«Ragazzi, ora basta. State facendo una confusione terribile. Mi dite per cortesia cosa devo prenotare? Fly and drive? HB, FB, BB??»
Una confusione terribile... quindici ragazzi appena diplomati, in partenza per la Grecia, è il minimo che possano fare, in un'agenzia di viaggi.
«Fly and fly!!!! Only Flyyyy!!!!!! Vogliamo solo il biglietto aereo. Vogliamo volareeee!!!!!!!»
Il liceo era terminato. Nonostante come seconda materia fosse uscito "greco" il liceo era terminato. Non male quel cinquantasei/sessantesimi. Ambra era soddisfatta. Suo padre no. Voleva sempre il massimo - lui -.
Suo padre viveva di "titoli e onori" e si oppose fermamente al desiderio di Ambra di non proseguire gli studi universitari, prediligendo un corso da infermiera specializzata. Si oppose pure a quella partenza per la Grecia: «effimero viaggio senza senso che si concluderà con una banalissima quanto scontata vacanza balneare mangiando feta e tzatziki, sbronzandosi di "goumenissa", scimmiottando il "sirtaky" a discapito di un approfondimento meditativo e culturale su Aristofane, Euripide, Platone... e asserendo, soddisfatti, di 'aver visto la Grecia'»
«Sei una perdente, Ambra, chi si accontenta è sempre un perdente. La vita è un obiettivo continuo e il nostro dovere è raggiungerlo, costi quel che costi!»
Stimato cardiochirurgo, suo padre ribatteva ogni decisione a lui contraria. Ma Ambra aveva sempre fatto di testa sua.
Come quella vacanza in Grecia.
Come il regalo che si riportò dalla Grecia...
«Aspetto un bambino».
Ambra ricordò le notti passate sulle spiagge, i falò in riva al mare, la musica della cetra suonata dai coetanei greci e in particolare da quel ragazzo bellissimo che l'aveva notata fin da subito. Trascinata dall'euforia dell'estate, dalla bellezza dei posti, dall'atmosfera che c'era intorno, si donò, nel tepore di quelle notti, a Kostas.
Bello come un dio greco.
Con l'incoscienza dei suoi anni non pensò minimamente alle conseguenze.
«Aspetto un bambino».
«Ma bene, un guaio dopo l'altro» disse suo padre sbattendo violentemente un pugno sopra il tavolo e urlando: «Prima la decisione di fare l'infermiera, ora l'attesa di un bambino e... cosa pensi di farne di questo "piccolo bastardo?" Spero, ovviamente, tu voglia sbarazzartene e anche in fretta. E mi auguro che dopo, la sequenza di errori giovanili sia terminata e tu decida una volta per tutte di piantare le basi per una vita vera. La vita non è un gioco, Ambra, e non è nemmeno mettere al modo figli come cagne, per dio!»
«Ti odio papà. Seriamente. Ti odio. Mi fai schifo».
Un padre cardiochirurgo, noto per riportare miracolosamente le persone alla vita, ora si proponeva quale carnefice di ciò che definiva "un errore". Ambra decise che quell'errore sarebbe nato, contro tutto e contro tutti. Quell'errore era una cosa sua e nessuno poteva decidere alcunché.

***

Bello Nicholas.
Almeno il nome, quello sì, lo aveva scelto greco. Il cognome era quello di sua madre: Scarano. I documenti riportavano, per l'esattezza, Nikolaos Scarano, che per ragioni fonetiche, nell'uso quotidiano, diventò Nicholas Scarano. Era diventato proprio un bellissimo ragazzo. Somigliava decisamente a suo padre - almeno - per ciò che Ambra ricordava di lui...
Era stata durissima i primi anni, senza l'aiuto di nessuno.
Ambra non fece mai il corso da infermiera, lasciò quel sogno nel cassetto, per poter crescere Nicholas. Si era "accontentata" di un semplice lavoro da contabile in una piccola azienda orafa. Non era stato semplice passare tanti Natali e tante "feste del papà" dovendo rispondere alla lecita domanda di Nicholas: «e il mio babbo dov'è?»
«Tuo padre è in una spiaggia lontana, in una stella luminosa, in un alito di vento...».
Quando Nicholas diventò grande, gli spiegò tutto. E Nicholas comprese.
Era un rapporto fortissimo il loro. Ambra aveva sempre rifiutato di dargli un padre. Nicholas era suo, era qualcosa di meraviglioso e non voleva dividerlo con nessuno. Nemmeno ora che Pietro era il suo dolce compagno e che Nicholas si era fatto uomo, Ambra accettava la convivenza .
«Nicholas, l'amore, se vero e sincero, non ha bisogno di una dose quotidiana di contatto. L'amore vive e si nutre di sentimento, non di abitudini. Sono ventidue anni che viviamo insieme. Ho impostato la mia vita, con enormi difficoltà, su parametri di autonomia, dopo esser stata letteralmente abbandonata a me stessa. Tuo nonno mi definiva "mediocre" "perdente". Forse sarò mediocre e perdente ma oggi come oggi sono serena, anche senza il titolo di 'Dott.' davanti al mio nome. Ora che anche tu lavori, manteniamo un livello di vita più che dignitoso. Amo Pietro e sono corrisposta. Sto benissimo con lui, ma non sono disposta a restringere i miei spazi, né a rinunciare ai momenti in cui ho bisogno di stare sola. Credimi Nicholas, io adesso sto bene. Ti ringrazio per la tua proposta di accogliere Pietro con noi, ma io sto bene così.»
Nicholas studiava Legge con passione e di sera lavorava come barman in un noto American Cafè della città. Pur abitando con sua madre, entrambi vivevano ormai di vita propria, con orari e gestioni autonome del tempo. Ambra spesso tornava a casa e trovava Nicholas con i suoi amici, che ascoltavano musica, o guardavano film in DVD o sgranocchiavano pistacchi e noccioline, discutendo animatamente sulle ultime manovre di questo "governo ladro". Poi uscivano. Non si capiva mai chi- stesse- con -chi. La ragazza che la sera prima era abbracciata a Luca, la sera dopo era seduta sulle ginocchia di Marco, e la sera successiva si stringeva a Vincenzo.
«Eh non rompere mamma! Possibile che tu debba necessariamente fare il gioco delle coppie? Siamo tutti amici. È normale abbracciarsi.» Nicholas le parlava mentre si aggiustava il papillon da barman davanti allo specchio, dandosi un'ultima aggiustatina ai capelli: era impeccabile quando si recava al
lavoro.
«Sarà... però quella Camilla ti abbraccia molto spesso. Io sbaglierò anche a fare il gioco delle coppie, ma forse non a fare il calcolo delle probabilità... fra l'altro Camilla è proprio bella» disse sua madre, appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate, ammirando, compiaciuta, il suo splendido raggio di sole.
«Scema» - rispose Nicholas sorridendo e dandole un buffetto sulla guancia.
«Notte mamma, sono in ritardassimo. Bacio». - Sgusciò via, infilandosi di corsa la giacca, prima che Ambra potesse ricambiare il bacio.
L'avrebbe chiamato verso la mezzanotte, come tutte le sere, al cellulare, per augurargli buon lavoro, prima di coricarsi.
Certo che bello così com'era, chissà quante Camille aveva intorno il suo Nicholas. E tutto sommato non aveva alcuna fretta di vederlo iniziare un rapporto importante. Stavano ancora molto bene insieme.

***

Negli ultimi tempi accadeva qualcosa di strano. La vitalità di Nicholas diminuiva di giorno in giorno. Non lo vedeva più sorridere. Studiava, lavorava, si ritirava in camera sua, ascoltava musica. Parlava pochissimo.
«C'è qualcosa che non va?»
«Niente, mamma, è tutto a posto. Sono solo un pò stanco».
«Nicholas, se è per il lavoro, non so, possiamo parlarne. Comprendo che sia duro conciliare le due cose. Ma se ci accontentiamo e rinunciamo a qualcosa, possiamo comunque farcela. So quanto ci tieni a terminare Legge e in fondo mancano solo due anni, tre al massimo.»
«No, mamma. Lascia stare. È un periodo così, passerà».
La situazione peggiorava.
Ambra cercava di fare tutto il possibile per sollevare Nicholas, cominciando dalle cose più piccole, come ad esempio cucinare spesso i suoi piatti preferiti. Il lunedì era per Nicholas giorno di riposo e anche quel lunedì, come sempre, uscì nel primo pomeriggio: avrebbe fatto rientro solo in tarda serata.
«Dove vai di bello oggi?»
«Non so mamma, non so. Non ti preoccupare. Mangia pure o esci con Pietro. Non torno a cena. Ciao».
«Ma ti volevo preparare il timb...» - niente, era già uscito. Va beh, se lo sarebbe mangiato da sola il timballo, o avrebbe telefonato a Pietro.
Pietro, sempre così disponibile, generoso, premuroso, innamorato. Non sapeva se parlargli di questo malcontento di Nicholas, forse non era il caso.
L'aveva tenuto fuori dalla 'sfera - Nicholas' fin dal loro incontro e non era giusto rivolgersi a lui, ora che le cose che non andavano. O forse l'avrebbe capita e aiutata.
Quel pomeriggio stesso, pensò che Nicholas, al suo rientro, avrebbe gradito trovare la camera riordinata. Di solito disbrigava da solo la faccenda. Quel giorno Ambra pensò di fare una cosa carina, un atto di gentilezza. Era un'impresa, questo sì. C'erano jeans, T-shirts e camicie ovunque, pulite e sporche. I CD erano in rigoroso ordine sparso, il posacenere pieno di cicche.
Cosa mai pulisse Nicholas quando asseriva di rassettare la camera, ancora doveva capirlo. Quando dopo ore di lavoro minuzioso, la camera iniziò ad avere un aspetto decente, Ambra decise di completare l'opera, spolverando anche le mensole più alte, quelle dove c'erano le foto. Prese la prima, si fermò un attimo, si sedette sul letto, e guardò a lungo quel primo piano di Nicholas a
un anno. Con la torta davanti. Era un bambino bellissimo, pieno di gioia e di vita, sorridente davanti a quell'unica candelina.
Il suo "errore"... eccolo lì, immortalato con quelle due perle nere d'occhi, tanto nere da non riuscirne a vedere l'iride.
(Fottiti papà. Fottiti nel luogo più lurido dell'inferno che sarai ora. Fottiti Dottor Scarano)
Spolverò minuziosamente il portaritratto e, in punta di piedi, cercò di rimetterlo sulla mensola. Ovviamente cadde. Quando uno si mette a far pulizie profonde deve considerare un margine di almeno il cinque per cento che qualcosa cada o si rompa: stavolta era toccato al portafoto. Non era andata male. Bastava togliere completamente il vetro e ricomprarlo: la cornice era in argento, non si era fatta nulla. Tolse i frantumi di vetro, aprì le linguette posteriori per rimuovere la foto e... trovò qualcosa. Un foglio ripiegato, nascosto dietro. L'aprì. Era una lettera.
Amore mio, amore mio, unico e indescrivibile. Lo so quanto soffri. Almeno quanto me. Non
poteva che finire così, e lo sai. È straziante ricordare tutto, ricordare le albe passate insieme, quando riuscivo a venirti a prendere fuori dall'American Cafè alle quattro del mattino, con la scusa del turno di lavoro cambiato. È straziante ricordare le passeggiate sulla spiaggia, col sole che nasceva e i gabbiani che camminavano goffi sulla battigia per poi spiccare elegantemente il volo quando ci avvicinavamo a loro. Abbiamo provato sensazioni bellissime, uniche, speciali. Ti ricordi quella che chiamavamo "La Grotta del Vento?"».
Quella che ci riparava da occhi indiscreti e che era complice dei nostri baci più profondi? Piango anch'io Nicholas, piango tanto, ma nel nostro ultimo incontro ti ho spiegato i motivi di questa decisione: non me la sento di distruggere tutto. Non ce la faccio. Farei del male a troppe persone, prima di tutto ai miei figli e non è giusto. Ti porterò sempre nel mio cuore. Ti amo ancora e probabilmente non smetterò mai di farlo perché sei stato l'unico amore vero della mia vita. Incontrare l'amore a trentadue anni è un'arma a doppio taglio, perché non c'è nemmeno la speranza che sia una cotta passeggera. A trentadue anni, se succede una cosa com'è successa a noi, ipotechi il cuore e l'anima per il resto della vita. Amami come io ti amo. Non scordarmi mai Nicholas, mai...»
Eccolo qua il malcontento di Nicholas. Perché ovviamente succede così. Uno è bello, giovane, intelligente, ha una scelta inesauribile di Camille, giovani, belle e intelligenti e invece no! Si innamora di una signora, matura, con dei figli, un po' stanca del marito, che vuole provare nuove emozioni, che gli giura amore eterno e che poi al "dunque" fa marcia-indietro. Perché con ogni
probabilità la dolce signora non è così stupida da rinunciare ai benefici che il maritino gli offre e così, con una smielata lettera di benservito dice addio al giovane amante. I gabbiani sono molto romantici, per una volta, ma probabilmente il gioiellino da Tiffany, non so, come dire... è un'altra emozione via!
Scena vista e rivista, sfruttata da scenografi, registi e scrittori.
Obsoleta.
Capitata a Nicholas.
Erano pensieri di una madre irritata contro chi provocava dolore al proprio figlio. Le madri irritate sono tigri: graffiano, attaccano, mordono. E se ne rese conto. Aveva formulato pensieri decisamente rigidi e maligni. Magari non era così. Magari questa signora era una disperata, con un marito assente, e si era realmente innamorata del suo Nicholas. Sta di fatto che ora Ambra aveva
capito perché suo figlio, negli ultimi mesi, fosse così introverso e disinteressato a tutto. Ma come farselo dire? Come? E come aiutarlo?

***

«Nicholas, senti, quest'anno ho la possibilità di avere una settimana di ferie in giugno. Che ne dici se facessimo una mini-crociera, non so, io e te, se vuoi magari anche Pietro e... Camilla o qualche altro tuo amico. Pensavo di andare in Grecia, a volte ne abbiamo parlato, mi pareva ti piacesse l'idea di vedere i posti dove sei stato concepito, insomma le tue origini. Che ne pensi?»
«Che è una stronzata. Non ho voglia di veder gente.»

***

«Fra poco è Natale, Nicholas. Vorrei farti un regalo speciale quest'anno. Qualcosa che ti piaccia davvero. Hai qualche desiderio?»

«Sì. Vorrei che tu andassi via con Pietro e vorrei passare il Natale in pace,
da solo».
«Ora basta Nicholas, ora basta davvero. Io non capisco questo atteggiamento nei miei confronti. Ora ti siedi un attimo e ne parliamo».
«No».
«Sì, invece. Io non ho colpa alcuna di ciò che stai passando. Abbiamo sempre avuto un rapporto speciale io e te. Sono mesi che questa storia va avanti. Sono stufa di musi lunghi, di silenzi, di risposte irritanti, di barricate in camera. Non si può andare avanti così».
«...di cosa sto passando. Che ne sai tu di cosa sto passando? Che ne sai?»
Ambra aveva sempre pensato che l'unico modo per risolvere i problemi fosse parlarne. I silenzi restano silenzi e non servono a nulla. Quello era il momento buono per scoprire le carte in tavola...
«Nicholas, non ti sei accorto, ma il portafoto, quello in argento, in camera tua, si è rotto. Nel togliere il vetro spaccato, ho trovato la lettera...
Chi è lei? Ho letto. So tutto. So che è lei la causa della tua infelicità.
Parlami Nicholas, ti prego, non ti sto giudicando, sto solo cercando di comprendere».
Lo vide impallidire, poi diventare rosso dalla rabbia, poi ancora vide la vena del collo pulsare velocemente e udì la sua voce affannata, quasi soffocata rispondere:
«Che cosa hai fatto??? Che cosa hai fatto brutta stronza?? Hai letto quella lettera?? Come ti sei permessa??»
«Nicholas, abbassa il tono e modera i termini. Sì ho letto quella lettera va bene? Non dovevo farlo? Invece l'ho fatto. Le cose non succedono mai per caso. Se non avessi rassettato la tua camera, se non avessi spolverato le mensole in alto, se non avessi mosso quel portafoto, non sarebbe successo. E invece è successo. E quando ho rimosso i vetri, ho trovato quel foglio. Cristo, lo capisci che non è normale trovare un foglio ripiegato dietro una foto? Non sono andata a frugare dentro le tue cose. È capitato e basta. Ho letto, sì ho letto. Credi di essere originale? Credi di essere l'unico che si innamora di una donna sposata di dieci anni più grande di lui? No, non lo sei davvero originale. Volevo parlarne, perché anche il solo parlare può aiutare. Ma visto che sei diventato così diffidente nei miei confronti, allora viviti questo amore da solo, distruggiti da solo per una donna che non avrai mai.»
Nicholas, in piedi, la stava fissando con l'aria di chi finalmente sta per vuotare il sacco.
«Sei una stupida. Rientri perfettamente nella media. Se ti facessi vedere un foglio bianco con in mezzo una piccola macchia d'inchiostro e ti chiedessi "cosa vedi?", tu risponderesti "una macchia d'inchiostro". No, non è mia questa... sono un futuro avvocato, non un futuro filosofo. Questo aforismo appartiene a uno scrittore, un certo Buttafava. "... perché gli uomini vedono soltanto le macchie e non il grande e stupendo foglio bianco che è la vita". Tu hai letto quella lettera. Tu hai costruito una storia su quelle righe. Hai letto ciò che volevi leggere e nient'altro. Bene, allora, visto che siamo arrivati fin qui...allora lo vuoi sapere chi è?? Sei sicura di volerlo sapere??»
Ambra non capiva. Cosa c'era da leggere in quella lettera? Era chiara, molto chiara, fin troppo chiara. E cos'era il tono ironico circa quella donna? Forse Ambra la conosceva bene?
«Allora? Vuoi saperlo? Vuoi sapere chi è la macchia nera sul quel foglio bianco??? O vuoi sapere chi è quel foglio bianco intorno? Che poi sono la stessa persona. Dipende da chi guarda, decidere se è una macchia nera o un foglio bianco.
Eh? Non dici niente adesso vero? Ti sta pigliando paura? Ora è troppo tardi per aver paura. Sei voluta entrare di prepotenza su una parte di vita mia e solo mia. Bene.
Allora... quella donna che non avrò mai è Vittorio! Hai capito? È Vittorio, Vittorio, Vittorio. È maledettamente Vittorio! Lo so, lo so cosa pensi. Pensi che ora aggiungerò: è Vittorio Stefania, o Vittorio Marta, o Vittorio Claudia, perché la speranza è l'ultima a morire, e questi sono i suoi ultimi secondi di vita, te l'assicuro.
È Vittorio e basta. Vittorio-uomo. Contenta? Soddisfatta? Non parli? È uno scherzo? No... Mi spiace.
...dì qualcosa cazzo! Dì qualcosa!!!!!!
Hai voluto la verità? Eccola: hai un figlio finocchio, un frocio, una checca!
Oppure... la vogliamo mettere sul soft? Sono gay, mamma, sono o-mo-ses-sua-le.
Sono stato chiaro?
Hai passato una vita a far sacrifici, hai rinunciato al tuo sogno di infermiera specializzata, fai un lavoro che detesti, hai un uomo a mezzo tempo perché ti fotti dalla paura di non saper gestire una relazione vera e la vita cosa ti ha dato in cambio? Un bastardo, per giunta frocio!».
Ambra si alzò di scatto e, con le lacrime agli occhi, colpì violentemente Nicholas sul volto.
«L'hai voluto tu. Io ho cercato di tenertelo nascosto». Nicholas uscì di casa sbattendo la porta.

***

Prese un periodo di ferie, smise di frequentare l'Università. Di giorno dormiva, di notte si ubriacava. Ambra non lo riconosceva più. Una notte, in preda a una crisi di vomito, Nicholas, si lasciò andare in un pianto dirotto, steso sul letto, con sua madre seduta vicino, che gli porgeva una tisana aromatica. Non si erano più parlati da quella sera.
«Non ce la faccio, mamma. Non ce la faccio. Lo amo.»
Ambra gli accarezzava i capelli. «Lo so».
«Come...lo sai?. Mamma ti sto dicendo che amo un uomo, amo Vittorio.»
«Nicholas, tu non mi hai dato tempo, né modo di parlare. Mi hai aggredito e basta. Cosa devo dirti? Che sono felice? Non posso, perché non è vero. È inutile che ti dica che su te ho puntato tutto, che ho sperato in tutto ciò che a me è mancato. Il tuo sogno era quello di diventare avvocato. Nella mia testa ti vedevo avvocato, con una donna accanto, che amavi, con dei figli che avrebbero avuto un padre al quale riportare i lavoretti in creta decorati a mano per la festa del papà. Ti ho sempre pensato con una famiglia felice. Pensa te, nel mio immaginario vedevo anche il cane. Un pastore tedesco. Apprendere che ami Vittorio mi ha sconvolto, è vero, non me l'aspettavo, a questa eventualità non ci avevo pensato. Sono cose che pensi sempre capitino agli altri. Cosa vuoi che ti dica? Sei mio figlio. Io non posso non amarti. Non ci riesco. Nemmeno se ami Vittorio. Come madre soffro immaginando gli ostacoli che troverai, soffro perché tu soffri di questo amore travagliato, soffro perché so che ti neghi a priori la gioia e la possibilità di diventare genitore. Per il resto... io non so... Ho intuito che questo Vittorio è sposato e ha dei figli, è così?».
«Sì, è così. Ci siamo conosciuti all'American Cafè. Io non lo sapevo di essere omosessuale. Per dirtela tutta... avevi ragione. Camilla mi è stata dietro parecchio, in verità ci sono stato con lei, come un uomo sta con una donna. Mi stupivo di non provare appagamento durante i nostri incontri. Era più lei che io ad insistere perché ci vedessimo. Poi ho pensato che forse dipendeva dal fatto che non ero innamorato di lei, pur riconoscendo che è una bellissima e cara ragazza. Sono uscito con altre, sai lì all'American Cafè gira tanta gente.
Ma tutte le volte provavo un senso di vuoto. Poi ho incontrato lui. Lui che, staccato il turno dall'ospedale, veniva a far colazione, o che veniva a prendere l'aperitivo poco prima di cena, coi colleghi».
«È un medico?»
«Sì, un medico ortopedico. Si tratteneva un po'. Parlava del più, del meno, dei suoi figli, di sua moglie, del suo lavoro. È piacevole sentirlo parlare. Io gli raccontavo di te, delle mie origini greche, dei miei studi. È un attento ascoltatore. Mi sentivo bene quando parlavo con lui. Molto bene, troppo bene.
Ricordi quella sera che tornai con la mano fasciata? Mi ero ferito accidentalmente con la lama di un coltello, per affettare limoni e arance per i cocktails. Lui aveva con sé la valigetta del pronto soccorso e si offrì di disinfettare e medicare la ferita: non occorreva mettere punti, il taglio non era profondo. Quando mi prese la mano per la medicazione, entrambi ci guardammo per un attimo, senza dire niente, come se una scossa elettrica ci avesse attraversato.
Ero confuso, sconvolto. Non riuscii a capire subito cosa stesse accadendo. So solo che attendevo di andare al lavoro perché lui arrivasse, so solo che né con Camilla né con le altre avevo mai provato questa gioia dell'attesa. Una mattina, alle quattro, io avevo terminato il turno di lavoro e stavo
aspettando l'autobus che mi avrebbe riportato a casa. Lo vidi uscire dall'ospedale. Mi vide. Mi chiese se volessi un passaggio. Accettai. Lungo il tragitto mi parlò: mi confessò il suo malessere interiore. La disperazione di vivere una vita che non era sua. Aveva scoperto ed accettato di essere omosessuale. Era diventato un incubo doverlo nascondere al mondo, ai suoi genitori, ai suoi figli, a sua moglie. Questa vita che gli scivolava addosso, inafferrabile, crudele. Questa vita che gli negava il diritto di amare. I problemi che avrebbe avuto sul lavoro «se si fosse venuto a sapere».
Non so esattamente come accadde: sono cose che non hanno sequenza. A un certo punto la sua mano si posò sulla mia, o viceversa, non so. E poi sentii il suo abbraccio, le sue labbra, il mio corpo che rispondeva positivamente a queste attenzioni. Da lì in poi è stato il delirio. Un delirio d'amore. Un delirio vivere questo amore prima che nascesse il sole, per occultarlo al mondo. Le passeggiate sulla spiaggia, le effusioni sempre più profonde alla Grotta del Vento, al riparo da tutto e da tutti.

Sentivo battermi il cuore quando lui mi aspettava all'uscita del lavoro: spesso, alla moglie, diceva che iniziava il turno alle quattro, o che c'era un'urgenza in ospedale, e invece veniva da me. Nessuno si è mai accorto di nulla. Vivevo per le sue parole, per i nostri incontri, per le nostre passeggiate lungo la spiaggia. 'Perché' gli dicevo 'perché, Vittorio non hai il coraggio di ribellarti, perché non hai il coraggio di vivere? Mia madre è andata contro tutti pur di avermi. Mia madre ha lottato per amore. Io sono disposto a farlo.' Ma lui rispondeva di no. Sarebbe stata una vergogna troppo grossa per la sua famiglia. E poi, alla fine quella decisione: 'ti amo troppo per considerarti e viverti come un amante. Non è giusto. Hai diritto a un amore che possa vivere e crescere. Ti amo troppo per costringerti a una vita fatta di fughe, di baci rubati e di albe appena accennate. Combatti Nicholas, combatti come ha fatto tua madre. Troverai una barriera forte, un mondo che ti punta il dito contro. Troverai derisione. Sconfiggili. Distruggili. Io non sono più solo: l'aver messo al mondo due figli mi impone dei doveri. La mia felicità non merita la distruzione della loro vita.'
Pochi giorni dopo mi consegnò quella lettera che hai trovato, pregandomi di leggerla quando fossi stato solo. Non l'ho più rivisto da allora. E mi sento morire.»
«Adesso dormi Nicholas, sei esausto.» Lo vide chiudere gli occhi e soffocando le lacrime, passò lievemente una mano tra i suoi capelli, gli rimboccò le coperte e pensò: «è vero, tu non sei l'uomo che il mondo vorrebbe fossi, sei un angelo. Sei la cosa più bella che la vita potesse donarmi».

***

«Sig.ra Scarano?»
«Sì.»
«Può seguirci per favore?»
«Dove? Cosa c'è?»
L'auto della Polizia era col motore acceso sul piazzale e il Commissario Corradi aveva suonato alla porta, invitando Ambra a seguirlo.
«Cos'è successo? Mi dite cosa è successo per favore? Nicholas? Eh? Ha avuto un incidente? È in ospedale? Come sta?»
«Signora, per favore ci segua. Non faccia domande ora. Le verrà spiegato tutto strada facendo.»
Il Commissario Corradi era un uomo sulla cinquantina, dall'aspetto decisamente sgradevole. Basso, calvo, col doppiomento, soprappeso, sudaticcio. Ma ciò che subito notavi in lui erano gli occhi. Piccoli, inespressivi, vitrei. Occhi che ormai servivano solo per vedere senza osservare. Occhi insensibili a qualsiasi emozione. Il giovane poliziotto accanto a lui, invece, aveva ancora integra la capacità di osservare: lo notò dall'espressione del suo volto, mentre la guardava. Ambra capì dal suo sguardo che era successo qualcosa di grave. Aspettò che qualcuno parlasse, mentre l'auto prese la sua corsa.
«Allora, Signora» disse il Commissario Corradi «purtroppo non ci sono buone notizie. Circa un'ora fa siamo stati avvisati da una telefonata. Sono stati ritrovati due cadaveri. Da un primo sopralluogo, analizzando i documenti che i due avevano addosso, uno sembra essere un certo Nikolaos Scarano. Ciò non toglie che i documenti potrebbero essere stati rubati. Abbiamo bisogno del riconoscimento del cadavere.»
«No, scusi, ci dev'essere un errore. Nicholas è al lavoro a quest'ora, sta staccando. Non è possibile capisce? Lei lo capisce vero che non è possibile? Ci sarà un altro Nicholas cosa vuole che le dica, ci sarà un errore, io il riconoscimento lo faccio, cioè il non-riconoscimento, nel senso che dichiarerò che non conosco quel tipo, però mi creda Commissario lei sta pigliando fischi per fiaschi perché è ovvio che non può essere lui chi vuole che l'abbia ammazzato Nicholas? Nicholas è buono non ha nemici, io non capisco il perché di questa storia, una se ne sta dormendo e alle quattro di mattina arriva la polizia e gli dice suo figlio è morto. Ma scherziamo Commissario? Scherziamo davvero? Io non capisco proprio cosa ci stia a fare la polizia se non li sa risolvere i problemi. Uno, cribbio, dovrebbe accertarsi delle cose prima di importunare la gente. Non è che uno trova un cadavere e suona i campanelli alle quattro di notte e chiede 'è suo questo?'. Capisce cosa le voglio dire Commissario? Io non è che non la voglio aiutare, per carità, però non so, prima di fare certe operazioni uno dovrebbe esser sicuro.»
Il Commissario non rispose, continuava a guidare, il giovane poliziotto, fingendo di guardare fuori dal finestrino, si asciugò una lacrima.
«Eccoci qua signora. Ora scendiamo, attraversiamo la spiaggia, arriviamo a quella roccia e se è come dice lei tra mezz'ora può tornarsene a letto.»
Ambra li seguì. Non era una roccia. Era una piccola grotta.
C'è chi davanti a una grotta cade in ginocchio, in estasi per famigerate quanto indimostrabili apparizioni celesti.
C'è chi davanti a una grotta cade in ginocchio, urlando con quanta voce ha in corpo «Noooooooooooooooooooooo!» e restando subito dopo immobile, in ginocchio, con le braccia lungo i fianchi . Davanti a lei, stesi sulla sabbia, dentro la grotta, c'erano Nicholas e Vittorio. Abbracciati. Con in volto il colore tipico della morte.
I poliziotti la lasciarono lì per un tempo indefinibile, forse dieci minuti, forse mezz'ora, forse più. Ambra non si muoveva. Fissa in quella posizione, guardava i due corpi - li guardava e basta. Non accennava ad alzarsi.
«Ehm....signora» sussurrò il commissario. «Lo sapeva che suo figlio era omosessuale?»
«Sì, lo sapevo. Come hanno fatto?» Chiese Ambra senza muoversi.
«Non lo sappiamo ancora. Sarà la 'Scientifica' a dircelo, o il Pubblico Ministero a disporne l'autopsia, però credo si tratti di overdose di eroina.»
«Impossibile, mio figlio non era tossico. Non ha mai assunto sostanze stupefacenti.» rispose Ambra senza dare alcun sentimento alla voce.
«Dicono tutte così. Ehhhhh» sospirò «bisogna che si rassegni signora...»
Il Commissario si avvicinò al corpo di Nicholas, sollevò la manica della camicia: sull'incavo del braccio un evidente ematoma e, poco distanti, una siringa con tracce di sangue e un laccio emostatico.
«Signora» disse piano piano il poliziotto giovane «bisognerebbe andare. Devono puntellare la roccia e mettere i sigilli, fra poco sarà qui il Pubblico Ministero e la Scientifica per i rilevamenti di Legge. Venga con noi. L'accompagniamo in commissariato così magari prende anche un bel caffè caldo. Non le fa bene stare qui. Venga con me.»
«Ancora un attimo, la prego».
«Sì..., va bene signora... ancora un attimo. Aspettate voi, coi puntelli !!»
Il mare era calmo quella mattina e la spiaggia vuota. Era fine settembre. I turisti non c'erano più. Cominciava ad albeggiare. Si sentiva solo il rumore della risacca. Un gabbiano virò nel cielo e si posò vicino alla grotta: forse era uno dei gabbiani che conosceva Nicholas e Vittorio . Forse era venuto a salutarli un'ultima volta.

***

Più o meno capita così: a ogni nascituro viene assegnata un'enorme ed ipotetica clessidra. Chi metta la sabbia dentro - questo non si sa -. Sta di fatto che non tutte le clessidre ne contengono la stessa quantità . Ha un trucco la clessidra. Non si capovolge. Una volta terminato l'ultimo granello arriva la morte.
C'è chi decide di spaccare la clessidra prima che la sabbia si esaurisca, perché non ne può più di vedere quei granellini scorrere lenti.
C'è chi non ha il coraggio di farlo ma si chiede quanta sabbia ci sarà ancora dentro. Ambra apparteneva a quest'ultima categoria di persone.
Dover vivere dopo la morte di un figlio è una delle maledizioni più grandi, perché nulla è più come prima. I silenzi sono troppi, le notti troppe lunghe e il sole non splende più come prima.
Erano passati due anni dalla morte di Nicholas. A volte le sembravano due giorni, a volte un'eternità. In un disperato tentativo di sentirlo ancora accanto, talvolta si chiudeva dentro la sua camera, si stendeva sul suo letto, abbracciava il suo cuscino.
Accendeva il lettore CD e faceva partire la musica che lui ascoltava.
Un giorno lo sguardo si posò di nuovo sulla mensola in alto. Vide la foto.
Nicholas a un anno.
Che stupida era stata. Aveva ragione Nicholas.
Aveva letto ciò che lei voleva in quella lettera. Si ricordò che non era firmata, eppure lei, senza esitazione alcuna, la immaginò scritta da una donna.
Le prese voglia di rileggerla. L'avrebbe letta sotto un'altra luce, ora che sapeva che quelle parole - al suo Nicholas - le aveva scritte Vittorio. Aprì il portaritratti, spiegò il foglio e...


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