NOTA: Questo racconto è di un giovane autore, adatto a un pubblico giovane

 

A prima vista Jack poteva sembrare un normale ragazzo di 16 anni, studioso ed efficiente a scuola, educato e gentile. Poteva sembrare. In realtà aveva un grande problema, che potrebbe anche essere considerato un pregio... non si arrabbiava mai. Non si era arrabbiato nemmeno un mese prima, quando gli fecero uno schifosissimo scherzo con la pece...
Reprimeva sempre la rabbia dentro di sé, e non riusciva a farla uscire fuori.
Così non poteva continuare, tenendosi tutto dentro, rischiava di impazzire. Doveva trovare un modo per sfogarsi...

Dopo aver subito l'ennesima beffa dai compagni di classe, si sedette al suo posto mentre arrivava il professore di matematica. Jack odiava il professore di matematica come odiava tutti del resto. Nessuno lo trattava bene, tutti lo deridevano, tutti lo prendevano in giro per quel suo "difetto" di non arrabbiarsi mai. Non aveva amici, non ne aveva mai avuti. La sola persona al mondo che gli rimaneva era sua madre. L'unica cui tenesse davvero tanto...

Il prof entrò in aula con i risultati dei compiti in classe della settimana precedente. Con la solita aria soddisfatta, cominciò a distribuirli.
Quando Jack lesse il suo voto rimase stupito...
4.
Era un compito perfetto, lui che era praticamente il primo della classe in quella materia, non poteva aver preso un 4!
Controllò il compito e vide un mucchio di cancellature e si accorse che quello non era assolutamente il suo elaborato.
Andò dal prof a chiedergli spiegazioni e la risposta fu «Leggi il nome, che c'è scritto?»
C'era il suo nome ma questo non era possibile, quello non era il suo compito.
Maledetto!

All'uscita da scuola, sembrava stesse per esplodere da un momento all'altro. Doveva trovare un modo per sfogare la rabbia!
Come se non bastasse, Steve il bullo della sua classe, lo aspettava in fondo al corridoio per il suo scherzo quotidiano.
Non ne poteva più, non ce la faceva più a tenere la rabbia dentro.
Tornò indietro e notò il prof di matematica che entrava nel bagno. Lo seguì di nascosto, ormai tutti i ragazzi erano usciti e nessuno lo vide. Voleva fargli un dispetto per vendicarsi del compito e bagnò tutto il pavimento, sperava che il prof scivolasse e si facesse male.
Si nascose per osservare l'effetto.
Quando il prof uscì, scivolò sul pavimento umido come Jack aveva previsto, ma cadendo sbatté con la nuca sul muro e non si rialzò.
Spaventato, Jack si avvicinò al corpo e si accorse che dalla testa scorreva un fiume di sangue che pareva non volersi fermare mai.
L'aveva ucciso.
Ma non si sentiva male, non avvertiva la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. No, anzi, stava molto meglio. Era rilassato come mai prima.
Uscì dalla scuola e giù nel cortile c'era ancora Steve. Cercò di evitarlo ma Steve gli diede una spinta che lo fece graffiare su una sbarra del cancello, che se ne stava piegata su un lato.
Era pericolosa. Stava lì da anni, ma nessuno si era mai preoccupato di toglierla.
Lui la aveva sfiorata di lato e si era procurato un lieve graffio, ma se qualcuno ci fosse finito davanti... sarebbe rimasto infilzato.
Stava pensando a questo quando afferrò Steve e...

Jack era tornato a casa, dove sua madre gli aveva già fatto trovare il pranzo pronto a tavola.
«Cosa avete fatto oggi a scuola?» chiese mentre si sedeva a tavola.
Jack la guardò sorridendo: «Niente... solita routine.»


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