Pianta della miseria
di Salomea

 

«Tremare, ogni volta e in modo confuso impreciso indeciso, maldestro distratto odioso. È come esserci e non esserci, esistere a metà e forse anche meno. Perché in fondo è così che si vive, no? Ma forse non puoi capire. Tu credi di essere la metà più grande e vieni fuori senza chiedermelo. Non mi rispetti, ma io ti conosco e ti riconosco. Non so domarti ma tu sei solo la mia facciata. Io sono quella vera. Tu sai esprimerti e sei perfetta, io l'esatto opposto, ma non è di te che ho bisogno, e di te so fare a meno. Tu sei nei miei sogni e sono io a sognare te, non il contrario. Sei la tenda alla mia finestra, e la mia luce sa filtrare e un giorno illuminerà la strada. Devo essere la più forte. Devo e tu devi tacere.

Ma sai che questo non è possibile e mai sarà possibile, perché tu sei nulla senza di me tu sei perduta. Ti credi pazza ora ma lo saresti veramente se io non ci fossi. Sono il freno ai tuoi istinti. Probabilmente ti saresti ammazzata senza me, e lo faresti se riuscissi a liberarti di me.

Mi ammazzerei solo per liberarmi di te, per liberare chi mi sta accanto di te.

Non lo farai non ne sei in grado e non lo sarai. E i tuoi dialoghi con me sono solo il mio -mio - delirio, e lo spazio che ti concedo. Questo ficcatelo bene in mente!».

«Un gatto, cosa fare. Sai bene cosa fare e lo farai. Ti stai liberando di me e devi farlo del tutto. Ecco un gatto, capitato per caso. Fanne quello che credi, sono curiosa. Starò a guardarti da un angolo di te stessa, ma in silenzio.
.........
.........
Una domanda. Cosa faresti?
.........
Cosa faresti?
.........
Solo questa domanda.
S O L O
Dimmi solo cosa faresti.
...
È troppo presto per farcela da sola.
U N A
......
Lo capisci? È come non esserci affatto.
...
D O M A N D A
...
Cosa faresti? Rispondi, perdio!»
Lo prende, quel gatto. Lo guarda da molto vicino, negli occhi.
Poi
Si
Volta
E
Le
Mani
Ammazzano.
Con ferocia e crudeltà e naturalezza e calma e consapevolezza.
Ed è solo un gemito, qualcosa di caldo che stringi tra le mani, come avere un pupazzo a pile che si muove.
Ma ora non si muove. Le pile sono scariche. E se non si muove e se sono scariche lo deve a lei, che lo ha preso, osservato, e poi, voltandosi, lo ha ammazzato.

Ora è di nuovo notte. Ma non una voce non un sogno solo gocce di sudore e asma che non è asma ma uno sforzo per essere vivi e l'aria non passa e i muscoli non rispondono. Come quella voce. Andata via per sempre, senza lasciare alcuna traccia.

Nuovo giorno, nuove orribili sensazioni e nessuna voce, nessuna guida nessun comando. Solo paura di uscire e camminare e incontrare e forse.
Ma voglia e reale possibilità di farlo.
Venir fuori da se stessi e nel modo più consapevole e pauroso e completo. E essere sola con se stessa è la cosa peggiore di tutte. Come essere dispersa in uno spazio troppo grande che è mente e corpo e mani. Ed esseri e istinto. Come nuotare in un oceano, ma fatto di pensieri vecchi e pensieri nuovi, e pensieri da sempre esistiti e mai conosciuti. E freddo e paura - solo quelli - per combattere e resistere e non morire o peggio ancora vivere.

Sensazione orrendamente misera la vita, quando esplode senza alibi e non sai come riparartene. Sensazione futile ed ignobile la libertà, quando te la ritrovi tra le mani e vuol anche dire mancanza di vincoli da se stessa, puro spirito irrisorio di affermarsi e dissolversi, in vortici infiniti ma ancora troppo piccoli, troppo limitati e costretti.
Solo un infinitesimo vuoto senza fine, solo questo come sentiero la paura e la voglia di essere libera e essere sola e essere e basta. Ed ora la voce ancora non torna. E ancora una vita che decidi non debba esserci più. Un punto che tu decidi quando tracciare, per interrompere un ignoto discorso.

Come non avere più una ragione. O d'improvviso trovarne una.
Ed eccola, la ragione, un uomo, inaspettato e triste e ignoto e.
Un uomo e mai aveva pensato di averne uno. E solo lei senza la voce, senza una parte di se stessa e infine completamente se stessa. Del tutto integra e nuova, da conoscere e farsi conoscere. Un uomo. E cosa farà ora non lo sa, non lo può dire ma la sensazione dolce e spaventosa che prova è uno stimolo a fungere ella stessa da controllo e mitigare istinto e frenesia.
Incontrato per caso un giorno di sole, un uomo così come può essere una ragione. E la risposta, semplice e improbabile è che non v'è ragione alcuna per amare, ma solo farlo ed accettar di essere amata.

È sera, sono su di una panchina ed è molto umido e la sensazione di freddo è confortante perché esterna, mente calore è quello che sta provando dentro nel guardarlo negli occhi, calore è quello che sta provando mentre egli le stringe la mano, calore sono le labbra sovrapposte e due corpi che ora aderiscono inesorabilmente, un abbraccio che non è solo un abbraccio ma anche un racconto lungo e muto, un filo mai interrotto che ora ricongiunge inizio e fine, inizio e fine che più non esistono, inizio e fine che fusi creano un cerchio unico e perfetto. E pauroso. Si stacca elle da quelle labbra, si divincola e scioglie quell'abbraccio, si alza e con la mente già è altrove, un mondo lontano nel quale nessuno l'ha mai seguita, un mondo buio e feroce che sempre l'ha protetta ferendola. Ma per una volta è diverso. Per questa volta è diverso. Perché questa volta un uomo, quell'uomo decide di andarsene con lei in quel mondo. E lo fa con dolcezza e in silenzio, lo fa ma è così leggero che sembra non farlo affatto. Eppure, egli è con lei, inesorabile e soave, come per sempre sospesi nel tempo ed in un non-luogo. Ora non più sola, ora con un compagno discreto ad invadere i suoi fantasmi. La mano è nuovamente nella mano, c'è una luce immaginaria che sta lentamente evadendo di dietro una tenda. E lo sente, ella, quella luce è se stessa in persona. Quella luce ha ora voglia di irrompere nella vita con la vita. Quella luce è silenzio mentre percorrono un sentiero, silenzio mentre il gemito di una porta che si apre preannuncia il gemito di una donna che è finalmente se stessa. Le mani, la pelle, i corpi ed i sussurri, sensazioni e immagini confuse dietro palpebre serrate nel piacere, e la vita che è improvvisa e meravigliosa, ora tutta nelle sue vene, ora da donare, da arricchire da scoprire.

Un letto, la penombra di una notte d'amore, pioggia fuori e mare nel cuore di due amanti che sono quasi due sconosciuti finalmente ritrovati, dopo anni di instancabile ricerca. Un letto, e la notte, e la penombra e i respiri calmi e ritmici come una melodia a lungo studiata, come la musica perfetta da sempre cercata. Finalmente fatta. E un infinito abbraccio e cuori che quasi non possono reggere tutta quella vita in una volta, l'irrompere così impudente della poesia in uno specchio di infinita tristezza.

Sole e calore del sole sulla pelle e raggi del sole sulle palpebre ancora chiuse e sole dentro e sole in ogni angolo di se stessa e luce da una finestra. Luce attraverso una tenda nella stanza; luce che ha squarciato una tenda e una tenda che dentro più non esiste. Si volta, e il suo uomo non è al suo fianco. Un biglietto, quattro righi tracciati velocemente ma con meticolosa attenzione. Un sorriso sul volto di una donna che sa ora cosa sia l'amore e paura di perderlo ma consapevolezza di averlo.
Si alza, il suo corpo nudo lo percepisce più attraente, sente di piacere, per cui piace a se stessa. Si avvicina alla finestra. Sfiora la tenda. Poi, con calma, la apre, la tenda, e sente ora che il sole le brucia dentro come un fuoco ed è un fuoco ma non distrugge, piuttosto crea vita e alimenta speranza.
Acqua molto calda sulla pelle, acqua che non lava via la gioia, ma solo la custodisce con gelosia, acqua e lacrime che sono lacrime come una musica e melodie nel cuore che sono colonne sonore di felicità future. E profumo di caffè e gusto amaro di caffè ed energia che emana dal caffè e da labbra che toccano una tazza ma sono labbra che conoscono altri mondi, sono labbra che dischiudono sorrisi, sono labbra che pronunciano parole ricamate su note dolci, sono labbra che attendono un rientro.

Il gemito della porta che le ha aperto il nuovo mondo, ed il viso dell'uomo che le ha aperto un nuovo universo. Molti nuovi universi. Le va incontro. Ed ella va incontro a lui. Ed un abbraccio noto ma nuovo una volta di più. E ancora labbra e sorrisi e lenzuola e tempo che passa per tutti ma non per due amanti, non per quei due amanti. Perché il tempo dell'amore è solo un istante concentrato nell'infinito eterno.

Si alza, l'uomo, e chiude la tenda. Si sdraia, l'uomo, e commenta non amo la luce del sole, e credo che le tende siano l'espressione più vera di se stessi. Che siano il modo più vero di esprimersi, è questo che pensa. È questo che dice, ed è questo che la ferisce più di ogni altra arma. È questo che la spinge ad allontanarsi. Ha voglia di andare, di sparire in quel mondo che ora è stato deturpato da passi sconosciuti, ora è un mondo che non esiste più solo per lei, un mondo scoperto da un estraneo che ora è sempre più estraneo a quello che sta succedendo. Un mondo da ripulire e da ripristinare. Ora non guarda più nei suoi occhi, ella, e se incrocia lo sguardo inconsapevole di lui lo evita e sente freddo dentro, sente di avere un nemico di fronte. Sente di non essere più lei sente di non volere restare in quel luogo, sente di non conoscere quell'uomo, sente di non volerlo al suo fianco un minuto di più, di non volerlo al mondo un minuto di più. Sente di aver bisogno d'altro, di un'altra parte di sé, dell'altra parte di sé che lei ha espulso da sé. Ha bisogno ora di tornare sui suoi passi, serrare le porte silenziosamente aperte, cancellare il giorno, cancellare la notte, essere e non essere affatto. Di questo solo ha bisogno, e ha bisogno che egli non ci sia. L'uomo che ignaro ora è addormentato al suo fianco, che nel torpore del sonno è tranquillo di avere lei al suo fianco, ignaro di avere ora una donna combattuta, ma che comunque è la stessa donna che ha amato ma è anche una donna del tutto diversa, vecchia ma nuova per lui che non l'ha conosciuta in quelle vesti. Lo sente respirare, sente il fremito della sua vita venir fuori dolcemente. L'ha amato, ella, quel ritmo, ma ora lo odia, piuttosto. Ora odia ogni cosa faccia parte di quell'uomo, perché quell'uomo ha rifiutato la luce, quell'uomo preferisce l'ombra di una tenda, i colori di un'impressione e non la verità della sua donna. E sono ansia, sudore, battito cardiaco accelerato e paura ad essere tornati quali unici compagni. Ecco distrutta ogni speranza di salvezza con un'osservazione che è propriamente una verità, che è la verità di un rifiuto, che è una ferita mortale per lei e dunque mortale deve essere anche per lui.

Ha spalmato della marmellata sul pane prima che egli rientrasse. Ella ha spalmato della marmellata sul pane e l'ha spalmata con un coltello. Un coltello che ora è sul tavolo in cucina; il coltello col quale ha, ella, spalmato la marmellata prima che egli rientrasse giace ora sul tavolo in cucina. Probabilmente unto del rosso della marmellata alle fragole che ha spalmato sul pane, il coltello è lì sul tavolo in cucina. Saranno venti, trenta passi, non di più. Certo saranno passi faticosi, e quaranta o sessanta se li calpesti per tornare al letto dove quell'uomo sta dormendo. Ma sono pochi, se pur faticosi. E davvero le costano uno sforzo enorme, perché i suoi muscoli sono come atrofizzati, perché i suoi muscoli non rispondono, perché qualcosa cerca di bloccare quel percorso. Ma li compie, ella compie quei passi, percorre il cammino dal letto al tavolo in cucina, ed afferrare il coltello è per lei uno sforzo immane, ma sta decidendo di compiere anche quello. E ce la fa, ma sente che una parte di lei non reggerà, non rimarrà in silenzio, non può farcela. Ha amato, ha sperato, una parte di se stessa vuole morire anziché ammazzare. Morire anziché ammazzare.

Una voce. «Non farlo. Non questa volta. Non con lui. Lo ami. Non privartene.»
Taci. Sei solo una voce e sei solo invadente. E dove eri le altre volte? Taci. Ti cercavo e non c'eri. Cosa c'è di diverso? Forse non ho sofferto abbastanza?
Distruggi ogni cosa che ami e che odi e che vedi. Ma quest'uomo lo amo io, ho taciuto ma urlo ora, urlo perché faccio parte di questo corpo e di questa vita quanto te, e non puoi fare questo. Questo non te lo permetto. Non puoi privare entrambe di una cosa così grande.
Non hai il diritto di immischiarti, non ne hai il diritto. Egli è me che ha voluto. Tuttavia è te che preferisce, la tenda e non il sole. L'apparenza alla verità. Sarai contenta, ma io ho il diritto di decidere come e quando dire basta. E lo faccio.
No, io dirò basta, a me e a te. Metterò un punto alla nostra vita. Non capisci, non hai mai capito. Siamo due metà di un intero. Ed ora non possiamo dividerci, ma io non ti lascerò compiere quest'ultima insana azione. Scordatelo.
Vedremo. Intanto stai a guardare!»

È solo un movimento nel vuoto di un pomeriggio, all'ombra di una tenda. È solo il movimento di un arto, un braccio e una lama unta che tuttavia scintilla. Un tonfo sordo. E una vittima che è anche carnefice. Perché ella è stata colpita dalla sua mano.

Si sveglia, nel contempo, l'uomo. Vede un corpo e sente due voci, ne è sconcertato. È tramortito quando vede del sangue scaturire dal corpo che egli con amore ha visitato, del quale ha scoperto segreti. Si precipita. Ignaro del rischio che sta correndo si avvicina al corpo della donna che egli considera unica e sua. E dal questo corpo un arto si innalza, brandendo qualcosa e
Ferocemente
Lo
Colpisce
Al petto.
Il respiro lo abbandona per un attimo. Poi torna e torna in lui consapevolezza, torna in lui la voglia di guardare in quegli occhi.
E quando lo fa
Non ne riconosce
Lo sguardo.

Vede nuovi occhi e sente nuove mani ora afferrarlo e nuovi colpi e nuove ferite nel suo corpo. Ma non lo sorprendono più del viso di una donna che non è più la stessa. Seni e ventre e gambe e labbra che egli ha baciato e che ora sono altri. E che cambiano sotto i suoi occhi. Cambiano. E sono familiari e nuovi ad intermittenza. Riesce a scrutarne di ben noti e ne sorprende di sconosciuti. E ferite in quel corpo di donna. Ferite e sangue da quelle carni come dalle sue stesse carni, risultati di una lotta infinita.

E la fine di una storia, simile alla fine di tutte le storie. Nelle quali pazzia e sentimento e passione e forze si intersecano in trecce che sono capelli dorati di donna, che sprofondano in universi blu come occhi di un uomo, infiniti come solo uno sguardo sa esserlo.

© Salomea
Data invio: 28/12/2006
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