Questo racconto è stato stampato in un libretto e ha vinto 400 Euro
in buono acquisto, utilizzabile presso l'Agenzia Viaggi Gianelli di Sestri Levante
del nostro concorso letterario a partecipazione gratuita: Il dono, una virtù concreta

Associazione culturale Lupo della Steppa

Fai la ninna fai la nanna, tra le braccia della mamma
Non avere più paura, della notte scura scura

Ho sempre avuto paura dei temporali
anche se il babbo diceva che i tuoni sono solo angeli che giocano a bocce. Ma perché non giocare a qualcos'altro senza fare tutto quel rumore?

Ninna nanna bel bambino, sembri quasi un agnellino
E se il lupo arriverà, la tua mamma lo scaccerà

Le cose, nella nostra famiglia, sono molto peggiorate
da quando è morto il babbo.
Sulla nostra tavola non c'è quasi nulla da mangiare e mamma ha dovuto prendere decisioni difficili.
La prima ad andarsene è stata mia sorella Adele, in montagna, dallo zio Federico, che ha una casa e una terra tutta sua. Dopo un po' di tempo, visto che la mamma non trovava niente da fare, zio Federico si è preso anche Paolino, mio fratello più piccolo.
Giovanni, il più grande, è stato con noi fino a qualche mese fa, poi ha trovato da lavorare lontano, in Svizzera, dove c'è una cugina della mamma.
Quando ci siamo salutati io piangevo e lui aveva la faccia scura però mi ha detto:
Non piangere. Solo le donne frignano quando capita qualcosa. Gli uomini non piangono, gli uomini sudano.

Ninna nanna bel bambino, sembri quasi un agnellino
E se il lupo arriverà, la tua mamma lo scaccerà

Gionni, il mio soldatino preferito
non sembra particolarmente spaventato dal temporale in corso.
Lui è un eroe di guerra, un eroe con un solo braccio, ma non per questo è meno coraggioso. Ho tolto il braccio a Gionni con la forbice della mamma, e lui non ha detto una parola, non ha versato una lacrima. Gli uomini non piangono, gli uomini sudano.
Anche io ho un solo braccio.
L'altro l'ho perso durante uno scoppio di un oggetto che ho trovato in campagna.
Ero con il figlio del lattaio, Mario, a tirare i sassi contro gli alberi ed abbiamo trovato quella cosa che luccicava. Mario ha detto che era un tesoro e ci siamo inginocchiati per tirarlo fuori dalla terra ma appena lo abbiamo mosso è scoppiato tutto.
Non ricordo niente dell'accaduto.
Ricordo solo che una volta uscito dall'ospedale, dopo aver tolto le bende, il mio braccio non c'era più e Paolino è corso in paese dicendo che una bomba aveva mangiato un pezzo di suo fratello.
La mamma mi ha raccontato che sono stato fortunato perchè Mario, il mio amico, non ha perso solo il braccio, ma ha perso tutto ed è andato in cielo a fare l'angelo.

Un rumore improvviso mi allarma
ma vedere mia madre rientrare in casa mi riempie di gioia e di sollievo.
- Mamma – dico sottovoce – sono ancora sveglio.
La vedo avvicinarsi al mio letto, con i capelli bagnati dalla pioggia.
- Vedi di non fami arrabbiare. Dormi, che domani devi partire...
Perché devo andarmene, mamma? – chiedo con un filo di voce.

Ninna nanna bel bambino, sembri quasi un agnellino
E se il lupo arriverà, la tua mamma lo scaccerà

Questa sembra una mattina come tutte le altre
ma non è così.
La mamma ha messo sulla stufa il paiuolo grande ed ha scaldato l'acqua per il bagno, mi ha immerso nell'acqua ed ha strofinato forte collo ed orecchie.
Ogni tanto mi tira i capelli per farmi star fermo, perché l'acqua mi dà noia.
I vestiti sono quelli che metto la domenica per andare a messa: il giacchino con i bottoni verdi e anche le scarpe belle, quelle marroni con i lacci, solo che io non riesco ad allacciarle con una mano sola.
È arrivato zio Alfredo, anche lui vestito dalla festa, con un cappello grigio sulla sua testa pelata e con l'odore del fumo. Anche il babbo aveva l'odore del fumo.
Si avvicina a me e a Gionni:
- Ciao Luigino.
- Zio – dico mostrando il mio soldatino – saluta anche Gionni.
Lui fa una faccia finta e saluta anche Gionni.
- Andiamo – dice lo zio – il treno sta per partire.
Mia madre mi abbraccia forte, così forte che quasi non mi fa respirare.
- Mamma – grido – mamma... così mi fai male!
Alla mamma non piacciono i treni perché dice che portano via le persone e poi non le riportano indietro. A me il treno è sempre piaciuto e a volte, con Mario, passavamo interi pomeriggi ad aspettarlo. Mettevamo delle cose sui binari e il treno, passando, ce le allargava tutte.
Ora Mario non è più qui.
Chissà come si sta in cielo? Forse anche lui gioca a bocce con gli altri angeli...
È la prima volta che prendo il treno e ho un po' di emozione. Sono salito di corsa perché avevo paura che si muovesse e mi sono seduto vicino ai finestrini.
Quando sei in treno e guardi dal finestrino non capisci bene se è il treno che corre o sono gli alberi fuori che stanno correndo.
Sono arrivato all' Istituto.
Una suora magra e lunga vuole prendermi in braccio ma io non voglio. Lo zio mi lascia sui gradini e la suora accompagna me e Gionni in una grande stanza.
Dagli angoli della stanza compaiono strani bambini che mi saltano addosso, che urlano: bambini senza una gamba, con bende sugli occhi, bruciature, cicatrici...chi nero nero, chi senza capelli. Qualcuno è senza un braccio, come me. Proprio come me...
Sono circondato da mostri che mi assomigliano. Questo vuol dire solo una cosa: anch'io sono un mostro. Ecco perchè mi hanno rinchiuso qui dentro ...
Riesco solo ad invocare l'unica figura che vorrei avere vicino:
- Mamma! – urlo con quanta forza mi ritrovo in corpo.
Tutti si fermano e torna il silenzio.
Mamma!

Fai la ninna fai la nanna, tra le braccia della mamma non avere più paura, della notte scura scura

Non so quanto tempo sono rimasto lì
accucciato in un angolo ad implorare la mamma, dondolandomi tra le ginocchia, mentre la suora tentava inutilmente di consolarmi.
Poi ho sentito due energiche braccia che mi hanno alzato ed ho incontrato un caldo abbraccio che ho subito ricambiato.
Era un prete.
Quando mi ha rimesso sul pavimento, ho infilato Gionni nella tasca del giacchino e mi sono aggrappato alla sua veste nera.
- Pensavo fossi un angelo...
Lui mi ha sorriso ed ha detto solo:
- Certo, un Angelo...
Ho passato il resto della giornata trotterellando per l'istituto, saldamente agganciato al vestito del mio salvatore.
All'ora di cena mi ha portato in mensa, in mezzo agli altri bambini e un applauso collettivo mi ha accolto.
Qualche lacrima mi stava ancora scivolando sul naso.
- Non piangere, piccolo – mi dice lui – loro saranno i tuoi migliori amici, vedrai...
- Non sto piangendo – dico io – sto sudando.
Il padre della nuova famiglia mi fa sedere a tavola e mi saluta:
- Ora devo andare, ma ti prometto che domani tornerò.
- E se arriva il lupo nero? – chiedo preoccupato.
Qui di nero c'è solo la mia veste – dice ridendo – e quella non morde. Ma ti prometto che se arriva il lupo nero ci penserò io a mandarlo via.

Fai la ninna fai la nanna, tra le braccia della mamma non avere più paura, della notte scura scura

Ninna nanna bel bambino, sembri quasi un agnellino
E se il lupo arriverà, c'è don Angelo che lo scaccerà...

separatore

Negli immediati anni del dopoguerra, alcuni istituti religiosi si presero cura di quei bambini colpiti dalle bombe rimaste inesplose, i mutilatini. Questo racconto è dedicato a quei preti, Don Carlo Gnocchi in testa che, non limitandosi a fornire pasti caldi e un luogo in cui vivere, hanno pensato all'istruzione di questi bimbi e prospettato loro un possibile futuro sereno.


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