gli occhi e vederlo.
Era li, il mio adorato amore, l'essere misterioso che mi aveva dato la passione, era lui, quel ragazzo.
Riuscii solo a sorridergli debolmente poi svenni.


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