Billy
di Roberto Braschi

 

1

Stava facendo colazione, era venerdì e dato che il sabato non lavorava lo attendeva il solito weekend di noia.
Viveva da più di due anni da solo dopo la separazione da sua moglie, il fatto era stato per lui molto doloroso e almeno fino a quel momento la sua vita sociale si limitava ai rapporti di lavoro, e qualche occasionale visita che faceva a suo fratello. I loro incontri erano rari, nonostante il fratello facesse di tutto perché lui non facesse un tipo di vita che somigliava a quella di un eremita. La sua unica compagnia era un furetto, un piccolo furetto che un suo amico gli aveva regalato. Il suo amico che viveva fuori città l'aveva trovata nella campagna. Portatala a casa, grazie alle indicazioni del suo amico l'aveva allevata ed il piccolo animale si era affezionato a lui come fosse un gatto, ed ormai parlava con lui come fosse un essere umano.
«Prendi Billy,» gli dette un pezzetto del suo biscotto che il piccolo afferrò con le zampine e mangiò in un attimo, poi tornò rapidamente alla sua lettiera, «hai già fatto colazione vero? A proposito la notte sei pregato di startene tranquillo, anche se non dormi stai buono invece di girare per tutta la casa». La bestiola lo guardò quasi volesse ricordargli qualcosa, e lui, «d'accordo stamattina non ho sentito la sveglia, se non fosse stato per te ancora dormirei, è sufficiente però che mi strofini il muso sul viso o sul collo, non occorre che ti infili sotto le coperte per solleticarmi la schiena».
Appena si alzò il piccolo corse ad infilarsi in una scatola di cartoncino, un attimo ed il muso spuntò fuori dal bordo della scatola, stava aspettando che il suo padrone chiudesse la scatola. Per non lasciarlo solo in casa usava un particolare espediente. Caricava la scatola sull'automobile con la quale si recava al lavoro, per poi parcheggiarla poco distante dal magazzino presso il quale lavorava. Il suo lavoro era quello di consegnare merci in vari punti della città, e rientrava solo una volta terminate le consegne.
Preso in consegna il furgone già carico partì per iniziare il giro delle consegne, si fermò presso la sua auto e preso Billy lo mise sul sedile al suo fianco. Lui prese a camminare nella cabina di guida, salendo ogni tanto sul cruscotto, mentre lui lo guardava divertito, senza distrarsi dalla guida naturalmente. Si tenevano compagnia a vicenda, la bestiola era insieme al suo padrone e lui si sentiva meno solo.
Doveva effettuare la terza consegna, giunto sul posto si fermò un momento per vedere se il cancello che dava sul cortile dove doveva avvenire la consegna fosse abbastanza largo perché il furgone entrasse agevolmente, un'occhiata gli bastò, lo spazio era sufficiente sia pure di poco. Appena il furgone si mosse lentamente il furetto saltò sulla sua spalla e lo morse all'orecchio destro, il piede sinistro dell'uomo scivolò via dalla frizione, il furgone si mosse a destra ed in rapida successione a sinistra, frenò! Troppo tardi il furgone aveva ora tutte e due le fiancate danneggiate. Entrò comunque nel cortile e quando i due facchini che dovevano scaricare la merce gli fecero notare che il suo orecchio sanguinava disse di essersi grattato e di non essersi accorto di sanguinare. In effetti quando era stato morso aveva provato dolore, ma visto che la bestiola aveva mollato la presa quasi subito non aveva considerato che il morso potesse averlo ferito fino a farlo sanguinare. Risalito sul furgone aveva cercato con lo sguardo Billy ma non vedendolo aveva abbassato lo sguardo, infatti vide il muso dell'animale spuntare da sotto il sedile, ma incrociando lo sguardo con quello del suo padrone era tornato a nascondersi, rimase nascosto fin quando non giunsero nei pressi del magazzino, lui l'aveva preso e rimesso nella scatola sempre delicatamente come sempre, resistendo a stento alla tentazione di prenderla a schiaffi, piccoli schiaffi che gli dava con un dito, quasi giocando, quando combinava un guaio in casa, era ancora arrabbiato per il morso ed aveva paura di esagerare, l'idea di picchiare il piccolo tanto da fargli veramente male non riusciva nemmeno a concepirla.
Erano circa le sei del pomeriggio quando rientrarono a casa, liberò Billy che corse nella sua lettiera mentre lui si sedeva su di una poltrona.
«Nasconditi pure non sperare di cavartela così, ora mi riposo...» le sue parole furono interrotte dal suono del campanello, «chi sarà adesso?» disse con aria scocciata ed andò ad aprire.

2

Si trattava di Eva, una sua amica che di tanto in tanto andava a trovarlo. A volte gli telefonava per parlare un po' con lui, e questo avveniva frequentemente. Ne era innamorata e lui se ne era reso conto già da tempo. Facendola accomodare le chiese se gradisse qualcosa da bere, ma lei sedendosi aveva risposto di no, per cui anche lui si mise seduto. Si accorse subito della ferita all'orecchio e chiese a Valerio:
«Come hai fatto a ferirti in quel modo l'orecchio?»
«È stato Billy, sul furgone improvvisamente mi è saltato sulla spalla e mi ha morso. Vorrei capire perché lo ha fatto, fino a quel momento era stato tranquillo.»
Eva replicò: «Ed io vorrei sapere perché lo porti sempre con te durante il lavoro.» Sapeva perfettamente il motivo ma voleva provocarlo, «ti ostini a parlargli, pensi davvero che capisca ciò che dici, » lui stava per dire qualcosa ma lei lo bloccò, «può darsi che sia come pensi tu, ti capisce e tu devi avergli detto qualcosa che l' ha fatto arrabbiare.»
Tacque aspettando la sua reazione. Lui stava per rispondere di getto ma per paura di offenderla esitò qualche secondo, poi con naturalezza quasi sorridendo disse:
«Non dire sciocchezze, non so perché l'abbia fatto ma ti assicuro che quando gli parlo mi capisce veramente.» Lei lo guardava divertita poi cambiando espressione:
«Hai ragione a volertene stare solo, chi vuoi che ti segua nei tuoi tortuosi ragionamenti.»
Capì subito che stava esagerando e smise di parlare, ma era troppo tardi: «Non chiedo niente a nessuno, tanto meno a te. Non ti ho detto io di venire, potevi andare a rompere da un'altra parte,» si interruppe, «lasciamo perdere è meglio.»
Eva fissandolo gli chiese in modo secco: «Di che cosa hai paure Valerio? O devo dire di chi hai paura. Ti spaventa il presente perché hai paura che il passato possa tornare? Continua così e vedrai che ti fermerai per sempre, sarai come fossilizzato, fino ad annullare il tuo essere.»
Valerio recepì il messaggio ma lo rigettò, e reagì in modo rude: «Io non ho paura di nessuno, tanto meno di te,» sapeva di mentire ma anche lei lo sapeva, «sei una deficiente, vaffanculo...» si fermò, l'aveva offesa ma non ebbe il tempo di aggiungere una parola. Eva era già sulla porta: «Sei un grandissimo cafone, addio!»
Nel pronunciare quelle parole provò un dolore immenso ma se ne andò sbattendo la porta. Lui avrebbe voluto rincorrerla ma non riuscì a muovere un passo, si sedette presso il tavolo poggiò la fronte sul braccio e pianse, purtroppo come era avvenuto in passato non riuscì a versare una lacrima. Billy dalla sua lettiera aveva assistito a quella scena, ed ora guardava il suo padrone con gli occhi spalancati mentre il suo musetto aveva assunto un aria triste.

3

Era notte fonda e Valerio stava dormendo profondamente.
Stava sognando di trovarsi nel suo giardino alla ricerca di Billy che era sparito dietro un grande cespuglio. Sentì un fruscio e si diresse verso il cespuglio ma vide apparire
Eva che gli sorrideva. Si bloccò impietrito, non riusciva a muoversi mentre Eva andava verso di lui, i piedi di lei non toccavano il terreno, le sue braccia erano protese verso di lui che in preda ad una forte angoscia avrebbe voluto fuggire. La donna disparve all'improvviso, ora vedeva Billy davanti a se, l'animale non si muoveva nonostante lui lo chiamasse.Da un lato del giardino un rumore lo fece voltare, non ne era sicuro ma gli parve di vedere Billy, guardò allora davanti a se, ma Billy era sempre lì ed al suo fianco c'era Eva. Appena si mossero come per avvicinarsi si svegliò di soprassalto.
Allungò subito la mano verso il bicchiere pieno d'acqua che si trovava sul comodino ma lo rovesciò, si abbandonò nel letto cercando di ricordare quanto sognato ma il ricordo era molto confuso. Il sonno ebbe presto il sopravvento e si riaddormentò.
Era mattina inoltrata e Valerio dopo essersi alzato era uscito in giardino con Billy, passeggiava ormai da molto sedendosi di tanto in tanto e pensava a come farsi perdonare da Eva. Billy intanto era sparito correndo nell'erba alta, erano quasi tre ore da quando si era involato velocemente e Valerio era preoccupato, era la prima volta che si allontanava così a lungo. Vedendolo ricomparire si tranquillizzò. Ora però pensava ad Eva e a come comportarsi. Visto come si erano svolti i fatti non sapeva assolutamente come fare, che parole usare. Senza pensare a come sarebbe andata prese il telefonino e la chiamò.
«Che cosa vuoi?» la risposta secca lo intimorì, poi reagendo: «Ascolta Eva dammi la possibilità di parlarti.»
Attendeva la risposta di lei: «Per sentirmi dire le parole che hai usato ieri? No davvero, non voglio ascoltarti un minuto di più, » tacque per un momento, «almeno per adesso, ciao!»
Le ultime parole di lei lasciarono in Valerio qualche speranza di riappacificazione. Anche se ancora non lo sapeva Eva lo amava troppo per chiudergli la porta in faccia per sempre. Non desiderava vederlo in ginocchio, ma farlo uscire dal suo guscio, questo voleva con tutta se stessa.
Durante la settimana successiva chiamò ancora due volte ottenendo più o meno la stessa risposta, al terzo tentativo ottenne una promessa parziale, forse il sabato in mattinata sarebbe passata da lui.

4

Erano le undici circa del sabato e Valerio poggiato al davanzale della finestra che dava sul giardino osservava Billy intento a giocare. Era avvenuta una cosa strana, dopo la sparizione del sabato precedente ne era seguita un'altra la domenica. Ma la cosa più strana era che Billy non lo aveva voluto più seguire al lavoro. Appena lui era pronto per uscire lui gli faceva capire col suo comportamento di voler uscire in giardino, e appena fuori spariva nell'erba. Comunque ogni pomeriggio appena sentiva il rumore dell'auto si avviava al cancello dove si faceva puntualmente trovare.
Valerio avrebbe voluto chiamare Eva ma rinunciò, l'attesa forse inutile lo stava snervando. Si tolse il cerotto dall'orecchio che pensava ormai guarito, erano due giorni che non si medicava quando suonò il campanello, prima di andare ad aprire ebbe il tempo di vedere Billy infilarsi di nuovo nell'erba.

5

Aprì ad Eva con la testa china, lei entrò senza parlare ed andò a mettersi seduto seduta, lui fece altrettanto ponendosi di fronte a lei. Dopo alcuni interminabili minuti Valerio preso coraggio disse:
«Ascolta Eva, » non riusciva a trovare le parole, aveva la bocca completamente asciutta, ma riuscì a continuare, «sei molto arrabbiata con me vero?»
Lei aspettò qualche attimo prima di rispondere, non voleva perdere la calma:
«Intanto vorrei che tu mi guardassi in faccia mentre ti parlo. Dovresti aver capito ormai che è ora che tu la smetta di giocare a nasconderti come un ragazzino,» stava esagerando volutamente sapeva bene come stavano le cose ma proprio per questo voleva mantenere una linea abbastanza dura con lui, l'avrebbe addolcita se si fossero presentati i presupposti, voleva veramente molto bene a Valerio ma sapeva cosa stava facendo e proseguì, «che razza di domanda mi hai fatto! Ti rendi conto di ciò che mi hai detto, ma soprattutto come mi hai ferita? Credi di potertela cavare con delle semplici scuse?»
Si rese conto che lo stava mettendo in grande difficoltà, ma non voleva recedere dalla linea adottata, era la prima volta che aveva una chance, probabilmente l'unica, e non vedeva altro modo per farlo uscire allo scoperto.
«Mi dispiace immensamente Eva, non so neanche io perché ti ho trattata così,» lo sapeva perfettamente invece, «perdonami, sono disposto a chiedertelo in ginocchio.»
Lei di fronte alla palese esagerazione di Valerio non riuscì a trattenere un sorriso, lo represse subito ma pensò di trarre profitto dalla situazione che si andava delineando, in senso buono naturalmente, riprese a parlare: «Voglio solo che tu capisca! A che mi servirebbe umiliarti. Mi raccontasti la tua storia, di come ne uscisti amareggiato e deluso, del dolore vissuto e delle ferite che ancora ti porti dentro. Ma non pensi che le ferite prima o poi si rimarginano, fino a guarire, » contenne a stento un singhiozzo, «pensaci, solo per un momento ma pensaci.»
Non riuscì ad aggiungere altro, attendeva ora la reazione di Valerio. Lui dopo un sospiro disse:
«Ci ho pensato molto, soprattutto dopo il nostro litigio, ora senza girarci troppo intorno dovrei andare al punto ma non trovo le parole, o forse il coraggio...»
Stava praticamente piangendo ma non per orgoglio, forse solo per vergogna si alzò ed andò a poggiarsi sul davanzale della finestra aperta. Vide finalmente Blly che tornava, e come sperasse da lei in un aiuto la chiamò. Billy partì come una scheggia ed in un attimo fu accanto al suo padrone. Si lasciò accarezzare e poi allungò il musetto verso l'orecchio di Valerio, lo sfiorò delicatamente come volesse assicurarsi che fosse completamente guarito.
Saltò giù dal davanzale e sparì di nuovo tra l'erba. Lui rimase a guardare, sperava che Billy non fosse sparito di nuovo. Ricomparve quasi subito ma non era solo, accanto a lui c'era un animaletto in tutto simile a lui, aveva trovato una compagna, la compagna della sua vita, i due furetti lo guardavano immobili. Solo a quel punto Valerio si rese conto che Eva era accanto a lui, anch'essa con le braccia sul davanzale guardava verso i due animali, ad un tratto le bestiole si rizzarono sulle zampe posteriori per un attimo, guardarono verso i due e poi sparirono, sparivano per sempre, lo sapeva Valerio, lo sapeva Eva.
Valerio portò la mano all'orecchio, era indubbiamente guarito, si voltò verso di lei che stava facendo altrettanto. I loro volti erano vicinissimi, gli occhi negli occhi, le loro labbra si sfioravano...

© Roberto Braschi
Data invio: 30/05/2006
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