Questa storia non ha un vero inizio e neanche una vera fine. Alcune storie fanno parte di noi, da sempre. Magari a pensarci bene....osservando le cose esternamente questa storia ha un inizio e anche una fine, ma a me piace pensare il contrario.
Sta mattina mi sono messo a riflettere sopra al water, appena uscito dalla doccia con ancora l'accappatoio addosso. Tavoletta abbassata, come al solito. Riflettere seduto sopra al water, dopo una doccia calda è sempre stato efficace. Vicino al lavandino avevo appoggiato il cellulare, l'ho preso e ho iniziato a scorrere la rubrica rapidamente. È una cosa che mi capita di fare almeno una volta ogni due giorni. Se scorro la rubrica velocemente lo faccio solo come anti-stress per la giornata che devo affrontare, se invece scorro la rubrica lentamente lo faccio per farmi, quasi sempre, del male. Scorrere velocemente la rubrica è un anti-stress poco efficace, visto che ogni mattina che esco nel traffico bolognese e mi metto ad aspettare il 14, che da via Massarenti mi porta fino alle due Torri, sono sempre scazzato e non faccio altro che maledire quel genere di risvegli, per consolarmi inizio a fantasticare....pensando che un giorno uscirò solo di notte e mi sveglierò alle cinque del pomeriggio e poi inizierò a scrivere.
Scorrere la rubrica lentamente significa farsi del male. Sulla mia rubrica ci sono i numeri di tutte quelle ragazze che adesso... bč che adesso sono da qualche altra parte in compagnia di qualche aitante giovane. Penso a loro. E lasciatemelo dire pensare a queste ragazze alle otto del mattino è una cosa da pazzi.
Sta mattina è stato strano, perché prima mi sono messo a scorrere la rubrica velocemente e poi dopo qualche riflessione che non vi starò a raccontare, sono tornato sui miei passi e mi sono messo a scorrere la rubrica telefonica lentamente. Non lo faccio spesso, insomma mi capita, ma non tutte le mattine, o scelgo il primo scorrimento di rubrica o il secondo. Sta mattina era in quello stato, anche perché ieri sera avevo fatto uno squillo a Ilaria, dopo secoli. Lo avevo fatto senza un vero perché. Volevo vedere se ancora era arrabbiata, o cose di questo genere.
È entrato il Fad che si era appena svegliato, ci siamo salutati, poi si è messo sotto la doccia. Erre stava dormendo, mentre Cap era in cucina che faceva colazione, perché alle nove e mezzo aveva n treno per Spoleto.
«Ieri sera ho fatto una cosa da niente che un po' mi ha fatto stranire» ho detto al Fad.
«Che cosa? » mi ha risposo da sotto la doccia.
«Ho fatto uno squillo a Ilaria e non so nemmeno bene il perché, ma la cosa buffa è che lei non me l'ha rifatto e io ci sono rimasto come uno stronzo. »
Il Fad ha aperto la porta della doccia e mi ha guardato negli occhi.
«A Ilaria?» mi ha detto
«Sì» ho risposto iniziando ad asciugarmi i capelli con un asciugamano. Quello blu, quello che appoggio sempre sopra alla lavatrice.»
«Ancora? »
«No. No. Era solo per sentirla, così...per vedere se era ancora arrabbiata con me, tutto qui. »
«Potevi chiamarla se ti andava tanto di sentirla.»
«Questo è vero, ma avevo pensato di mandarle un messaggio se solo mi avesse rifatto lo squillo, perché ho pensato che magari chiamarla sarebbe stato troppo intimo, magari esce con qualcuno. Tu per caso sai se esce con qualcuno? »
«No, ma chi la sente mai quella »
«Certo, certo.»
«E poi perché dovrebbe essere arrabbiata con te? Forse dovresti esserlo dopo quello che ti ha fatto passare. »
«No, io non sono arrabbiato. È una cosa superata. Il mondo delle donne è fatto in questo modo, alcune si innamorano perdutamente di te, ma tu no. E altre non si innamorano di te, anche se tu sei innamorato perso per loro. Tutto qui, è facile.»
«E con Ilaria chi era innamorato perso?»
«Io?»
«Andiamo....adesso fai finta che non lo sai?»
«No è solo che non mi ricordo più. Ilaria è una cosa che ho rimosso.»

Sta mattina il traffico era stressante, come al solito. Adesso capisco perché la gente che vive nelle grandi città è fissata con la campagna, le passeggiate nei boschi e gli agriturismi.
Magari potrei raccontarvi quello che mi ha fatto passare Ilaria e poi tutto quello che è successo dopo, ma oggi proprio non mi va. Magari lo farò un altro giorno, in un altro racconto.
Salgo sul 14 che come al solito è strapieno e mi becco una signora sui settanta che vuole che gli obliteri il suo biglietto. Io sono lontano dalla macchinetta così lo passo ad una ragazza. La signora sui settanta quando passo il biglietto alla ragazza si stranisce e dice: «Cosa fa giovanotto? Non avete neanche voglia di timbrare un biglietto al giorno d'oggi, non vi vergognate?». Io nemmeno le rispondo e quando la ragazza mi passa il biglietto lo do alla signora sui settanta. Mi sono sempre chiesto dove vadano tutte quelle vecchiette ogni santa mattina, tutte sedute ai loro posti con i capelli in ordine che sono pronte ad invadere i mezzi pubblici con le loro perle di saggezze e sono pronte a tagliare gole se non hanno il loro posto a sedere. Una mattina mi sono sentito di cedere il posto ad una vecchietta sui centovento chili, perché mi guardava con gli occhi sbarrati e sembrava proprio che mi stesse chiedendo il posto. Così, molto gentilmente, mi sono alzato e ho detto, «Prego». La signora sui centoventi chili ha iniziato a sbraitare e tutto l'autobus mi ha puntato gli occhi contro. «Ragazzino mi trovi grassa per questo mi vuoi cedere il posto? Ti faccio così tanta pena» mi ha detto la vecchietta sui centoventi chili. La vecchietta non mi stava nemmeno antipatica, ma avevo tutti gli occhi puntati addosso, tutti su quel 14 mi stava guardando.
«Io ho detto così tanto per dire, credevo di farle un favore,ma non fa niente» ho detto.
«Si. Si. Un favore...» ha detto la vecchietta sui cento venti chili.
Per fortuna ha smesso di rompere e si è allontanata. Si è andata a sedere tre posti dietro al mio.

***

Ilaria ha sempre creduto che fossi pericoloso per lei. Ero troppo assente dalla sua vita, troppo preso dalla mia vita, troppo diverso da lei, non sarei mai riuscito a capirla. Ho sempre creduto che le abbia fatto comodo pensare queste cose.
Credo che sia arrabbiata con me per un paio di cose. Per una partita a bowling ,per tre messaggi e per qualche telefonata a vuoto. La storia della partita a bowling non ha un gran che senso, dimostra solo la pazzia di Ilaria. Eravamo sotto aprile, io cercavo di recuperare tre materie al LiceoClassicoPontanoSansi, lei stava per dare un esame, molto tosto, all'università. Non ci sentivamo da secoli. Io ero uscito con Frenk e Erre. Lei era uscita con Roberta, una sua amica dai tempi delle superiori. Al bowling di Spoleto si finiscono sempre quelle serate che non prendono verso, ogni tanto mi sono anche divertito al bowling. Frenk e Erre erano andati in classe insieme con Ilaria e Roberta, così quando le avevamo viste...sotto con i saluti e cose del genere. Ilaria non mi salutava, mi gettava qualche occhiata. Indossava un paio di pantaloni super-attillati che le mettevano in mostra le natiche, decisamente notevoli. Indossava anche una camicetta e un golfetto blu. Era maledettamente carina. Alla fine dei saluti le andai a parlare. Chiesi se volevano fare una partita con noi. Ilaria non era troppo convinta, per via che lo avevo chiesto io e per via che avrei giocato anche io. Roberta non se lo fece ripetere, «Dai Ily...andiamo. Forza». Accettò anche Ilaria. Non mi salutava e faceva la stronza, perché mi aveva ricercato con tre-quattro telefonata. Io non avevo mai risposto. Mi disse che aveva voglia di parlarmi, aveva voglia di dirmi molte cose, voleva sentirmi. Io dissi che ne avevo abbastanza, che non potevo più correrle dietro che ormai si era fidanzata e che quello che era stato non era cambiato, ma ormai non si poteva più ricominciare da zero, lei si era comportata male con me, mi aveva lasciato di merda in giorni di merda, e adesso la stavo ripagando con la sua stessa moneta. Non era troppo carino da dire, ma era proprio così e non potevo farci un bel niente. Non poteva decidere di prendermi quando voleva, anche io avevo i miei dannati sentimenti e poi adesso era anche fidanzata.
Giocammo a bowling, io presi una birra, lei una coca con limone. Era molto dolce quando sorrideva, sembrava quasi che mi lasciassi alle spalle tutto quello che mi aveva fatto passare, bastavano un paio di smancerie.
«Sei una stronza» dissi
«Prego?. Puoi ripetere? - disse. »
«Non sai quanto cazzo ti ho amato. »
«Per favore.... mi sembra che quando ti ho cercato non mi hai neanche risposto.... »
«Non ce la facevo, non ne potevo più di questa storia senza nessun cazzo di futuro. »
Mi finii la birra. Ilaria usciva con un palestrato del cazzo, che mi aveva sempre detto di odiare.
Giocammo la partita. Io non mi ricordo quanti punti feci. Ilaria ne fece novanta. Dopo la partita, Frenk e Erre restarono a parlare con Roberta. Io e Ilaria ci sedemmo su un tavolino.
«Domani non hai scuola? » disse Ilaria
«Sì.» dissi
«Sono già le due e mezzo. »
«Ho anche un compito di matematica se lo vuoi sapere. »
«Sei sempre il solito. Non crescerai mai. »
«Infatti. »
«Era anche questo che mi dava fastidio. Questo atteggiamento. Questo tuo modo di fare. »
Mi feci portare un the freddo alla pesca.
«Tu invece sei sempre la solita stronza» dissi
«Sì continua. Continua pure ad insultare. »
«Ma vaffanculo che ci parlo a fare ancora con te. Io non mi sono messo con nessuno. A te non te ne è fregato un cazzo e sei andata con il primo coglione. Sei solo una putt... »
«Dillo. Dillo, no? »
«Cazzo. »
«Andiamo chiamami puttana, non è quello che pensi? »
«No. Vaffanculo. »
Mi alzai, sbattei il pugno sul tavolino, Ilaria balzò in piedi. Erre e Frenk mi seguirono, togliemmo le tende dal bowling. La serata era finita.

Poi c'è anche la storia dei tre messaggi.
Sotto agosto, io avevo iniziato a frequentare una ragazza deliziosa. Ilaria era solo un pallido ricordo in qualche notte che non riuscivo a togliermela dalla testa, allora dovevo alzarmi e prendere qualcosa da bere in frigo, andare in bagno bagnarmi il viso e infilarmi di nuovo sotto al lenzuolo. Mentre uscivo con questa ragazza deliziosa (che un giorno dovrò scrivere dieci libri su di lei) Ilaria mi mandò due messaggi. In questi due messaggi scritti alle tre del mattino mi diceva che ero importante che non capiva perché non mi facessi più sentire, non capiva perché non la cercavo più, che cosa era successo? io avevo fatto così tanto per averla che adesso non la desideravo più, adesso le mancavo da morire, aveva capito tutte le cose che le avevo detto, aveva capito quello che provavo, dovevo solo rispondere qualcosa, farmi sentire.
Ma io non risposi. Anzi si. Questa però è la storia del terzo messaggio, l'ultimo.
Lo scrissi due giorni dopo che mi aveva scritto quelle cose. Lo scrissi ad una cena in compagnia di tutta la mia combriccola, ero visibilmente sbronzo. Scrissi : « Si mi sono messo la crema mamma, non preoccuparti, ti chiamo dopo quando ho finito di cenare, qui non prende. Non preoccuparti, sto bene». Scrissi proprio questo quella sera a cena, durante le mie vacanze in Sardegna. Mi inventai un messaggio per mia madre e feci finta di essermi sbagliato ad inviarlo. Lo inviai a Ilaria. La piccola e dolce Ilaria, la ragazza che mi aveva fatto passare mesi neri, ma che alla fine mi aveva scritto quelle belle cose, la ragazza che alla fine aveva capito.
Neanche a dirlo che da quel giorno non si fece più sentire.

***

Sono sceso dal 14 e sotto alle due Torri ho pensato che era tempo di andare avanti. Era una cosa da duri e da fusi di testa, ma era tempo di smetterla. Ilaria una volta mi ha detto, «Tu sarai uno di quelli che rimpiangeranno per sempre i tempi del Liceo, anche se lo hanno sempre odiato». Aveva ragione.
E poi "andare avanti" non significa niente. Io sono uno che non va avanti. Va a ritroso, si perde in mezzo ai flussi. La storia con Ilaria non ha un inizio, perché mi sembra di conoscerla da sempre, mi sembra che nessuno ci abbia mai presentato. La storia con Ilaria non ha una fine, perché nessuno chiude mai i propri rapporti. Nessuno. O meglio nessuno chiude mai i rapporti che non vuole chiudere. Sotto alle due Torri ho pensato che ancora mi ricordo il numero rapido per chiamare Ilaria, premendo soltanto due tasti della tastiera del cellulare.
Il numero per Ilaria è 8#.


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