Così ci riuscì. La scienza aveva individuato, partendo da informazioni sommarie con valenze vicine allo zero, attraverso studi sempre più approfonditi dapprima su cavie animali, poi su cadaveri umani ed infine con esperimenti sui condannati a morte cinesi, la sede dell'anima. Essa non era quindi solamente il frutto di un'idea proveniente dal pensiero comune scaturito dalle influenze delle religioni, ma un'eterea realtà. Inconsistente solamente perché non rilevabile dai sensi umani.

Una domanda fu posta da uno degli stessi uomini che venivano sistematicamente presi come cavie, e cioè se l'anima fosse a quel punto l'unica parte non materiale del corpo sfuggente all'umana percezione e conseguentemente sondabile tramite tecnologie scientifiche. Quesito questo, che gettò lo sconforto tra medici e scienziati che evidentemente pensavano, con tali risultati, d'essere arrivati all'apice della conoscenza ed al tripudio della ragione umana sul caos. Bisognava in ogni caso riconoscere che una scoperta di quel genere sanciva uno spartiacque storico, scientifico e sociale con il passato; la fine di un microcosmo terreno basato sulla materia e l'inizio di quell'agognato, e spesso predetto, cammino verso un macrocosmo pluridimensionale e superiore. Ma tutto era nelle mani di pochi.

***

Gli scienziati ed i dottori che presero parte all'impresa erano quasi tutti di formazione post-universitaria statunitense, con l'eccezione di due luminari austriaci. All'inizio si provò a stabilire la sede degli studi a Boston, ma successivamente, incontrando la necessità di servirsi di corpi in vita per i tests, si pensò ai condannati a morte. Ora, essendo gli Stati Uniti provvisti di leggi etiche e morali democratiche fortemente impresse nella propria Costituzione, si indì un referendum, che i principali esponenti di quel progetto erano convinti, data l'importanza primaria dei relativi risultati, di vincere con un plebiscito. Invece l'esito fu negativo, e non solo. Provocò un'indignazione tale nell'opinione pubblica prima americana e poi mondiale, che sorsero comitati spontanei in ogni parte del globo per "l'abolizione immediata di simili scempiaggini che riportano indietro il lume umano all'età della pietra" (Herald Tribune). Dalla White House si annunciò così la cessazione di ogni ricerca medico-scientifica riguardante l'ubicazione dell'anima nel corpo umano. Ma il progetto ebbe tutt'altro che una fine. Si decise di spostarlo, in gran segreto, in un paese che scegliesse ancora la pena capitale come soluzione finale per i criminali. Ma soprattutto che non avesse il problema di una democrazia più o meno sana e di una pubblica opinione influente.

Si guardò al Continente Asiatico, finché la scelta non ricadde sulla Cina, potenza in ascesa e per questo pronta a tanto per ricevere molto.

Fu così che mentre le coscienze dei popoli del mondo provavano un senso di liberazione da quella minaccia etico-morale, nella regione di Shangai i primi esperimenti segreti davano responsi insoddisfacenti. Ai criminali non era concessa alcuna possibilità di scelta: venivano semplicemente prelevati dal braccio secolare, storditi, ed infine lasciati nelle mani dei quei discendenti putativi di Mengele.

Tutta la ricerca passò ad essere largamente finanziata dai governi del G8 per la sua valenza straordinaria, poiché proprio quei luminari che ne avevano teorizzato la riuscita illustrarono la possibilità di una vasta gamma di modifiche apportabili all'ubicazione dell'anima; operando anche i più impercettibili cambiamenti al suo habitat si credeva fortemente di poter influenzare essa stessa.

Si intuisce facilmente la mole di tali scoperte e delle relative evoluzioni, che tuttavia erano ufficialmente teoriche e che tali sarebbero dovute rimanere per il resto del mondo. Dopo circa cinque anni di esperimenti e di schizofrenie provocate nelle menti dei condannati presi in esame (ove non fu morte del tutto) si concluse che la sede dell'anima si trovava alla base del cervelletto, e che proprio da li, forse non per caso, nasceva e si sviluppava quella "voce" intracerebrale chiamata comunemente coscienza. A tal proposito venne scoperto in seguito che proprio essa fungeva da tramite naturale tra la materialità (e quindi i limiti) del corpo umano e la divinità contestuale d'esso stesso; una sorta di "ponte" ideale tra i cinque sensi, atti a riconoscere e gestire la consistenza, ed un universo superiore razionale e pensante, capace d'essere indipendente da legami col tangibile ma al contempo di suggerirne l'uso illuminato in ogni momento, attraverso reazioni chimiche.

Fu a questo punto che molti ricercatori decisero di fermarsi ed abbandonare tutto, fiutando forse che la doppia scoperta potesse celare torbidi risvolti. In effetti tutta la troupe di scienziati, anche se presentiva dall'inizio che si sarebbero potute manifestare delle ingerenze nel proprio lavoro da parte di chi quell'operazione la finanziava, aveva saputo abilmente mantenere un distacco ed una riservatezza sufficienti, anche se sempre più a stento. Questo perché in fondo le intenzioni di ognuno di essi erano, anche se di ardua comprensione per i civili, in buona fede e tese ad alleviare i dolori della collettività, convinti com'erano che più il fine è nobile più abbisogna di mezzi adeguati, anche se a caro prezzo.

Ma a quel punto la situazione sfuggì di mano, ed i finanziatori del progetto (che di soldi ne avevano versati una quantità innominabile), di volta in volta informati dei progressi raggiunti, ponevano immantinentemente le basi per una "digressione dallo studio originario": tentare la modifica o, in caso estremo, la distruzione di quel ponte ideale chiamato coscienza. Vennero quindi palesemente a galla le mire degli oligarchi del pianeta, forti del fatto che per il mondo intero quei medici ed i loro esperimenti non esistevano più gia da tempo, e grazie a ciò tenendoli in scacco. Fu eloquente la snaturazione di ogni intenzione scientifica. Non solo.

I vicari di quella suprema oligarchia per reiterare la segretezza del caso non ammisero a quel punto nessuna rinuncia da parte dei ricercatori, e coloro che in precedenza sembravano esser fuoriusciti indenni dal progetto vennero perseguitati, stanati ed uccisi.

Continuarono (e dovettero continuare) un pugno di scienziati ed uno dei due luminari rimasti, riluttanti ma paventati da possibili ritorsioni contro le proprie famiglie. In quel clima tutt'altro che sereno l'equipe, ridotta ai minimi termini, brancolava nel buio.

***

Souzhou, Cina Orientale

Il dottor Dollfuss prese posto, visibilmente contrariato. Alla sua destra Dundee si asciugava la fronte per l'ennesima volta; il calore era soffocante mentre le guardie conducevano il già sedato numero 41 al cospetto del luminare; gli controllarono la straightjacket e le cinture che lo legavano alla sedia saldata in terra. Era cosciente ma confuso, ed aveva stranamente una buona reattività agli stimoli esterni.

Dolfuss prima di trovarselo davanti lesse qualche riga riguardo le sua vita passata, come faceva di solito, e si accorse subito dell'occasione che gli si prospettava: il 41 era un professore universitario di filosofia condannato alla pena capitale per aver ucciso il poliziotto che in occasione di una manifestazione separatista tibetana sparò al figlio, uccidendolo. I rimorsi di quell'uomo erano cosi evidenti che sul rapporto vi era scritto: "...e dalla notte della perquisizione al suo appartamento non faceva altro che piangere, dicendo di sentirsi colpevole e profondamente addolorato...". Ciò gettava delle basi estremamente producenti per la loro ricerca, oramai plagiata da forze tanto malsane quanto pressanti: un uomo in preda a rimorsi di coscienza così profondi forniva un banco di prova ideale, poiché fino ad allora avevano potuto lavorare solamente su menti di uomini che erano riusciti, attraverso i loro crimini reiterati, a ridurre la propria coscienza ad un piccolo ruscello in un'estate torrida, rendendone pressoché nulle le reazioni chimiche intracerebrali.

Si guardava attorno, 41. Scrutava Dundee ed il tesserino attaccato al suo camice.

-"Mi fucileranno? O mi concederanno la pietà della puntura?".

Dolfuss fece segno alle guardie di uscire; rimasero così in tre. Poi iniziò:

-"41, ha avuto modo di riflettere sulla scelleratezza che ha commesso uccidendo quel poliziotto? Non immaginava di dover affrontare la sua coscienza prima ancora del plotone d'esecuzione?".

Gli occhi umidi orientati nel vuoto tradivano un certo cogitare:

-"Se conosce, come penso, chi ero e chi sono, le sarà facile realizzare che temo la mia coscienza molto più di qualche soldato che mi spara contro..."

Dolfuss: "...ciò significa che a questo punto teme più di rimanere in vita che di morire..."

41: "Il mio avvocato mi ha garantito che non mi salverò, e non intendo salvarmi. Non devo temere nulla. Lei parla con un morto."

Dolfuss: "...ma lei accennava alla pietà poc'anzi, vuol dire che ha paura quantomeno di provare dolore fisico durante l'esecuzione.."

41: "Sono un uomo. Non dico di no, ma non è forse la stessa strada che percorrerà anche lei? Ed il suo collega? E le guardie che nel loro delirio illusorio d'onnipotenza mi hanno trascinato qui? Conosce scorciatoie per arrivare alla morte sorridendo? Nonostante la posizione ch'io ho vi sembri estremamente scomoda la mia morte non sarà e idealmente e fisicamente diversa da quella di qualsiasi altro individuo passato e futuro."

Dundee si alzò agitato per versarsi un bicchier d'acqua fredda, che bevve d'un fiato. Poi disse:

-"Ci hanno riferito del suo modo di affrontare l'arresto...ha pianto tutto il tempo. Ciò è legato al fatto che il poliziotto cui lei ha sparato, prima del trapasso è stato in coma per tre mesi? Probabilmente in questo lasso di tempo i suoi rimorsi hanno avuto modo di crescere e moltiplicarsi...."

41: "Non avrei mai pensato di potermi trovare nella condizione di sentir crescere dentro l'istinto irrefrenabile di procurare male profondo ad un uomo. L'odio smisurato che subivo dentro di me, dopo la morte di quel poliziotto si è tramutato in aridità. Non sento alcun rimorso per questo....".

Dolfuss si voltò verso Dundee trasalendo. Le loro speranze insensate scolorivano. In un gesto compulsivo Dundee si sedette e chiese, con voce stentorea:

-"Allora per cosa prova colpa?! Se la sua coscienza non le parla e non la smuove, se non ha paura d'esser giustiziato a cosa dobbiamo il suo piangere per giorni e giorni urlando d'essere addolorato?!".

Silenzio.

Dolfuss: "Lei sapeva che in quella manifestazione suo figlio correva un grave pericolo. Tutti sapevano che la polizia non era li per contenere, ma per provocare".

A quelle parole il condannato si girò di scatto verso il luminare guardandolo con occhi spalancati, che si inumidirono ulteriormente. Poi abbassò definitivamente lo sguardo. Le lacrime iniziarono a scorrere cadendo su un pavimento sgradevolmente biancastro, ed egli, sconsolato, iniziò:

-"Mi vedete qui al vostro cospetto con una camicia di forza, eppure vi dico che nessuno è più lucido di me, poiché provo dolore. Siete davvero così persi da confondere i profondi sensi di colpa di un padre con quelli insensati di un assassino? Mi chiedete di esternarvi la causa del mio lamento, eppure ce l'avete avuta sotto gli occhi sin dall'inizio. Sapete... in cella si parla molto dei vostri esperimenti... che siete qui in segreto perché in un paese civile non vi hanno voluto; nonostante il vostro progetto sia un orrendo fallimento, la fine miserrima che state facendo fare all'intelligenza umana è, per le non-persone come me, una speranza: quella di gettarsi tra le braccia compassionevoli della pazzia.

Fanno la fila per venire da voi.

Tuttavia desidererei avere la possibilità di non usufruire di tale alternativa. Ho cresciuto mio figlio amandolo ogni giorno doppiamente: per me e per sua madre, che ci ha abbandonato per inseguire i suoi fantasmi. Ho cercato di insegnargli la vita dal mio modesto punto di vista, ponendo attenzione a leggere ed interpretare finanche i significati reconditi di ogni sua espressione; ho visto germogliare e fiorire la sua infinità intelligenza nel disporre delle sue abilità filantropiche, senza per questo passare per ingenuo ai miei occhi. Ogni giorno poi, venivo rapito dal suo carattere spontaneamente concreto; io, che avevo dedicato una vita all'osservazione e alla riflessione incapace di farne seguire l'azione, mi ritrovavo a sentir crescere e dipendere totalmente da me colui che nei miei pensieri vedevo come l'evoluzione di me stesso.

Quel giorno avrei dovuto fermarlo, ma non solo non l'ho fatto, l'ho anzi incitato. Avrei dovuto appellarmi alla mia esperienza facendogli capire che qui non c'è spazio per quelle idee, anche se erano in lui radicate come convinzioni.

Ma non potevo! Non potevo! Perché credevo come e più di lui in quelle stesse idee, ché in me non avevano mai trovato un loro compimento! L'uccisione del poliziotto è stata odio compulsivo di un disgraziato.

Ho fallito tante volte, ma questo vano tripudio ideologico è coinciso con la mia disfatta come padre. È stato un errore fatale far prevalere l'idealista sul genitore.

Voialtri studiate l'annullamento della coscienza. Non prendete me, io la vorrei mantenere sveglia fino alla fine. Lasciatemi morire nel mio dolore.

In quanto a questo Stato gli lascio la sua pena capitale, io mi tengo la mia che ne coincide solo per il mezzo, ma non per il fine. È il mio estremo sacrificio per l'amore che non ho saputo dimostrare a mio figlio".

In seguito la "digressione dallo studio originario" fallì, e con essa tutta la ricerca. Ai partecipanti al progetto fu concesso di suicidarsi tramite pillole al cianuro in presenza d'un plotone d'esecuzione, oppure di passarne per le armi seduta stante.

Nei paesi finanziatori vennero aumentati tributi ed oneri statali, giustificando ciò con cause convenzionali, per coprire la voragine economica provocata da anni di spese vane.

Il detenuto quarantuno venne regolarmente giustiziato.


Data invio: