Lei era castana con due splendidi occhi verdi. Aveva una voce bellissima e cantava in una band, la mia stessa band. Andava piuttosto bene anche a scuola, la mia stessa scuola. Capiva i problemi di tutti, anche i miei problemi. Era così comprensiva che molti ragazzi si confidavano con lei, raccontandole di tutto. Lei ascoltava e immagazzinava le notizie. Nessuno immaginava che una come lei fosse un'investigatrice. Era una ragazza fantastica, era la mia ragazza.

Salve! Mi chiamo Cassidy e ho, anzi avevo 17 anni. Suonavo la chitarra elettrica. Ero un ragazzo allegro. Ero. Mi trovarono steso sul marciapiede, sul marciapiede di un hotel,di quell'hotel. Mi sono tuffato dal tetto di quell'hotel,un passo e precipitai, un passo, un passo nel vuoto. Questo secondo lo sceriffo. Ero un ragazzo pieno di vita e me la sono tolta. A Clair la cosa non quadra. Mi sono suicidato... forse.
Nella mano tenevo stretto un pezzetto di carta, dentro c'era scritto qualcosa.
"Clair ti amo!".
Un messaggio, un messaggio d'amore. O forse qualcosa di più. Clair lo strinse a sé, lo strinse più forte che poteva. Lei mi amava. Ed io non c'ero più. Poi corse, corse più veloce che poteva. Corse verso la spiaggia e li arrivò. Si fermò e cadde. Cadde sulla gelida sabbia. Quella sabbia dove ci baciammo per la prima volta.
Allora era calda, calda d'amore, di speranza, di sogni. Di quei sogni che ci capita di fare tutti, sogni dove i nostri desideri si avverino. Sogni. Ora la sabbia era fredda, fredda di dolore. E il dolore non lascia posto a nulla. Ed è in momenti come questi che ci si accorge che i sogni sono solo sogni. Clair guardò il biglietto vide che alcune lettere erano rovinate, bagnate da lacrime. Lacrime... ma di chi? Mie o sue? Non riuscì a vederle, non riuscì a farci caso. Non le pareva vero, non voleva che fosse vero. Ma era così.

Passarono altri giorni. Giorni di fitte nel cuore, fitte che non passavano.
Non passava neppure un minuto in cui non pensasse a me, in cui non mi sognasse con le lacrime che le annebbiavano la vista, in cui non si domandasse perché. Già... perché l'avevo fatto?
Di colpo si fermò, guardando la poca luce che penetrava quasi faticando. Aprì lentamente la mano, dove custodiva quel prezioso ultimo pezzetto di me. Quella scritta, quelle lettere, quelle lacrime. Tutto le sembrava chiaro.

Le sembra di aver assistito a tutta la scena. Riusciva a vedermi spaventato, confuso. Riuscì a vedere un ragazzo, un ragazzo che conosceva bene, un ragazzo che mi puntò la pistola. Questo ragazzo mi chiese qual'era il mio ultimo desiderio. Io non risposi, presi una penna e un piccolo pezzetto di carta e scrissi l'unica cosa che volevo sapesse il mondo intero: "Clair ti amo". Strinsi il biglietto nella mia mano.
Poi chiesi a quel ragazzo: "Perché?"
Lui mi rispose:"Perché no?"
Rimasi in silenzio. Puntò la pistola al mio cuore ma aspettò a premere il grilletto. Aveva paura. Io avevo paura. Lo guardai dritto negli occhi e gli sorrisi. Feci un passo in dietro e precipitai, un ultimo passo, un passo, un passo nel vuoto.
Non volevo che lo facesse, non avrei lasciato che lo facesse. Lo ho protetto come un amico, il suo migliore amico.

Lo ero veramente, lo eravamo da sempre. Si chiamava Liam. E le lettere del suo nome erano le stesse di quelle bagnate dalle lacrime su quel pezzetto di carta. Aveva tentato di uccidermi ed io non gli ho permesso di fare una cosa che non si sarebbe mai perdonato. Ma in quel momento lui non riuscì a capirlo. Era accecato dalla gelosia. Lui amava Clair. Era diperato. Io lo sapevo, lo ho sempre saputo. L'Amore uccide.

Un suicidio lo era sì. Ma era un suicidio per salvare la vita di un altro, la vita del mio migliore amico. Ma di chi erano quelle lacrime? Mie o di Clair? Non so rispondere a questa domanda neppure io. Nemmeno Clair lo sa. Ma un'idea c'è l'abbiamo tutti e due. Quelle lacrime sono di tutti quelli che soffrono d'Amore e che sono stregati dalla magia più potente. La magia dell'Amor appena nato.


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