La biblioteca "Lupo della steppa" presenta:
Riflessioni sul Tempo di una ragazzina di Anna Pertile

 

Fissavo l'orologio, ferma e passiva al mondo.
Quel mondo che sembrava troppo monotono per essere il mio.
Avevo sempre immaginato la mia vita colorata piena di esperienze fuori dal comune, affogando nei sogni e nelle bugie dei libri fantastici e d'avventura.
Io che nell'inchiostro nero di quelle lettere ordinate cercavo sfumature colorate.
Io che crescendo pensavo di dover perdere le fragili ali bianche per poter sognare.

Ora fissavo assorta quelle lancette che giravano a vuoto in un gioco di numeri inventato dall'uomo.
Mi chiesi curiosa se i primi uomini apparsi sulla Terra avevano già acquisito il brutto vizio di voler calcolare tutto.
Ipotizzai che, forse, in tempi antichi non avendo più nulla da poter misurare, gli uomini, noi uomini, iniziammo a dare dei numeri anche le cose astratte, come il tempo.
Mi chiesi se questi brillanti matematici avessero dovuto ricevere una punizione per aver messo in subbuglio il pianeta, facendo correre i suoi abitanti da un appuntamento all'altro, da un minuto all'altro.
Mi risposi che l'avrebbero meritata sicuramente.

Accanto a me immaginai una clessidra con al suo interno sabbia chiara e lucente cadeva con il passare dei secondi, inesorabile.
Pensai che ogni singolo granello di sabbia fosse la vita di un uomo che veniva trascinato verso il basso, senza lottare, per poi atterrare su altre vite, schiacciandole involontariamente.
Provai a immaginare l'indifferenza o il dolore di quei granelli che cadevano; mi venne una fitta al cuore.

La clessidra era ormai vuota, e quando vidi l'ultimo granello di sabbia scendere, mi accorsi che in alto pochi granelli di sabbia resistevano ancora, rimanendo incollati.
Un granello, incontrando uno spiraglio di luce che filtrava dalla finestra, brillò.
Decisi che quella sarebbe stata la mia vita.

Una mano afferrò la clessidra e la girò.
I granelli che non avevano lottato, caddero ancora, diventando armi di quella ruvida mano perfida che cercava di affogarci, cercava di convincere anche noi ancora decisi a combattere per salvare il proprio pensiero.
La sveglia suonò e tutta l'immagine creata dalla mia stessa mente svanì.
Era ora di alzarsi, per correre, come ogni giorno, da un secondo all'altro.
Rimasi distesa sul letto e ignorai le lancette.
Sorrisi.

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