Mario Luzi
di Emiliano Ventura

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Il 28 febbraio del 2005 moriva a Firenze Mario Luzi, era nato nel 1914 ed è una delle voci poetiche più importanti del ventesimo secolo.
Cresciuto nell'ambiente letterario dell'ermetismo con Bigongiari, Bilenchi e Parronchi, tra Siena e Firenze, ha esordito giovanissimo nel 1935 con la raccolta poetica La barca, edita da Guanda.
Quel libriccino è stata la sorgente che per sessantanni ha riversato la sua poesia, da quel primo titolo sono poi scaturite le altre raccolte da Avvento notturno a Brindisi, da Nel Magma a Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini fino a Sotto specie umana.
Per sette volte il suo nome è entrato nella lista dei candidati al Nobel non riuscendo mai ad aggiudicarsi il premio, nel 2005 l'allora presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi gli conferisce il titolo di Senatore a vita.
Se i suoi inizi poetici sono legati alle atmosfere ermetiche ben presto supera ogni sorta di definizione per dare voce a una poesia e un canto purissimi, dove all'io lirico degli inizi si sostituisce la presenza dell'essere, proprio a farsi voce dell'universale caratteristica umana, il suo essere 'specie umana', proprio come recita la sopracitata raccolta poetica del 1999.
Il suo sguardo e la sua parola hanno spesso raccontato le cose umane e le più immediate realtà, interrogandosi spesso sul perchè del 'male', un ritorno all'unde malum di Sant'Agostino.
Di quello stesso anno che chiudeva il millennio è il testo poematico La Passione di Cristo, gli era stato chiesto dal Vaticano per la via crucis che Giovanni Paolo II avrebbe tenuto il venerdì santo.
Basterebbe questa committenza ad inserirlo in un'ideale lista dei grandi artisti.
Oltre alla poesia il suo artigianato della parola (il suo lessico è ricco di termini quali, officina, artigiano, bottega, a conferma del fatto che la poesia è pur sempre etimologicamente un 'fare') si è rivelato nel teatro.
Fin dal 1946 aveva timidamente approcciato la drammaturgia con un testo, Pietra oscura, dalla tematica ancora attuale, era la storia di un religioso che rifiutate le cure mediche si lasciava morire (vedi i fatti e le polemiche intorno ai casi Englaro e Welbi).
A questo inizio sono seguiti i testi più maturi della sua produzione teatrale come Ipazia e Rosales, al testo su Santa Maria del Fiore dal titolo Opus florentinum.
È proprio la cattedrale fiorentina con la cupola del Brunelleschi a divenire un simbolo di rinnovo e di accoglienza per l'uomo, quel testo si apriva con una 'parlata' degli operai che attendevano a quell'opera unica e grandiosa.
Volendo cercare un simbolo per il pensiero e per la posia luziana, si potrebbe facilmente utilizzare proprio questa cupola, il pignone di Firenze con le sue otto vele.
Il cristianesimo che Luzi eredita dagli ideali di caritas incarnati dalla madre si sposa bene a quella ricerca intorno all'uomo, alla sua nuova collocazione, al suo tornare alle origini dell'Umanesimo e del Rinascimento.
Quella sintesi tra cristianesimo e filosofie che Ficino e Pico della Mirandole, sul finire del '400, andavano cercando, vengono simboleggiati nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.
La cattedrale accoglie e integra l'ingegno di Brunelleschi e alla sua realzione con il pensiero di Toscanelli, due delle personalità di maggior rilievo dei quella incredibile stagine del pensiero umano, l'Umanesimo fiorentino.
Ritorno alle origini è anche il cammino inverso che porta Simone Martini da Avignone a Siena (nell'omonima raccolta poetica del 1994), sua terra natale, è un ritorno ab origine, 'dalla foce alla sorgente' come recitano alcuni suoi versi, permane questa aura umanistico-rinascimentale.
I tratti ideali della pittura senese e fiorentina tra il '300 e il '500, sono stati spesso oggetto di poesia e di riflessione teoriche del poeta, da Giotto a Simone Martini, al dramma sugli ultimi giorni di Pontormo e prima ancora al giovanile saggio su Raffaello.
Sono ormai cinque anni che si è concluso il viaggio terrestre di Mario Luzi, rimane una casa di assenza, un vuoto che l'eco della sua poesia mantiene ancora vivo: è piacevole immaginarlo nel castello del limbo dantesco, a dialogare con gli spiriti magni, gli artisti di cui ha ragionato e di cui ha scritto.

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